Il dubbio nella fede rallenta l’opera di Dio sulla terra e porta ogni uomo verso confini artefatti, forse dall’aspetto imponente, ma nel tempo destinati a perdere il loro valore. Il vangelo di Matteo, capitolo 28,16-20, si chiude con queste parole che rappresentano il più grande tesoro che gli esseri umani abbiano mai avuto sulla terra: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Come Dio fu con Mosè in Egitto, affinché fosse liberato il suo popolo dalla schiavitù, così è stato con gli apostoli, anche se ancora dubbiosi in cuor loro, inviati nel mondo per fare discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Tale investitura, destinata in primis a chi aveva seguito il Messia incessantemente nei tre anni della sua missione, apre la strada ad una nuova era e ad un tempo di trasformazione dell’uomo. Ognuno che osserverà la legge del Signore e nel suo campo d’azione, sia esso privato o pubblico, proseguirà il cammino degli apostoli, non potrà che essere accompagnato dallo Spirito di Dio in ogni cosa compiuta. Il credente spesso non fa sua questa reale “opportunità”. Disdegna il discernimento sacerdotale, lasciandosi guidare solo da sé stesso. Rilancia di riflesso quel dubbio iniziale degli apostoli che il Signore fa svanire con questa potente e straordinaria espressione:
“Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Nulla è impossibile a Dio. Ma l’uomo oggi è convinto di questa verità? Capisce cosa significa donarsi a Lui in ogni attività terrena in cui è stato chiamato ad esprimere i suoi talenti e le sue responsabilità, in comunione con i fratelli? Non avremmo forse un mondo migliore, se donassimo le nostre mani, il nostro cuore e la nostra mente a chi è morto per noi sulla croce? A noi viene chiesto di essere la sua Parola, perché possano continuare le Sue opere messe a disposizione di chi vive in Lui, per Lui e con Lui. Tutto ciò non significa essere fuori dal mondo, ma esservi dentro senza subirlo.
Di conseguenza si andrebbe incontro a vere nuove prospettive di comunità, in cui essere chiamati a vivere il carisma individuale non per sé stessi, ma nel rispetto e nella condivisione con quello degli altri. Ad ognuno il suo ministero. È così anche nella Chiesa. Cosa farebbe il Santo Padre senza i suoi vescovi e a scalare senza i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, i laici e viceversa. Il tutto è funzionale ad una piramide universale che richiama ciascuno alla sua urgente responsabilità. Senza comunione si rischia di non portare a termine la propria opera. È questa la base su cui far poggiare ogni tipo di sviluppo comunitario.
Le relazioni umane nella politica, nella scienza, nell’economia, nella vita sociale di tutti i giorni, sarebbero capaci di condurre i processi umani alla pace e non alla guerra; alla trasparenza e alla moralità e non alla corruzione; ai diritti naturali del singolo e non a quelli costruiti a tavolino per illudere la felicità collettiva. Certezze necessarie e sempre di più bisognevoli di una concreta attuazione. Le parole di Gesù ai suoi discepoli offrono la giusta chiave di lettura per il raggiungimento di uno scopo così inestimabile.
L’obbedienza alla Parola rimane la vera strada della libertà personale e del bene comune. Dire che siano ormai cambiati i tempi e che sia perciò anti-storico partire dalla verità che Matteo ci rivela nel capitolo 28, significa affidarsi solo alle mani dell’uomo. Un modo per rafforzare il potere di chiunque abbia già tanti soldi e appartenga ad un sistema consolidato, quale pedina ad esso funzionale. Sapere che Dio accompagna l’uomo testimone della sua Parola spinge, anzitutto, a non guardare alla sofferenza come un dramma che impedisce di vivere una vita normale.
La società odierna è invece alla continua ricerca di effetti speciali per camuffare e respingere il dolore, sostituendolo in alcuni casi estremi persino con la morte. La sofferenza insegna San Pietro non può essere maledetta, ma va considerata con gioia quale mezzo di espiazione per i propri peccati, santificando ogni giorno vissuto per sé e per gli altri. Oggi si fugge da ogni afflizione anche perché si rinnega la volontà di Dio sul creato e su tutto ciò che fa parte quindi della quotidianità del mondo. Ciò rende dannosa, in molte circostanze, l’attività umana, perché assoggettata al volere dei poteri visibili e invisibili di questa terra.
Quante volte, anche su temi sensibili che riguardano il valore ontologico dell’uomo e della natura, si sente rispondere “Ma oggi è così!”. Quello che ne deriva si riflette negativamente sull’umanità proiettata a non seguire le leggi del Signore, ma pronta ad imporre le sue. Queste ultime solitamente vengono adattate alle condizioni temporanee, sia in campo etico che morale. A chi oggi si può dire con serenità che la domenica è del Signore e che il tempo da vivere non è del singolo individuo?
Non si tratta della promozione di precetti da osservare, ma di richiami essenziali per chi pensa solo da sé stesso. Comprendere infatti di non essere titolari del tempo, in quanto dato ad ognuno in prestito assieme a tutte le altre cose create, spingerebbe chiunque ad una rivoluzione interiore ed esteriore senza precedenti. Verrebbero meno le violenze e le ingiustizie in ogni forma e direzione e si riaffermerebbe naturalmente la volontà di Dio, nonostante l’apatia spirituale umana. È tempo di onorare l’investitura ricevuta dal cielo e migliorare, senza incertezze, un mondo in affanno.
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L’investitura che migliora un mondo in affanno
Senza comunione si rischia di non portare a termine la propria opera
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