Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha voluto celebrare in Abruzzo il 73° anniversario della liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista per commemorare il contributo decisivo dato ad essa dalla Brigata Maiella nel luogo dove venne fondata, Casoli, mettendo così in rilievo “le pagine di storia, non sempre adeguatamente sottolineate e conosciute, scritte dalla Resistenza nel Mezzogiorno d’Italia”. La peculiarità di questa restituzione della memoria mi sembra sia stata l’evidenziazione dell’epopea di un popolo, che rende per certi aspetti unico il cammino della liberazione partito dalle montagne abruzzesi: mentre la guerra, combattuta per anni in fronti lontani, irrompeva drammaticamente nel territorio italiano, “l’Abruzzo, con i suoi abitanti, visse una vera epopea, tragica e insieme eroica, diventando – insieme alle aree limitrofe – il teatro di operazioni belliche di primaria importanza per le sorti della guerra… Tra queste montagne, alte e innevate, sulle pendici del Gran Sasso, nelle valli della Majella, tra i paesi e i borghi d’alta quota, nacquero spontaneamente nuclei del movimento di Resistenza al nazifascismo. I primi in Italia. Tra essi vi erano intellettuali, contadini e pastori, militari tornati dal fronte, carabinieri. C’erano antifascisti di lungo corso ed ex militanti fascisti, che si sentivano delusi e traditi. C’era tanta gente semplice, decisa a difendere il proprio territorio dai saccheggi e dalle prepotenze. La riconquista della libertà e dell’onore ne costituiva l’elemento unificante”. Il Presidente ha anche evidenziato come a motivare i protagonisti di quell’epopea non fu anzitutto un’ideologia, ma il senso di appartenenza alla nostra comunità nazionale e l’amore per la sua dignità: “Non fu, dunque, per caso, che gli uomini della Brigata Maiella scelsero per sé stessi il nome di patrioti. La stessa denominazione dei giovani che rischiavano la morte in nome dell’Unità di Italia. La Resistenza fu un movimento corale, ampio e variegato, difficile da racchiudere in categorie o giudizi troppo sintetici o ristretti. A lungo è stata rappresentata quasi esclusivamente come sinonimo di guerra partigiana, nelle regioni del Nord d’Italia o nelle grandi città… ed è giusto ricordarlo. Ma gli studi storici hanno, via via, allargato l’orizzonte… Va rammentato che il movimento della Resistenza non avrebbe potuto assumere l’importanza che ha avuto nella storia d’Italia senza il sostegno morale e materiale della popolazione civile… Chiunque, in quegli anni foschi, sfidò la morte con coraggio e abnegazione merita pienamente la qualifica di resistente”.
In quanto movimento di popolo la resistenza partita dall’Abruzzo ha avuto motivazioni peculiari, di cui quella dominante fu certamente il senso della fraternità umana universale: “Più che approfondite teorie politiche, coltivate dalle élites – ha affermato il Capo dello Stato -, era il riconoscimento della comune appartenenza al genere umano a costituire l’assoluto rifiuto a ogni ideologia basata sulla sopraffazione, la violenza e la superiorità razziale. Nella lotta al nazismo, la popolazione d’Abruzzo fu particolarmente esemplare. Pagando un tributo alto di sangue che va adeguatamente ricordato, con riconoscenza e con ammirazione”. Fu proprio questa motivazione universalmente umana che fece del movimento di liberazione legato alla Brigata Maiella un’esperienza vasta, che abbracciò intellettuali e umili contadini e pastori, militari e partigiani, giovani e donne, laici e cattolici, perfino sacerdoti, che scelsero di stare col loro popolo di fronte all’efferatezza dell’occupante straniero. Da questa peculiarità di epopea popolare venne anche la promessa e la sfida in vista di un nuovo domani, tanto che quel movimento di liberazione costituì come uno spartiacque fra due epoche e due mondi: “Vennero poi le gesta della Brigata Maiella che ci conducono qui oggi a ricordare per tutta Italia la liberazione del 25 aprile… La nascita del movimento della Resistenza, che mosse i primi passi in Abruzzo, segna il vero spartiacque della nostra storia nazionale verso la libertà. Chiuse la fase della dittatura e portò l’Italia all’approdo della libertà, della democrazia e della Costituzione”. L’insieme di caratteristiche che quel movimento ebbe – la coralità, il senso della comune appartenenza e della dignità del nostro popolo, il valore morale dell’identità nazionale, la percezione acuta della responsabilità di tutti e di ciascuno per il bene comune – costituisce un patrimonio che è quanto mai necessario riscoprire per riappropriarcene in un momento complesso e critico come quello che stanno attraversando il nostro Paese, l’Europa e il mondo. Sull’esempio dell’epopea popolare abruzzese nel cammino della liberazione nazionale dalla dittatura e dalla violenza nazifascista, a nessuno è lecito voltare la faccia. È il momento in cui ognuno deve assumersi la propria parte di responsabilità, rinunciando a calcoli egoistici, anteponendo a tutto il bene del Paese. Ne deriva un concretissimo, perfino bruciante invito alle parti politiche a volare alto e a porsi coralmente al servizio dell’Italia, che non può permettersi indugi di fronte al travaglio di uscita dalla crisi che sta vivendo e alle urgenze delle sfide internazionali che la interpellano, nel consesso più ampio delle Nazioni e in quello specifico europeo, chiamato ad affrontare il fenomeno epocale dei flussi migratori in atto e le urgenze del superamento dei conflitti e della costruzione della pace sull’orizzonte dell’intero “villaggio globale”. In questo senso, certamente la parola alta del Presidente Mattarella ha voluto far memoria del passato per parlare al presente e stimolare tutti a fare la propria parte nel servizio al bene dell’intera comunità nazionale.
Mons. Bruno Forte è Arcivescovo di Chieti-Vasto.
Mons. Bruno Forte - Foto ©ZENIT
Mons. Bruno Forte: Resistenza in Abruzzo
Quello spirito per il bene del Paese (Il Sole 24 Ore, Domenica 29 Aprile 2018, 1 e 14)