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Dhaka: Incontro con i giovani presso il “Notre Dame College”

Viaggio in Bangladesh (30 novembre-2 dicembre 2017)

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Alle ore 15.00 locali (10.00 ora di Roma) il Santo Padre Francesco ha lasciato la Nunziatura Apostolica e si è recato in auto al Notre Dame College di Dhaka per l’incontro con i giovani nel campo sportivo. Al Suo arrivo, dopo aver salutato i giovani raccolti nel campo sportivo, il Papa è stato accolto dal Vescovo di Barisal e Incaricato della Pastorale Giovanile, S.E. Mons. Subroto
Howlader, C.S.C., dal Rettore dell’Università e dal Direttore del “Notre Dame College”. Il Santo Padre ha poi benedetto la prima pietra del nuovo edificio “Notre Dame University Bangladesh” e
una targa commemorativa. Dopo una danza di benvenuto, un canto e l’indirizzo di saluto del Vescovo di Rajshahi e Vice Presidente della Conferenza Episcopale del Bangladesh, S.E. Mons. Gervas Rozario, si sono alternati canti, danze e testimonianze dei giovani. Quindi Papa Francesco ha pronunciato un discorso. Al termine dell’incontro, dopo il saluto dell’Arcivescovo di Dhaka, Card. Patrick D’Rozario, il Santo Padre si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Dhaka per il congedo ufficiale dal Bangladesh.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro con i giovani:
Cari giovani, cari amici, buonasera!
Sono grato a tutti voi per la vostra calorosa accoglienza. Ringrazio Mons. Gervas [Rozario] per le sue gentili parole, Upasana e Anthony per le loro testimonianze. C’è qualcosa di unico nei giovani: voi siete sempre pieni di entusiasmo, sempre. E questo è bello. E io mi sento ringiovanire ogni volta che vi incontro. Upasana, tu hai parlato di questo nella tua testimonianza, hai detto di essere davvero “molto entusiasta”, e io posso vederlo e anche percepirlo. Questo entusiasmo giovanile si collega con lo spirito di avventura. Uno dei vostri poeti nazionali, Kazi Nazrul Islam, lo ha espresso, definendo la gioventù del Paese «impavida», «abituata a strappar fuori la luce dal ventre dell’oscurità». È bello questo! I giovani sono sempre pronti a proiettarsi in avanti, a far accadere le cose e a rischiare. Vi incoraggio ad andare avanti con questo entusiasmo nelle circostanze buone e in quelle cattive. Andare avanti, specialmente in quei momenti nei quali vi sentite oppressi dai problemi e dalla tristezza e, guardandovi intorno, sembra che Dio non appaia all’orizzonte.
Ma, andando in avanti, assicuratevi di scegliere la strada giusta. Cosa vuol dire? Vuol dire saper viaggiare nella vita, non girovagare senza meta. Io vi faccio una domanda: voi viaggiate o girovagate? Cosa fate, viaggiate o girovagate? La nostra vita non è senza direzione, ha uno scopo, uno scopo datoci da Dio. Egli ci guida, orientandoci con la sua grazia. È come se avesse posizionato dentro di noi un software, che ci aiuta a discernere il suo programma divino e a rispondergli nella libertà. Ma, come ogni software, anch’esso necessita di essere costantemente aggiornato. Tenete aggiornato il vostro programma, prestando ascolto al Signore e accettando la sfida di fare la sua volontà. Il software aggiornato. È un po’ triste quando il software non è aggiornato; ed è ancora più triste quando è guasto e non serve. Anthony, hai fatto riferimento a questa sfida nella tua testimonianza, quando hai detto che siete uomini e donne che stanno «crescendo in un mondo fragile che reclama sapienza». Hai usato la parola “sapienza” e, così facendo, ci hai fornito la chiave. Quando si passa dal viaggiare al girovagare senza meta, tutta la sapienza è persa! La sola cosa che ci orienta e ci fa andare avanti sul giusto sentiero è la sapienza, la sapienza che nasce dalla fede. Non è la falsa sapienza di questo mondo. E’ la sapienza che si intravede negli occhi dei genitori e dei nonni, che hanno posto la loro fiducia in Dio. Come cristiani, possiamo vedere nei loro occhi la luce della presenza di Dio, la luce che hanno scoperto in Gesù, che è la sapienza stessa di Dio (cfr 1 Cor 1,24). Per ricevere questa sapienza dobbiamo guardare il mondo, le nostre situazioni, i nostri problemi, tutto con gli occhi di Dio. Riceviamo questa sapienza quando cominciamo a vedere le cose con gli occhi di Dio, ad ascoltare gli altri con gli orecchi di Dio, ad amare col cuore di Dio e a valutare le cose coi valori di Dio. Questa sapienza ci aiuta a riconoscere e respingere le false promesse di felicità. Ce ne sono
tante! Una cultura che fa false promesse non può liberare, porta solo a un egoismo che riempie il cuore di oscurità e amarezza. La sapienza di Dio, invece, ci aiuta a sapere come accogliere e accettare coloro che agiscono e pensano diversamente da noi. È triste quando cominciamo a chiuderci nel nostro piccolo mondo e ci ripieghiamo su noi stessi. Allora facciamo nostro il principio del “come dico io o arrivederci”. E questo è un cattivo principio: “O si fa come dico io o
ciao, arrivederci”. Questo non aiuta. E quando usiamo questo  principio rimaniamo intrappolati, chiusi in noi stessi. Quando un popolo, una religione o una società diventano un “piccolo mondo”,
perdono il meglio che hanno e precipitano in una mentalità presuntuosa, quella dell’“io sono buono, tu sei cattivo”. Tu, Upasana, hai evidenziato le conseguenze di questo modo di pensare, quando hai detto: «Perdiamo la direzione e perdiamo noi stessi» e «la vita ci diventa insensata». Ha detto bene! La sapienza di Dio ci apre agli altri. Ci aiuta a guardare oltre le nostre comodità personali e le false sicurezze che ci fanno diventare ciechi davanti ai grandi ideali che rendono la vita più bella e degna di esser vissuta.
Sono contento che, insieme ai cattolici, ci siano con noi molti giovani amici musulmani e di altre religioni. Col trovarvi insieme qui oggi mostrate la vostra determinazione nel promuovere un
clima di armonia, dove si tende la mano agli altri, malgrado le vostre differenze religiose. Questo mi ricorda un’esperienza che ebbi a Buenos Aires, in una nuova parrocchia situata in un’area estremamente povera. Un gruppo di studenti stava costruendo alcuni locali per la parrocchia e il sacerdote mi aveva invitato ad andare a trovarli. Così andai e quando arrivai in parrocchia il sacerdote me li presentò uno dopo l’altro, dicendo: «Questo è l’architetto, è ebreo, questo è comunista, questo è cattolico praticante» (Saluto ai giovani del Centro culturale P.F. Varela, L’Avana, 20 settembre 2015). Quegli studenti erano tutti diversi, ma stavano tutti lavorando per il bene comune. Questo è importante! Non dimenticatevi: diversi, ma lavorando per il bene comune, in armonia! Avete capito? Questa è l’armonia bella che si percepisce qui nel Bangladesh. Quegli studenti, diversi tra loro, erano aperti all’amicizia sociale e determinati a dire “no” a tutto ciò che avrebbe potuto distoglierli dal proposito di stare insieme e aiutarsi a vicenda. La sapienza di Dio ci aiuta anche a guardare oltre noi stessi per riconoscere la bontà del nostro patrimonio culturale. La vostra cultura vi insegna a rispettare gli anziani. Questo è molto
importante. Come ho detto prima, gli anziani ci aiutano ad apprezzare la continuità delle generazioni. Portano con sé la memoria e la sapienza esperienziale, che ci aiuta ad evitare di
ripetere gli errori del passato. Gli anziani hanno “il carisma di colmare le distanze”, in quanto assicurano che i valori più importanti vengano tramandati ai figli e ai nipoti. Attraverso le loro
parole, il loro amore, il loro affetto e la loro presenza,  omprendiamo che la storia non è iniziata con noi, ma che siamo parte di un antico “viaggiare” e che la realtà è più grande di noi. Parlate con i
vostri genitori e i vostri nonni; non passate tutta la giornata col cellulare, ignorando il mondo attorno a voi! Parlate con i nonni, loro vi daranno sapienza. Upasana e Anthony, avete concluso le vostre testimonianze con parole di speranza. La sapienza di Dio rafforza in noi la speranza e ci aiuta ad affrontare il futuro con coraggio. Noi
cristiani troviamo questa speranza nell’incontro personale con Gesù nella preghiera e nei Sacramenti, e nell’incontro concreto con Lui nei poveri, nei malati, nei sofferenti e negli abbandonati. In Gesù scopriamo la solidarietà di Dio, che costantemente cammina al nostro fianco. Cari giovani, cari amici, guardando i vostri volti sono pieno di gioia e di speranza: gioia e speranza per voi, per il vostro Paese, per la Chiesa e per le vostre comunità. Che la sapienza di Dio
possa continuare a ispirare il vostro impegno a crescere nell’amore, nella fraternità e nella bontà. Lasciando il vostro Paese oggi, vi assicuro la mia preghiera perché tutti possiate continuare a
crescere nell’amore di Dio e del prossimo. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Dio benedica il Bangladesh! [Isshór Bangladeshké ashirbád korún]

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ZENIT Staff

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