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Papa Francesco: Siate coraggiosi, andate spediti incontro ai vostri amici, a quelli che non conoscete

Incontro con i giovani nel Santuario di Maipú a Santiago – Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Cile e Perù (15 – 22 gennaio 2018)

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Questo pomeriggio [il 17 gennaio 2018], alle 17.30 locali (21.30 ora di Roma), il Santo Padre Francesco incontra i giovani nel Santuario di Maipú a Santiago. Dopo l’indirizzo di saluto di un giovane, viene presentato a Papa Francesco il Simbolo dei giovani per il Sinodo. Quindi i giovani portano la Croce del Cile e offrono al Papa un nastro, segno del sangue versato di Cristo. Il Santo Padre colloca il nastro sulla Croce e pronuncia un discorso. Al termine, dopo la benedizione finale, Papa Francesco depone un Rosario alla statua della Virgen del Carmen. Quindi si trasferisce in auto alla Pontificia Università Cattolica del Cile a Santiago.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge ai giovani:

Anch’io, Ariel, sono felice di essere con voi. Grazie per le tue parole di benvenuto a nome di tutti i presenti. Sono io che ringrazio di poter condividere questo momento con voi; considero molto importante poterci incontrare e camminare insieme per un momento, che ci aiutiamo a guardare in avanti! Sono felice che questo incontro si svolga qui a Maipú. In questa terra dove, con un abbraccio di fraternità, è stata fondata la storia del Cile; in questo Santuario che sorge all’incrocio delle strade tra il Nord e il Sud, che unisce la neve e l’oceano, e fa che il cielo e la terra abbiano una casa. Una casa per il Cile, una casa per voi, cari giovani, dove la Vergine del Carmelo vi aspetta e vi accoglie con il cuore aperto. Come accompagnò la nascita di questa nazione e accompagnò tanti cileni nel corso di questi duecento anni, vuole continuare ad accompagnare quei sogni che Dio pone nel vostro cuore: sogni di libertà, sogni di gioia, sogni di un futuro migliore. Questi desideri, come dicevi tu Ariel, di «essere i protagonisti del cambiamento». Essere protagonisti. La Vergine del Carmelo vi accompagna perché siate i protagonisti del Cile che i vostri cuori sognano. E so che il cuore dei giovani cileni sogna e sogna in grande, perché da queste terre sono nate esperienze che si sono allargate e moltiplicate attraverso diversi paesi del nostro continente. Chi le ha promosse? Giovani come voi che hanno saputo vivere l’avventura della fede. Perché la fede provoca nei giovani sentimenti di avventura, che invita a viaggiare attraverso paesaggi incredibili, per niente facili, per niente tranquilli… ma a voi piacciono le avventure e le sfide. Anzi, vi annoiate quando non avete delle sfide che vi stimolano. Questo si vede chiaramente, ad esempio, ogni volta che succede una catastrofe naturale: avete un’enorme capacità di mobilitarvi, che parla della generosità dei vostri cuori. Nel mio ministero episcopale, ho potuto scoprire che ci sono molte, ma molte buone idee nei cuori e nelle menti dei giovani. Sono inquieti, cercatori, idealisti. Il problema è di noi adulti che, molte volte, con la faccia di sapientoni, diciamo: “Pensa così perché è giovane, presto maturerà”. Sembrerebbe che maturare sia accettare l’ingiustizia, credere che non possiamo fare nulla, che tutto è sempre stato così. E tenendo conto di tutta la realtà dei giovani, ho voluto realizzare quest’anno il Sinodo e, prima del Sinodo, l’Incontro dei giovani perché si sentano e siano protagonisti nel cuore della Chiesa; per aiutarci a far sì che la Chiesa abbia un volto giovane, non certo perché si fa un trattamento con creme rigeneranti, ma perché dal profondo del cuore si lascia interpellare, si lascia interrogare dai suoi figli per poter essere ogni giorno più fedele al Vangelo. Quanto ha bisogno la Chiesa cilena di voi, per “scuoterci” e aiutarci ad essere più vicini a Gesù! Le vostre domande, il vostro voler sapere, il vostro voler essere generosi esigono da noi che siamo più vicini a Gesù. Tutti siamo chiamati ad essere vicini a Gesù. Permettetemi di raccontarvi un aneddoto. Parlando un giorno con un giovane gli ho chiesto che cosa potesse metterlo di cattivo umore. Mi ha detto: !Quando al cellulare si scarica la batteria o quando perdo il segnale internet”. Gli ho chiesto: “Perché?”. Mi ha risposto: “Padre, è semplice, mi perdo tutto quello che succede, resto fuori dal mondo, come appeso. In quei momenti, vado di corsa a cercare un caricabatterie o una rete wi-fi e la password per riconnettermi”. Questo mi ha fatto pensare che può succederci la stessa cosa con la fede. Dopo un primo tempo di cammino e di slancio iniziale, ci sono dei momenti in cui, senza accorgerci, comincia a calare la nostra “larghezza di banda” e iniziamo a restare senza connessione, senza batteria, e allora ci prende il cattivo umore, diventiamo sfiduciati, tristi, senza forza, e incominciamo a vedere tutto negativo. Quando rimaniamo senza questa “connessione” che dà vita ai nostri sogni, il cuore inizia a perdere forza, a restare anch’esso senza carica e, come dice quella canzone, «il rumore intorno e la solitudine della città ci isolano da tutto. Il mondo che si capovolge cerca di immergermi in esso annegando le mie idee»[1]. Senza connessione, senza la connessione con Gesù, finiamo per annegare le nostre idee, i nostri sogni, la nostra fede e ci riempiamo di malumore. Da protagonisti – quali siamo e vogliamo essere – possiamo arrivare a pensare che è lo stesso fare qualcosa o non farlo. Rimaniamo disconnessi da ciò che sta accadendo nel “mondo”. Cominciamo a sentire che restiamo “fuori dal mondo”, come mi diceva quel ragazzo. Mi preoccupa quando, perdendo il “segnale”, molti pensano di non avere niente da dare e rimangono come persi. Non pensare mai che non hai niente da dare o che non hai bisogno di nessuno. Mai. Quel pensiero, come amava dire Hurtado, «è il consiglio del diavolo» che vuole farti credere che non vali nulla… ma per lasciare le cose come stanno. Siamo tutti necessari e importanti, abbiamo tutti qualcosa da dare. I giovani del Vangelo che abbiamo ascoltato oggi volevano quel “segnale” che li aiutasse a mantenere vivo il fuoco nei loro cuori. Volevano sapere come caricare la batteria del cuore. Andrea e l’altro discepolo – che non dice il nome, e possiamo pensare che quell’altro discepolo sia ognuno di noi – cercavano la password per connettersi con Colui che è «Via, Verità e Vita» (Gv 14,6). Erano guidati da Giovanni il Battista. E penso che voi abbiate un grande santo che può guidarvi, un santo che cantava con la sua vita: «Contento, Signore, contento!». Hurtado aveva una regola d’oro, una regola per accendere il suo cuore con quel fuoco capace di mantenere viva la gioia. Perché Gesù è quel fuoco che infiamma chi gli si avvicina. La password di Hurtado era molto semplice – se volete mi piacerebbe che la appuntaste sui vostri cellulari. Lui si domanda: «Cosa farebbe Cristo al mio posto?». A scuola, all’università, per strada, a casa, cogli amici, al lavoro; davanti a quelli che fanno i bulli: “Cosa farebbe Cristo al mio posto?”. Quando andate a ballare, quando fate sport o andate allo stadio: “Cosa farebbe Cristo al mio posto?”. È la password, la carica per accendere il nostro cuore, accendere la fede e la scintilla nei nostri occhi. Questo è essere protagonisti della storia. Occhi scintillanti perché abbiamo scoperto che Gesù è fonte di vita e di gioia. Protagonisti della storia, perché vogliamo contagiare quella scintilla in tanti cuori spenti, opachi, che hanno dimenticato cosa significa sperare; in tanti che sono apatici e aspettano che qualcuno li inviti e li provochi con qualcosa che valga la pena. Essere protagonisti è fare ciò che ha fatto Gesù. Lì dove sei, con chiunque ti trovi e a qualsiasi ora: “Cosa farebbe Gesù al mio posto?”. L’unico modo per non dimenticare una password è usarla. Tutti i giorni. Verrà il momento in cui la saprete a memoria; e verrà il giorno in cui, senza che ve ne rendiate conto, il vostro cuore batterà come quello di Gesù. Perché non basta ascoltare un insegnamento religioso o imparare una dottrina; quello che vogliamo è vivere come Gesù ha vissuto. Per questo i giovani del Vangelo gli chiedono: «Signore, dove abiti?»;[2] come vivi? Vogliamo vivere come Gesù, questo sì che fa vibrare il cuore. Rischiare, correre il rischio. Cari amici, siate coraggiosi, andate spediti incontro ai vostri amici, a quelli che non conoscete o che si trovano in un momento difficile. Andate con l’unica promessa che abbiamo: in mezzo al deserto, alla strada, all’avventura, ci sarà sempre la “connessione”, esisterà un “caricabatterie”. Non saremo soli. Sempre godremo della compagnia di Gesù, di sua Madre e di una comunità. Certamente una comunità che non è perfetta, ma ciò non significa che non abbia molto da amare e da offrire agli altri. Cari amici, cari giovani, «siate i giovani samaritani che non lasciano mai un uomo a terra lungo la strada. Siate i giovani cirenei che aiut
ano Cristo a portare la sua Croce e condividono la sofferenza dei fratelli. Siate come Zaccheo che trasforma il suo cuore materialista in un cuore solidale. Siate come la giovane Maddalena, appassionata cercatrice dell’amore, che solo in Gesù trova le risposte di cui ha bisogno. Abbiate il cuore di Pietro, per lasciare le reti in riva al lago. Abbiate l’affetto di Giovanni, per riporre in Lui tutti i vostri affetti. Abbiate la disponibilità di Maria per cantare con gioia e fare la sua volontà»[3]. Amici, mi piacerebbe rimanere più a lungo. Grazie per questo incontro e per la vostra allegria. Vi chiedo un favore: non dimenticatevi di pregare per me. ____________________________

[1]La Ley, Aquí. [2] Gv 1,38. [3] Card. Raúl Silva Henríquez, Mensaje a los jóvenes (7 ottobre 1979).

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

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ZENIT Staff

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