Francesco, girando per il paese, vede delle mele: gli piacciono, e le porta a casa; vede una bicicletta e la porta a casa; vede una Rolls Royce e la conduce a casa.
Vede tante, tante cose belle, e, portandole tutte a casa sua, riempie ogni locale e ogni angolo della casa e del grande giardino di ogni ben di Dio. Più ne portava a casa, più ne vedeva; più ne vedeva, più ne portava.
Costruì nuovi capannoni, comprò una grossa campagna attorno alla sua casa per ammucchiare quanto vedeva in giro. Voleva tutto, tutto per sé.
Un giorno tornò il papà da un lungo viaggio e vide, e interpellò il figlio: “tutto mi piace, voglio tutto portare a casa, papà: frutta, fiori, automobili, tutto, tutto ciò che vedo, perché tutto mi piace”.
Il papà gli risponde: “figlio mio, ti conviene riportare e lasciare tutto dov’era prima, perché quanto riuscirai a vedere, a toccare, è tutto mio, quindi è tutto tuo.
Puoi girare per i nostri possedimenti senza un soldo in tasca: non devi proprio comprare niente, perché tutto è tuo: il figlio del padrone possiede tutto ciò che possiede suo padre.
Il Figlio di Dio non porta con sé niente. Questa è la povertà: mio è Dio, quindi mio è tutto ciò che è suo.
Ciao da P. Andrea
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Rolls Royce / Pixabay CC0 - 350543, Public Domain
L’inutile accaparramento
“Pillola quotidiana” di padre Andrea Panont