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La Via vera che porta alla Vita

Lectio divina – V Domenica di Pasqua (Anno A) – 14 maggio 2017

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V Domenica di Pasqua – Anno A – 14 maggio 2017
Rito Romano
At 6,1-7; Sal 32; 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12
Rito Ambrosiano
At 10,1-5.24.34-36.44-48a; Sal 65; Fil 2,12-16; Gv 14,21-24
1) Si abita dove si è amati.
Il Vangelo di questa Quinta Domenica di Pasqua inizia con l’invito di Gesù a non lasciarsi prendere dalla paura: “Non sia turbato il vostro cuore” (Gv 14,1). Ai discepoli turbati dal fatto che stanno per assistere alla sua passione e morte, Cristo dice loro di non avere paura e di avere fede in Dio e il Lui.  Lui, con il suo stare con loro (e con noi),  ha mostrato il Padre e ha aperto il cammino verso la casa paterna. Con il suo andarsene in questo modo, ci dà la forza di seguirlo. Chi crede in lui, trova la via del ritorno a casa: partecipa alla sua vita di Figlio e conosce la verità di Dio come Padre.  Come risposta alla paura della sofferenza e della morte, dell’incertezza del futuro, il Redentore Messia dice che c’è un solo modo per vincere questa paura: la fede in Dio e la fede in Lui. E ha ragione: soltanto Dio è la roccia. Le altre sicurezze deludono. L’amore di Dio è fedele e non ci abbandona mai: questa è la grande certezza che rasserena il credente.
Accogliere l’invito: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1), non è un’adesione astratta ad un messaggio ma un’adesione amorosa e fiduciosa ad una persona, Cristo, da seguire quotidianamente, nelle semplici azioni che compongono la nostra giornata.
Questa amorosa fiducia permette che entrino nel nostro cuore e comprendiamo le parole che Gesù dice nel versetti successivi: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (Gv 14, 2-3). Quale senso hanno queste parole? Il significato di queste parole è che la vera questione non è dov’è la casa del Padre, ma chi è la casa del Padre? Il Figlio, il suo corpo.
Per questo alla domanda: dove abita il Padre e dove abita il Figlio? Gesù ci risponde: “Il Padre è in me e io sono nel Padre” (Gv 14, 11), perché uno abita dove è amato. Il Padre abita pienamente nel Figlio che lo accoglie, come il Figlio abita pienamente nel Padre. Ora in questa casa del Padre c’è posto per molti, ci sono molte dimore. Quante dimore ci sono nel Padre? Quanti sono i figli, perché se non ci fosse  un posto per ciascuno di noi non sarebbe Padre giusto e misericordioso.
Per questo alla domanda: dove abitiamo noi? La risposta è: la nostra casa è nel cuore del Padre.  
Ma questa risposta fa nascere un’altra domanda: in che senso Cristo, Fratello nostro, ci prepara un posto in casa “nostra”? Ce lo prepara nel senso che ce lo fa conoscere, perché noi non sapevamo di essere figli nel Figlio. Quindi Cristo ci rivela che siamo figli e quindi abbiamo un posto nel Padre. E poi non solo ce lo rivela, ma ci dona il suo amore perdonandoci e facendosi cibo per noi, in modo che mediante l’amore anche noi abitiamo nel Padre e il Padre in noi.
2) La via verso casa della vera vita.
Già nell’Antico Testamento il credente pregava: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario” (Sal 26/27, 4). Ma va detto che questa domanda di felicità e di amore vero, quindi santo, è nel cuore di ogni essere umano, di ogni luogo e di ogni tempo. All’uomo che cerca il senso della vita, di una vita che duri e che abiti nell’amore Cristo, dice: “Io sono la via”. A questo riguardo Sant’Agostino commenta: “Prima di dirti dove devi andare, ha premesso per dove devi passare e disse: ‘Io sono la via’. La via per arrivare dove? Alla verità e alla vita. Prima ti indica la via da prendere, poi il termine dove vuoi arrivare. ‘Io sono la via, Io sono la verità, Io sono la vita’. Rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato la via”.
Gesù è la via per giungere alla vita, anzi Lui stesso è la vita. Innanzitutto Lui è la vita: si dice infatti “in lui era al vita”, e poi che egli è la verità, perché “era la luce degli uomini” (Gv 1, 4). E la luce è la verità. Se dunque cerchi per dove passare, accogliamo Cristo perché Lui è la via: “Questa è la strada, percorretela” (Is 30, 2).
Lui è la via per arrivare alla conoscenza della verità, anzi è la stessa verità: Guidami, Signore, nella verità e camminerò nella tua via (cfr. Sal 85, 11). Similmente egli è la via per giungere alla vita, anzi, egli stesso è la vita: “Mi hai fatto conoscere il sentiero (via) della vita” (Sal 15, 11 volgata).
Questa via è la via dell’amore compiuto, è la via del lavare i piedi, del boccone dato a Giuda, del dono e  del perdono, è la via della Croce, è la via che ci riconduce alla casa del Padre, è l’unica via, quella dell’amore che ci fa essere con lui e come Lui, che ci vuole bene.
Per camminare sulla Via della Verità e della Vita prendiamo sul serio l’invito di San Paolo quando scrisse: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù” (Fil 2,5), che “non si spogliò di nessuna parte costitutiva della sua natura divina, e ciò nonostante mi salvò come un guaritore che si china sulle fetide ferite. Era della stirpe di David, ma fu il creatore di Adamo. Portava la carne, ma era anche estraneo al corpo. Fu generato da una madre, ma da una madre vergine, era circoscritto, ma era anche immenso. E lo accolse una mangiatoia, ma una stella fece da guida ai Magi, che arrivarono portandogli dei doni e davanti a lui piegarono le ginocchia. Fu vittima, ma anche sommo sacerdote; fu sacrificatore, eppure era Dio. Offrì a Dio il suo sangue, e in tal modo purificò tutto il mondo. Una croce lo tenne sollevato da terra, ma rimase confitto ai chiodi il peccato. Il Figlio immortale assunse su di sé la forma terrena, perché Lui ti vuol bene” (San Gregorio di Nazianzo).
Per rispondere e corrispondere a questo “essere voluti bene”, a questo amore fraterno dobbiamo sentire come Cristo sentiva. Perciò dobbiamo conformare il nostro modo di pensare ai sentimenti di Gesù, che aveva sentimenti di amore e di compassione, di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità.  
Ma non basta. Per amare davvero Cristo ed avere il vero amore dobbiamo osservare i suoi comandamenti. Sono le opere che testificano i sentimenti.
3) Vita consacrata è opera e vita di amore.
Tutti i credenti sono chiamati a testimoniare questo amore, che è via vera e vitale verso la Casa del Padre, ma le vergini consacrate ne sono una testimonianza speciale perché -con il dono totale di se stesse a Cristo- sono in modo particolare innestate nel suo cuore e rese capaci di amare con il Suo amore, di donare con il Suo cuore, di servire con la Sua luce, di operare con i Suoi doni. Con l’offerta completa di se stesse e la letizia della loro vita queste donne testimoniano che Cristo è la Via, la Verità e la Vita del mondo. Le consacrate sono testimoni di ciò mediante il linguaggio eloquente di un’esistenza trasfigurata, capace di sorprendere il mondo. Allo stupore degli uomini queste donne rispondono con l’annuncio dei prodigi di grazia che il Signore compie in coloro che Lui ama e che umilmente Gli rispondono accettandolo come Sposo.
Queste donne manifestano che Gesù è la via in quanto libertà, libertà che sa dare la vita, e ci ricordano che testimoniare non è tanto il dare il buon esempio quanto trasmettere il messaggio cristiano “per via” di esempio, “per via” di parola, “per via” di opere, “per via” di vita vissuta in favore della verità posseduta come valore superiore al proprio stesso benessere e alla propria vita.
Inoltre. testimoniano che, donandosi senza riserve a Cristo, si riceve la vera vita: la vita di Dio, e che Cristo ci ha donato l’amore di Dio come nostra vita. In effetti, “non basta che Cristo sia via, non basta che sia verità, deve essere vita” (Benedetto XVI). Gesù, Parola del Padre, è la Via per trovare la mèta, la Verità per non confondere il bene dal male, e la Vita per non restare schiavi della morte (Papa Francesco).  
Insomma, queste donne consacrate vivendo una relazione personale con Cristo mostrano che Lui-Sposo non solamente è un maestro dal quale ci si limita a imparare qualche cosa. Lui è la verità stessa: bisogna, quindi, avere un rapporto personale con lui. Percorrendo quella via e costruendo un rapporto con quella verità si arriverà alla vita, grazie alla quale si sta con il Padre, nella sua e nostrea casa.

***

Lettura Patristica

San Agostino d’Ippona

Discorso 141

La verità scoperta dai filosofi secondo questo mondo non è la Via.
1. Leggendosi il santo Vangelo, avete udito tra l’altro ciò che afferma il Signore Gesù: Io sono la via, la verità e la vita1. Ogni uomo desidera la verità e la vita, ma non ogni uomo trova la via. Anche alcuni filosofi secondo questo mondo hanno riconosciuto che Dio è una certa qual vita eterna, immutabile, intellegibile, intelligente, sapiente, datore agli uomini di sapienza. Senza dubbio riconobbero che la verità è fissa, irremovibile, immutabile, comprensiva di ogni ragione d’essere di tutte le cose create, ma a distanza; l’avvistarono, ma attenendosi a false credenze; e proprio per questo non trovarono la via per la quale giungere a quel così alto, inesprimibile e beatificante possesso. Infatti scoprirono anch’essi (per quanto può essere colto dagli uomini) il creatore attraverso la creatura, il fattore attraverso la fattura, il costruttore del mondo attraverso il mondo; ne è testimone l’apostolo Paolo, al quale tutti i Cristiani sono senz’altro tenuti a credere. Riferendosi a costoro, afferma: L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà. Queste, come riconoscete, sono parole dell’apostolo Paolo. L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia di uomini che recludono la verità nell’ingiustizia 2. Ha detto forse di loro che non possiedono la verità? Ma recludono la verità nell’ingiustizia. E’ un bene ciò che possiedono, ma è un male che lo tengano dove viene recluso. Recludono la verità nell’ingiustizia.
Come hanno intravisto la verità.
2. Ma bisognava che gli si dicesse: Com’è che quegli empi possiedono la verità? Dio ha forse parlato con qualcuno di loro? Forse che hanno ricevuto la legge come il popolo degli Israeliti per mezzo di Mosè? Come dunque possiedono la verità addirittura nella stessa ingiustizia? Ascoltate quanto segue e lo spiega. Poiché ciò che di Dio si può conoscere– dice – è loro manifesto; Dio stesso infatti lo ha loro manifestato. A quelli si manifestò, a quanti non aveva dato la legge? Si manifestò, ascolta in che modo: Le sue perfezioni invisibili possono infatti essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute. Interroga il mondo, la magnificenza del cielo, lo splendore e l’armonia degli astri, il sole rispondente alle esigenze del giorno, la luna a moderare l’oscurità della notte; interroga la terra feconda di erbe e di alberi, piena di animali, ordinata per gli uomini; interroga il mare che contiene gran quantità e varietà di animali acquatici; interroga l’atmosfera, cui conferisce vivacità un gran numero di volatili; interroga tutte le cose e vedi se, a loro modo, non ti rispondono: Dio ci ha fatti. Filosofi nobili hanno fatto di queste ricerche, e dall’opera compiuta hanno conosciuto l’Artefice. Che dunque? Per quale ragione l’ira di Dio si rivela contro ogni empietà? Perché recludono la verità nell’ingiustizia? Venga [l’Apostolo], dimostri in che modo. Ha già detto infatti come sono giunti a conoscere. Le sue, cioè di Dio, perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, anche la sua eterna potenza e divinità, perché siano inescusabili. Infatti, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria, né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa; infatti mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 3. Ciò che scoprirono spinti dalla brama di sapere lo perdettero per superbia. Mentre si dichiaravano sapienti, cioè, attribuendo a se stessi il dono di Dio, sono diventati stolti. Ripeto, sono le parole dell’Apostolo: Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti.
Stoltezza degli adoratori degli idoli.
3. Dimostra, prova la stoltezza di costoro. Spiega, o Apostolo, e come hai fatto capire a noi, in che modo ad essi è stato possibile giungere al concetto di Dio, poiché le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, così spiega ora in che modo mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti. Ascolta: Perché– egli afferma – hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio nella somiglianza della figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili 4. Infatti, della figura di questi animali i Pagani se ne fecero dèi. Tu hai trovato Dio e adori un idolo. Hai scoperto la verità ed è appunto la verità che recludi nell’ingiustizia. E per via di ciò che è esecuzione della mano dell’uomo, perdi quello che hai conosciuto attraverso le opere di Dio. Hai considerato tutto ciò che esiste; hai colto nell’insieme la disposizione ordinata del cielo, della terra, del mare e di tutti gli elementi; non vuoi fare attenzione a questo: il mondo è opera di Dio, un idolo è fattura di un artigiano. Se l’artigiano desse all’idolo anche una mente, come ha dato la forma, l’artigiano sarebbe adorato dallo stesso idolo. Infatti, o uomo, a quel modo che Dio è il tuo artefice, così l’uomo è artefice dell’idolo. Chi è il tuo Dio? Colui che ti ha formato. Chi è il Dio dell’artigiano? Colui che lo ha formato. Chi è il Dio dell’idolo? Colui che lo ha formato. Quindi, se l’idolo avesse una mente, non adorerebbe l’artigiano che lo ha formato? Ecco in quale ingiustizia hanno relegato la verità, ma non hanno trovato la via che conduceva al possesso di quella verità che avevano intravisto.
Cristo si è fatto via.
4. Ma Cristo che presso il Padre è verità e vita, è il Verbo di Dio del quale è stato detto: La vita era la luce degli uomini  5. Appunto perché presso il Padre è verità e vita e noi non avevamo una via da seguire per giungere alla verità, il Figlio di Dio, che nel Padre è per l’eternità verità e vita, assumendo la natura dell’uomo si è fatto via. Passa attraverso l’uomo e giungi a Dio. Per lui passi, a lui vai. Non cercare al di fuori di lui per dove giungere a lui. Se egli non avesse voluto essere la via, saremmo sempre fuori strada. Perciò si è fatto la via per dove puoi andare. Non ti dico: Cerca la via. E’ la via stessa a farsi incontro a te: Alzati e cammina. Cammina con la condotta, non con i piedi. Molti infatti hanno un passo regolare, ma con il comportamento procedono male. A volte quegli stessi che vanno avanti bene finiscono per cadere. Troverai senz’altro uomini di vita onesta, ma non Cristiani. Vanno di buon passo e bene, ma la loro sollecitudine non è lungo la via. Quanto più si affrettano, tanto più si sbandano perché si allontanano dalla vera via. Nel caso, invece, che uomini tali giungano alla vera via e senza deviare, questa è allora la sicurezza perché e camminano speditamente e non si smarriscono. Ma se sono sviati, vadano pure avanti bene quanto si vuole, come c’è da compiangere! E’ preferibile camminare zoppicando sulla via, ad un incedere energico fuori strada. Queste cose bastino alla Carità vostra.
Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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