Incontro con il Consiglio Supremo “Sangha” dei Monaci Buddisti - Foto © Copyright: Servizio Fotografico L'Osservatore Romano (archivio)

Una pacifica e gioiosa festa di Vesakh!

Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso in occasione della festività buddista di Vesakh/Hanamatsuri 2018

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Il Vesakh è la festività più importante per i Buddisti: in essa si commemorano i principali avvenimenti della vita di Buddha. La festa del Vesakh/Hanamatsuri 2018, nei vari Paesi di cultura buddista è celebrata in date diverse, secondo le differenti tradizioni. Quest’anno la festa sarà celebrata nella maggior parte dei Paesi di tradizione buddista il 29 maggio. Per tale circostanza, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha fatto pervenire ai Buddisti il seguente messaggio:
Cristiani e Buddisti: Prevenire e combattere insieme la corruzione
Cari amici buddisti,
Da parte del Pontificio Consiglio del Dialogo Interreligioso, vi porgiamo i nostri più cari saluti e auguri oranti in occasione del Vesakh. Che questa festa arrechi gioia e pace a tutti voi, alle vostre famiglie e comunità in tutto il mondo. Quest’anno vogliamo riflettere con voi sul bisogno urgente di promuovere una cultura libera dalla corruzione. Questo fenomeno, che comporta l’abuso di posizioni di potere per un guadagno personale, sia nel settore pubblico sia nel privato, è diventato uno scandalo così esteso nel mondo di oggi che le Nazioni Unite hanno indicato il 9 dicembre come la Giornata Internazionale contro la corruzione. A causa della crescente diffusione di questo crimine odioso, governi, organizzazioni non governative, mass-media, e cittadini in tutto il mondo si uniscono per combatterlo. In quanto leader religiosi anche noi dobbiamo contribuire a promuovere una cultura che sia impregnata di legalità e trasparenza. L’intenzione di preghiera di Papa Francesco per il mese di febbraio 2018 era: “Diciamo ‘no’ alla corruzione”. Nel denunciare “il peccato della corruzione”, egli riconosce che essa si riscontra in tutto il mondo tra politici, uomini d’affari e ministri ecclesiastici. Alla fine chi paga il prezzo della corruzione sono i poveri, osserva il Papa. Ricordando le parole di Gesù ai suoi discepoli “Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore” (Mt 20,26), il Papa sottolinea che “l’unica strada per uscire dalla corruzione […] è il servizio. Infatti, la corruzione viene dall’orgoglio, dall’arroganza, mentre il servizio umilia e consiste proprio nell’umile carità di aiutare gli altri” (Meditazione mattutina, Domus Santae Marthae, 16 giugno 2014).
Cari amici, come buddisti, voi considerate la corruzione come uno stato mentale malsano, che causa sofferenza e contribuisce a inquinare la società. Voi identificate tre tossine principali – avidità, odio, e delusione o ignoranza – come fonti di questo flagello sociale che si deve eliminare per il bene dell’individuo e della società. Il secondo precetto del buddismo: “Mi impegno ad osservare il precetto di astenermi dal prendere ciò che non è dato” insegna ai buddisti a discernere se le cose di cui entrano in possesso siano davvero indicate per loro. Se esse sono state prese illecitamente da altri, è probabile che non sia giusto che le tengano. Gli insegnamenti e la pratica buddisti non solo disapprovano la corruzione, ma cercano pure di trasformare l’aspetto malsano dello stato mentale, delle intenzioni, degli usi e delle azioni dei corrotti. Tuttavia, benché entrambe le nostre tradizioni religiose denuncino fermamente il male della corruzione, riconosciamo tristemente che alcuni dei nostri seguaci partecipano a pratiche corrotte, e questo conduce a malgoverno, associazione per corruzione e al saccheggio dei beni della nazione. La corruzione mette a rischio la vita, perché implica una bassa crescita economica, investimenti deboli, inflazione, svalutazione monetaria, evasione fiscale, gravi disuguaglianze, scarsa educazione, infrastrutture di livello inferiore e degrado ambientale. Essa minaccia pure la salute e la sicurezza di individui e comunità. La gente è scandalizzata da politici incompetenti e corrotti, da una legislazione inefficiente e dall’incapacità d’indagare sui casi di corruzione più rilevanti. Sono sorti movimenti populisti, a volte motivati e sostenuti dal fondamentalismo religioso, che protestano contro le violazioni della pubblica integrità. Crediamo che alla corruzione non si possa rispondere col silenzio, e che le idee che partono da buone intenzioni si dimostreranno inadeguate a meno che non vengano messe in pratica, e riteniamo che attuarle sia necessario per eliminare la corruzione. Noi buddisti e cristiani, radicati nei nostri rispettivi insegnamenti etici, dobbiamo collaborare per prevenire la corruzione sradicandone le cause soggiacenti e togliere la corruzione dalle radici, dove c’è. In questo sforzo, il nostro principale contributo sarà d’incoraggiare i nostri rispettivi seguaci a crescere nell’integrità morale e nel senso di equità e responsabilità. Il nostro comune impegno nel combattere la corruzione deve includere la cooperazione con i mezzi di comunicazione e con la società civile per prevenirla e denunciarla; creare una consapevolezza pubblica della corruzione; rendere responsabili delle loro azioni gli impiegati pubblici che fanno man bassa dei beni nazionali senza considerare le loro affiliazioni etniche, religiose, politiche o di classe; insegnare e ispirare tutti, ma specialmente i politici e il personale delle pubbliche amministrazioni, ad agire con la massima integrità fiscale; esigere i dovuti processi legali per recuperare i beni rubati a causa della corruzione ed assicurare alla giustizia i responsabili di tali delitti; incoraggiare più donne a partecipare alla politica; negare il conferimento dei pubblici uffici a quelli che sono coinvolti in attività illegali; e introdurre istituzioni trasparenti e inclusive basate sulla legittimità per il buon governo, la responsabilità e l’integrità. Cari amici, impegniamoci attivamente a promuovere nelle nostre famiglie e nelle istituzioni sociali, politiche, civili e religiose un ambiente esente da corruzione per vivere una vita onesta e integra. È con questo spirito che vi auguriamo nuovamente una pacifica e gioiosa festa di Vesakh!
Cardinale Jean-Louis Tauran
Presidente
Arcivescovo Pier Luigi Celata
Segretario

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ZENIT Staff

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