«Ave Maria, adesso che sei donna, ave alle donne come te, Maria, femmine un giorno per un nuovo amore povero o ricco, umile o Messia. Femmine un giorno e poi madri per sempre nella stagione che stagioni non sente».
A quanto pare non c’è bisogno di bazzicare le sacrestie, come certo non le frequentava il cantautore genovese Fabrizio De Andrè, per riconoscere la bellezza, la femminilità autentica e la forza della Vergine per farne testo di una canzone, d’una “Ave Maria” laica. Parole e musica che risaltano nel giorno della festa della mamma, che quest’anno cade all’indomani del centesimo anniversario della prima apparizione di Maria ai pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, a Fatima. Dopo le prime manifestazioni del 1915 e le tre visioni dell’Angelo della pace nella primavera del 1916, il 13 maggio del 1917 la Donna «che viene dal Cielo dal lato del sole, Signora tutta vestita di bianco più splendente del sole, dal volto bello, né triste né allegro ma serio», come dirà in seguito Lucia, si fa vedere dai tre bambini portoghesi, posandosi «al di sopra dell’albero di elce».
L’inizio di una stagione fondamentale per la Chiesa ed i credenti e può essere una formidabile occasione di riflessione, sul piano individuale e sociale. Anche oggi, a distanza di un secolo, ancor più per quanti vivono in un territorio – come il nostro – in cui la devozione alla Madonna, molto sentita, si esprime attraverso i pellegrinaggi ai tanti luoghi mariani, su tutti la Cattedrale di Catanzaro e la concattedrale di Squillace, entrambe dedicate a Santa Maria Assunta in cielo. Il centenario delle apparizioni di Fatima cade peraltro in un’epoca di tribolazioni, di timori per il deflagrare di quella terza guerra mondiale denunciata subito da Papa Francesco che forse non più “a pezzi” potrebbe esplodere nell’indifferenza assoluta pure in terre di antica cristianità, anche davanti alle persecuzioni ed alle uccisioni in tante parti del mondo. La nostra era, frattanto, è dominata dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione; lusingata dalle promesse delle tecnoscienze; presa dalle molteplici problematiche della biomedicina e del potenziamento farmacologico e genetico. Inquietano gli attentati terroristici e le conclamate guerre di religione; spaventa la persistente crisi economica che alimenta la disperazione e muove masse di fratelli e sorelle da una parte all’altra del mondo in cerca di speranza.
Ecco: in questo scenario Fatima è ancora profetica e pone con forza la questione del rilancio dei temi evangelici e non violenti del nuovo umanesimo cristiano. Come osservava nel 1999 san Giovanni Paolo II, «in Fatima incontriamo un esempio luminoso di personalizzazione di piani e attese apostoliche che si richiedeva fossero abbracciate e fortificassero nel cuore di ciascuno dei cristiani». E ancora: «Il messaggio di Fatima è un appello alla conversione, mettendo in allerta l’umanità a non fare il gioco del drago».
Un monito ed un invito accorato alla pace, alla fraternità, al perdono, alla testimonianza della fede oltreché di un sistema di valori improntato alla giustizia, alla comprensione, al dialogo. In una parola sola, all’amore. A quell’amore che è proprio delle madri, le sole capaci di insegnare con il proprio esempio che chi ama davvero non calcola, non esige, non manipola, ma accoglie il figlio, sempre e comunque. Proprio come Nostra Signora apparsa a Fatima, materna con i tre fortunati bambini. Proprio come la Madonna cantata da De Andrè, mamma in eterno perché in fondo, nell’umanità smarrita e confusa, la maternità resta un’impronta indelebile nel cuore e nell’anima. Di tutti e di ciascuno, sempre e per sempre.
Monsignor Vincenzo Bertolone è arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza Episcopale Calabra.
Canonizzazione, Fatima, 13 maggio 2017 - Foto © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO
Maria, Madre per sempre
Nel tribolato contesto attuale Fatima è ancora profetica e pone con forza la questione del rilancio dei temi evangelici e non violenti del nuovo umanesimo cristiano