La sera del 23 novembre 2017, Papa Francesco si è rivolto con un videomessaggio ai partecipanti al VII Festival della dottrina sociale della Chiesa, intitolato “Fedeltà è cambiamento”, a Verona.
Per essere fedele bisogna cambiare, ha affermato il Santo Padre ricordando la storia di Abramo che in tarda età lascia il suo paese. Cambiare richiede fiducia e apertura al nuovo perché é sempre difficile lasciare l’ambiente familiare.
„L’importante è questo: si attiva sempre un processo, si va avanti.“ Papa Francesco ha definito dunque il significato della fedeltà all’uomo: l’incontro con la persona concreta […] „per farla uscire dall’anonimato dalle periferie dell’esistenza“, „aprire gli occhi e il cuore ai poveri, agli ammalati, a coloro che non hanno lavoro, ai tanti feriti dell’indifferenza e di un’economia che scarta e uccide, aprirsi ai profughi in fuga dalla violenza e dalla guerra“, „vincere la forza centripeta dei propri interessi, interessi egoistici“, „respingere la tentazione della disperazione e tenere viva la fiamma della speranza“. Concludendo il suo messaggio. Papa Francesco ha ribadito che la fedeltà necessita dell’apertura al cambiamento.
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Riportiamo di seguito il testo integrale e definitivo del videomessagio:
Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, partecipanti al 7° Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, che quest’anno ha per titolo “Fedeltà è cambiamento”. Questa espressione, che intenzionalmente suscita una certa “sorpresa” logica, ci porta a considerare che, nella realtà, essere fedeli comporta la capacità di cambiare. Pensiamo all’esperienza di Abramo, che la Bibbia ci mostra come modello di fede. Quando era già anziano, Dio gli disse: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione» (Gen 12,1-2). Per essere fedele, Abramo dovette cambiare, partire. La Parola di Dio ci aiuta a distinguere le due “facce” del cambiamento: la prima è la fiducia, la speranza, l’apertura al nuovo; la seconda è la difficoltà a lasciare le sicurezze per andare incontro all’ignoto. Infatti, ci fa sentire più tranquilli rimanere nel nostro recinto, conservare, ripetere parole
e gesti di sempre – questo ci fa sentire più sicuri – piuttosto che uscire, partire e avviare nuovi processi. Domandiamoci, allora, che cosa succede se manteniamo la nostra fedeltà a Dio e all’uomo. Abbiamo visto nella storia di Abramo l’effetto della chiamata del Signore: gli cambiò radicalmente la vita, lo fece entrare in una storia nuova, gli aprì orizzonti inattesi, con cieli nuovi e terre nuove. Quando si risponde a Dio si attiva sempre un processo: accade qualcosa di inedito che ci porta dove noi non avremmo mai immaginato. È importante questo: si attiva sempre un processo, si va avanti, non si occupano gli spazi, si avviano processi. Fedeltà all’uomo significa uscire da sé per incontrare la persona concreta, il suo volto, il suo bisogno di tenerezza e di misericordia, per farla uscire dall’anonimato, dalle periferie dell’esistenza. Fedeltà all’uomo significa aprire gli occhi e il cuore ai poveri, agli ammalati, a coloro che non hanno lavoro, ai tanti feriti dall’indifferenza e da un’economia che scarta e uccide, aprirsi ai profughi in fuga dalla violenza e dalla guerra. Fedeltà all’uomo significa vincere la forza centripeta dei propri interessi, interessi egoistici e fare spazio alla passione per l’altro, respingere la tentazione della disperazione e tenere viva la fiamma della speranza. In tal modo la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo convergono in movimento dinamico che prende la forma del cambiamento di noi stessi e del cambiamento della realtà, superando immobilismi e convenienze, creando spazi e lavoro per i giovani e per il loro futuro. Perché il cambiamento è salutare non solo quando le cose vanno male, ma anche quando tutto funziona bene e siamo tentati di adagiarci sui risultati raggiunti. Allargare il nostro servizio, rendere partecipi altri dei nostri progetti, dilatare gli spazi della creatività significa accogliere la sfida del cambiamento proprio per rimanere fedeli a Dio e all’uomo. Sembra una contraddizione, ma la fedeltà è questo
cammino che avvia dei processi e non permette che noi ci fermiamo negli spazi che ci difendono da ogni creatività, spazi che alla fine vanno sul senso del è sempre stato fatto così. Nell’inviarvi questo breve messaggio, rivolgo un saluto fraterno a Sua Eccellenza
Monsignor Zenti, Vescovo di Verona, città che ospita il Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, a Don Vincenzi e a tutti i collaboratori, relatori e i volontari. Auguro che questa iniziativa contribuisca ad animare e sostenere la missione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo del lavoro, dell’economia e della politica. Vi benedico, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!
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