Questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Lima da dove, alle ore 7.40 locali (13.40 ora di Roma) è decollato – a bordo di un A319 della LATAM – diretto a Trujillo. Al Suo arrivo all’Aeroporto “Capt. FAS Carlos Martínez de Pinillos”, Papa Francesco è stato accolto da S.E. Mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo, dal Governatore e dai Sindaci di Trujillo, di Huanchaco e di Víctor Larco. Erano inoltre presenti alcune centinaia di fedeli e un gruppo folkloristico che ha eseguito danze tradizionali. Due bambini hanno offerto un cappello di palma e un omaggio floreale al Papa che subito dopo si è recato in auto nella spianata di Huanchaco. Dopo un giro in papamobile tra i fedeli, alle ore 09.30 locali (15.30 ora di Roma) il Santo Padre ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in onore di Santa Maria Porta del Cielo. Al termine della Santa Messa, dopo l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Trujillo, S.E. Mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, e la benedizione finale, il Papa si è trasferito in auto al quartiere “Buenos Aires”. Lungo il percorso erano schierati in parata 60 cavalli di razza paso peruviana. Dopo aver effettuato alcuni giri in papamobile nella piazza del quartiere “Buenos Aires”, Papa Francesco si reca in auto all’Arcivescovado di Trujillo.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica:
Queste terre hanno sapore di Vangelo. Tutto l’ambiente che ci circonda e questo immenso mare sullo sfondo ci aiutano a comprendere meglio l’esperienza che gli apostoli hanno vissuto con Gesù e che oggi anche noi siamo chiamati a vivere. Mi fa piacere sapere che siete arrivati da diversi luoghi del nord peruviano per celebrare questa gioia del Vangelo. I discepoli di ieri, come tanti di voi oggi, si guadagnavano da vivere con la pesca. Uscivano sulle barche come alcuni di voi continuano a fare sui “cavallini di totora” [piccole imbarcazioni monoposto costruite con la pianta chiamata totora] e tanto loro quanto voi con lo stesso fine: guadagnarsi il pane quotidiano. In questo si giocano molte delle nostre fatiche di ogni giorno: poter portare avanti le nostre famiglie e procurare ad esse quanto le aiuterà a costruire un futuro migliore. Questa «laguna con pesci dorati», come hanno voluto chiamarla, è stata fonte di vita e benedizione per molte generazioni. Nel corso del tempo ha saputo nutrire sogni e speranze. Voi, come gli apostoli, conoscete la forza della natura e avete sperimentato i suoi colpi. Come essi affrontarono la tempesta sul lago, a voi è toccato affrontare il duro colpo del “Niño costiero”, le cui conseguenze dolorose sono tuttora presenti in tante famiglie, specialmente quelle che non hanno ancora potuto ricostruire le loro case. Anche per questo ho voluto venire e pregare qui con voi. Portiamo a questa Eucaristia anche quel momento tanto difficile che interpella e pone molte volte in dubbio la nostra fede. Vogliamo unirci a Gesù. Lui conosce il dolore e le prove; Lui ha attraversato tutti i dolori per poterci accompagnare nei nostri. Gesù sulla croce vuole essere vicino ad ogni situazione dolorosa per darci la mano e aiutarci ad alzarci. Perché Egli è entrato nella nostra storia, ha voluto condividere il nostro cammino e toccare le nostre ferite. Non abbiamo un Dio estraneo a quello che sentiamo e soffriamo, al contrario, in mezzo al dolore ci offre la sua mano. Questi scossoni mettono in discussione e in gioco il valore del nostro spirito e dei nostri atteggiamenti più elementari. Allora ci rendiamo conto di quanto sia importante non essere soli ma uniti, pieni di quella unità che è frutto dello Spirito Santo. Che cosa è successo alle fanciulle del Vangelo che abbiamo ascoltato [cfr Mt 25,1-13]? Improvvisamente sentono un grido che le sveglia e le mette in movimento. Alcune si resero conto di non avere l’olio necessario per illuminare la strada nell’oscurità, altre invece riempirono le loro lampade e poterono trovare e illuminare la strada che le portava allo sposo. Nel momento indicato ognuna mostrò di che cosa aveva riempito la sua vita. Lo stesso succede a noi. In determinate circostanze comprendiamo con che cosa abbiamo riempito la nostra vita. Com’è importante riempire la nostra vita con quell’olio che permette di accendere le nostre lampade nelle molteplici situazioni di oscurità e trovare le strade per andare avanti! So che, nel momento di oscurità, quando avete sentito il colpo del Niño, queste terre hanno saputo mettersi in movimento e queste terre avevano l’olio per correre e aiutarsi come veri fratelli. C’era l’olio della solidarietà, della generosità che vi ha messi in movimento e siete andati incontro al Signore con innumerevoli gesti concreti di aiuto. In mezzo all’oscurità, insieme a tanti altri, siete stati torce vive e avete illuminato la strada con mani aperte e disponibili per alleviare il dolore e condividere quello che avevate nella vostra povertà. Nella Lettura evangelica, possiamo notare come le fanciulle che non avevano l’olio andarono al villaggio a comprarlo. Nel momento cruciale della loro vita, si accorsero che le loro lampade erano vuote, che mancava loro l’essenziale per trovare la strada della gioia autentica. Erano sole e così restarono, sole, fuori dalla festa. Ci sono cose, come ben sapete, che non si improvvisano e tanto meno si comprano. L’anima di una comunità si misura da come riesce ad unirsi per affrontare i momenti difficili, di avversità, per mantenere viva la speranza. Con questo atteggiamento, date la più grande testimonianza evangelica. Il Signore ci dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Perché la fede ci apre ad avere un amore concreto, non di idee, concreto, fatto di opere, di mani tese, di compassione; che sa costruire e ricostruire la speranza quando tutto sembra perduto. Così diventiamo partecipi dell’azione divina, quella che ci descrive l’apostolo Giovanni quando ci mostra Dio che asciuga le lacrime dei suoi figli. E quest’opera divina Dio lo compie con la stessa tenerezza di una madre che cerca di asciugare le lacrime dei suoi figli. Com’è bella la domanda che può fare a ognuno di noi il Signore alla fine della giornata: quante lacrime hai asciugato oggi? Altre tempeste possono sferzare queste coste e, nella vita dei figli di queste terre, hanno effetti devastanti. Tempeste che ci interpellano anche come comunità e mettono in gioco il valore del nostro spirito. Si chiamano violenza organizzata, come il “sicariato” e l’insicurezza che esso crea; si chiamano mancanza di opportunità educative e di lavoro, specialmente tra i più giovani, che impedisce loro di costruire un futuro con dignità; mancanza di un alloggio sicuro per tante famiglie costrette a vivere in zone ad alta instabilità e senza accessi sicuri; come pure tante altre situazioni che voi conoscete e soffrite, che come le peggiori inondazioni abbattono la mutua fiducia, tanto necessaria per costruire una rete di sostegno e di speranza. Inondazioni che investono l’anima e reclamano da noi l’olio che abbiamo per farvi fronte. Quanto olio hai? Molte volte ci interroghiamo su come affrontare queste tempeste, o su come aiutare i nostri figli e superare queste situazioni. Voglio dirvi: non c’è altra via d’uscita migliore di quella del Vangelo, e si chiama Gesù Cristo. Riempite sempre la vostra vita di Vangelo. Voglio esortarvi ad essere comunità che si lasci ungere dal suo Signore con l’olio dello Spirito. Lui trasforma tutto, rinnova tutto, consola tutto. In Gesù abbiamo la forza dello Spirito per non accettare come normale ciò che ci fa male, non renderlo una cosa naturale, non “naturalizzare” ciò che ci inaridisce lo spirito e, quel che è peggio, ci ruba la speranza. I peruviani, in questo momento della loro storia, non hanno diritto a lasciarsi rubare la speranza! In Gesù abbiamo lo Spirito che ci mantiene uniti per sostenerci a vicenda e far fronte a ciò che vuole prendersi il meglio delle nostre famiglie. In Gesù Dio ci rende comunità credente capace di sostenersi; comunità che spera e perciò lotta per respingere e trasformare le molteplici avversità; comunità che ama perché non permette che stiamo con la mani in mano. Con Gesù l’anima di questo popolo di Trujillo potrà continuare a chiamarsi “la città dell’eterna primavera”, perché con Lui tutto diventa occasione di speranza. Conosco l’amore che questa terra prova verso la Madonna, e so quanto la devozione a Maria vi sostiene portandovi sempre a Gesù. E dandoci l’unico consiglio che sempre ripete: “Fate quello che Lui vi dirà” (cfr Gv 2,5). Chiediamo a lei che ci ponga sotto il suo manto e che ci porti sempre a suo Figlio; ma diciamolo cantando con questa bella canzone marinara: «Madonnina della porta, dammi la tua benedizione. Madonnina della porta, dacci pace e tanto amore». Siete capaci di cantarla? La cantiamo insieme? Chi comincia a cantare? «Madonnina della porta…”. Nessuno canta? Il coro nemmeno? Allora recitiamola, se non la cantiamo. Insieme: «Madonnina della porta, dammi la tua benedizione. Madonnina della porta, dacci pace e tanto amore». Un’altra volta! «Madonnina della porta, dammi la tua benedizione. Madonnina della porta, dacci pace e tanto amore».
Alle 12.40 locali (18.40 ora di Roma), il Santo Padre Francesco giunge all’Arcivescovado di Trujillo e, dopo il pranzo in privato, compie una breve Visita nella Cattedrale di Santa María, dove lo attendono circa 300 fedeli. Al Suo arrivo, il Papa è accolto dal Capitolo della Cattedrale, si avvicina all’Altare dove depone dei fiori ai piedi della Vergine e infine esce dall’ingresso principale per recarsi in papamobile al Colegio Seminario SS. Carlos y Marcelo per l’Incontro con i religiosi.
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