Cari fratelli e sorelle,
ho accolto con piacere l’invito a indirizzare un saluto a voi che state partecipando a questo Forum sulle forme moderne di schiavitù «Vecchi problemi nel nuovo mondo» organizzato dall’Arcidiocesi ortodossa di Buenos Aires guidata dal caro Metropolita Tarasios, e dall’Istituto Ortodosso Patriarca Atenagora di Berkeley in California e con il patrocinio del Patriarcato Ecumenico. Prima di tutto esprimo il mio ringraziamento più sentito al Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, e all’Arcivescovo di Canterbury, Sua Grazia Justin Welby, che l’anno scorso hanno inaugurato questo Forum. Mi consola sapere che condividiamo la stessa preoccupazione per le vittime della schiavitù moderna.
La schiavitù non è qualcosa di altri tempi. È una pratica che ha radici lontane e si manifesta ancora oggi e in molte forme diverse: traffico di esseri umani, sfruttamento del lavoro attraverso debiti, sfruttamento di minori, sfruttamento sessuale e di lavori domestici forzati sono alcune di queste tante forme. Ognuna più grave e disumana delle altre. Nonostante la mancanza di informazione disponibile su alcune regioni del mondo, le cifre sono drammaticamente elevate e, molto probabilmente, sottostimate. Secondo alcune statistiche recenti, ci sarebbero più di 40 milioni di persone, uomini, ma soprattutto donne e bambini, che soffrono la schiavitù. Solo per farci una idea possiamo pensare che se vivessero in un unica città sarebbe la più grande metropoli del nostro pianeta e avrebbe, più o meno, il quadruplo di tutta la popolazione urbana di Buenos Aires e della Grande Buenos Aires.
Di fronte a questa realtà tragica, nessuno può lavarsi le mani se non vuole essere, in qualche modo, complice di questo crimine contro l’umanità. Un primo impegno che si impone è porre in azione una strategia che permetta una conoscenza importante del tema, rompendo quel velo di indifferenza che sembra gravare sul destino di questa porzione dell’umanità che soffre, che sta soffrendo. Sembra che molti non vogliano comprendere la portata del problema. Ci sono alcuni che, coinvolti direttamente in organizzazioni criminali, non vogliono che si parli di questo, semplicemente perché ricavano elevati benefici grazie alle nuove forme di schiavitù. C’è anche chi, pur conoscendo il problema, non vuole parlare perché si trova lì dove finisce la «catena di consumo», come consumatore dei “servizi” che offrono uomini, donne e bambini trasformati in schiavi. Non possiamo fingere di essere distratti: siamo tutti chiamati a uscire da qualsiasi forma di ipocrisia, affrontando la realtà che siamo parte del problema. Il problema non è sul marciapiede di fronte: mi coinvolge. Non ci è permesso guardare da un’altra parte e dichiarare la nostra ignoranza o innocenza.
Un secondo impegno è quello di agire a favore di coloro che sono trasformati in schiavi: difendere i loro diritti, impedire che i corrotti e i criminali sfuggano alla giustizia e abbiano l’ultima parola sulle persone sfruttate. Non è sufficiente che alcuni Stati e Organismi internazionali adottino una politica particolarmente dura nel voler punire lo sfruttamento degli esseri umani, se poi non se ne affrontano le cause, le radici più profonde del problema. Quando i Paesi soffrono povertà estrema, soffrono violenza e corruzione, né l’economia, né il quadro legislativo, né le infrastrutture di base sono efficaci; non arrivano a garantire la sicurezza né i beni, né i diritti essenziali. In questo modo, è più facile che gli autori di questi crimini continuino ad agire con totale impunità. Inoltre, vi è un dato sociologico: la criminalità organizzata e il traffico illegale di esseri umani scelgono le loro vittime tra le persone che oggi hanno scarsi mezzi di sussistenza e ancor meno speranze per il futuro. Per essere più chiaro: tra i più poveri, tra i più emarginati, i più scartati. La risposta di base consiste nel creare opportunità per uno sviluppo umano integrale, iniziando con un’educazione di qualità: è questo il punto chiave, educazione di qualità fin dalla prima infanzia, per continuare a generare in seguito nuove opportunità di crescita attraverso il lavoro. Educazione e lavoro.
Questo lavoro immenso, che richiede coraggio, pazienza e perseveranza, ha bisogno di uno sforzo comune e globale da parte dei diversi attori che compongono la società. Anche le Chiese devono dedicare a questo il loro impegno. Mentre individui e gruppi speculano vergognosamente sulla schiavitù, noi cristiani, tutti insieme, siamo chiamati a sviluppare ogni volta di più una maggiore collaborazione, perché si superi ogni tipo di disuguaglianza, ogni tipo di discriminazione, che sono proprio quelle che rendono possibile che un uomo possa fare schiavo un altro uomo. Un impegno comune per affrontare questa sfida sarà un aiuto prezioso per la costruzione di una società rinnovata e orientata alla libertà, alla giustizia e alla pace.
Auguro che questo Forum abbia un buon successo; chiedo al Signore che vi benedica e benedica il lavoro che state facendo. E per favore non dimenticate di pregare per me. Grazie.
© L’Osservatore Romano