«Il miglior modo di onorare i santi è di imitarli».
La saggezza di Erasmo da Rotterdam vale come bussola per Catanzaro e i catanzaresi nel giorno delle celebrazioni in onore del patrono della città: san Vitaliano. Una festa che rischia di restare un cerchio rosso sul calendario se non si coglie l’occasione che essa rappresenta: un momento per interrogarsi sulla comunità che si è e si vuol essere.
Fin troppo facile, ormai, snocciolare il lungo elenco dei tanti problemi vissuti: persone senza lavoro, famiglie in difficoltà economiche, giovani privi di prospettive. E su tutti, come una grande ombra minacciosa, la pervasiva presenza delle ’ndrine. Eppure, in questa fotografia più scura che chiara fanno capolino piccole luci di speranza, accese da chi non s’arrende ai fatalistici luoghi comuni del “così fan tutti”, o del “si è fatto sempre così”. Fiammelle alimentate da chi, senza clamore, si ribella alla mediocrità ed all’omertà, perché non vuole rinunciare ad essere se stesso e così con dignità continua ad assolvere al proprio compito ed a svolgere il proprio compito. Gente normale, inconsapevolmente eroica, che incarna al meglio lo spirito che san Vitaliano simboleggia: egli non cercò cariche ed accolse il ministero nell’ottica esclusiva del servizio. E quando fu necessario, si dimostrò pronto al sacrificio, pagando un duro prezzo in termini di ingiurie e persecuzioni, pur di tutelare il bene e la pace del suo popolo.
Esemplare il suo comportamento di uomo e di vescovo, ma gli uomini, come scrive Fedor Dostoevskij in una delle pagine più belle de I fratelli Karamazov, «rifiutano i profeti e li uccidono. Ma adorano i martiri e onorano coloro che hanno ucciso». E così difatti fu per lui, che alla morte scampò sebbene chiuso in un sacco e gettato in un fiume, prima di iniziare ad essere amato e venerato da chi aveva tentato di togliergli la vita.
Senza voler augurare a nessuno di seguire la stessa identica sorte, è di gente con egual coraggio e passione, civile e possibilmente anche spirituale, che c’è bisogno oggi. Anche a Catanzaro, che in qualità di capoluogo ha su di sé il peso di dover essere faro e guida morale di una Regione intera, in cui il male – sotto forme diverse – germoglia ovunque e sempre. Occorrono testimoni d’uno stile diverso, dai valori antichi e sempre vivi, per arginare la disaffezione dalle idee, dall’impegno, dalla fede: la sfiducia, se non contrastata e curata, diventa disperazione. E così si cede all’abbandono e al pessimismo, ci si ripiega su se stessi isolandosi da uomini e problemi.
Allora è doveroso sognare una comunità in cui tutto ciò sia solo un ricordo, perché ritrova passione, unità, identità, voglia di fare. Niente è impossibile, se lo si vuole. Lo attesta san Vitaliano con la sua testimonianza. La chiara dimostrazione del fatto che, come osservava Albert Camus, «perché un pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi prima la vita di colui che lo esprime. Che cambi in esempio». E questo vale per tutti, nessuno escluso.
Monsignor Vincenzo Bertolone è arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza Episcopale Calabra.
San Vitaliano, un esempio da imitare
Un momento per interrogarsi sulla comunità che si è e si vuol essere