Contro la tentazione “dell’attaccamento a un passato glorioso“, papa Francesco ha esortato giovedì 4 maggio 2017 i media vaticani a “rispondere alle nuove sfide comunicative che la cultura oggi ci domanda, senza paure e senza immaginare scenari apocalittici”.
Ricevendo in udienza i partecipanti alla prima Assemblea plenaria della Segreteria per la Comunicazione, il Pontefice ha incoraggiato il dicastero a proseguire la strada delle riforme “con intelligenza, con mitezza, ma anche, anche – permettetemi la parola – con un po’ di ‘violenza’, ma buona, della buona violenza”.
La riforma, ha sottolineato il Papa nel suo discorso, “non è ‘imbiancare’ un po’ le cose: riforma è dare dalla Segreteria per la Comunicazione un’altra forma alle cose, organizzarle in un altro modo”.
“In questo quadro — ha proseguito il Papa — ‘L’Osservatore Romano’, che dal prossimo anno entrerà a far parte del nuovo Dicastero, dovrà trovare una modalità nuova e diversa, per poter raggiungere un numero di lettori superiore a quello che riesce a realizzare in formato cartaceo.” Idem per la Radio Vaticana, che “diventata un insieme di portali, va ripensata secondo modelli nuovi e adeguata alle moderne tecnologie e alle esigenze dei nostri contemporanei”, ha spiegato Francesco.
Nel suo discorso, il Papa ha affrontato anche la questione delle Onde Corte della Radio Vaticana. “A proposito del servizio radiofonico, mi preme sottolineare lo sforzo che il Dicastero sta compiendo nei confronti dei Paesi con poca disponibilità tecnologica (penso ad esempio all’Africa) per la razionalizzazione delle Onde Corte che non sono state mai dismesse. E questo voglio sottolinearlo: non sono state mai dismesse”, così ha detto. (pdm)
Riportiamo di seguito il testo completo del discorso di papa Francesco.
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Signori Cardinali,
cari fratelli e sorelle,
sono molto lieto di accogliervi in occasione della Prima Assemblea Plenaria della Segreteria per la Comunicazione, che vi vede impegnati nell’approfondire la conoscenza reciproca e nell’esaminare i passi finora compiuti dal Dicastero, che ho voluto per un nuovo sistema comunicativo della Santa Sede, oltre che nel riflettere su un tema quanto mai attuale e suggestivo quale quello della cultura digitale.
Ringrazio il Prefetto Monsignor Viganò per la sua introduzione e desidero esprimere la mia riconoscenza a lui e a voi qui presenti e anche a quanti hanno contribuito in vari modi alla preparazione del lavoro di questi giorni.
L’argomento trattato nella Plenaria è uno di quelli che mi stanno molto a cuore; l’ho già affrontato in diverse occasioni. Si tratta di studiare criteri e modalità nuovi per comunicare il Vangelo della misericordia a tutte le genti, nel cuore delle diverse culture, attraverso i media che il nuovo contesto culturale digitale mette a disposizione dei nostri contemporanei.
Questo Dicastero, che compirà due anni il prossimo 27 giugno – due candele – si presenta in piena riforma. E non dobbiamo avere paura di questa parola. Riforma non è “imbiancare” un po’ le cose: riforma è dare della Segreteria per la Comunicazione un’altra forma alle cose, organizzarle in un altro modo. E si deve fare con intelligenza, con mitezza, ma anche, anche – permettetemi la parola – con un po’ di “violenza”, ma buona, della buona violenza, per riformare le cose. È in piena riforma dal momento che è una realtà nuova che sta muovendo ormai passi irreversibili. In questo caso, infatti, non si tratta di un coordinamento o di una fusione di precedenti Dicasteri, ma di costruire una vera e propria istituzione ex novo, come scrivevo nel Motu proprio istitutivo: «L’attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività, richiede un ripensamento del sistema informativo della Santa Sede e impegna ad una riorganizzazione che, valorizzando quanto nella storia si è sviluppato all’interno dell’assetto della comunicazione della Sede Apostolica, proceda decisamente verso un’integrazione e gestione unitaria. Per tali motivi – proseguivo –, ho ritenuto che tutte le realtà, che, in diversi modi fino ad oggi si sono occupate della comunicazione, vengano accorpate in un nuovo Dicastero della Curia Romana, che sarà denominato Segreteria per la Comunicazione. In tal modo il sistema comunicativo della Santa Sede risponderà sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa».
Questo nuovo sistema comunicativo nasce dall’esigenza della cosiddetta “convergenza digitale”. Infatti, nel passato ogni modalità comunicativa aveva i propri canali. Ogni forma espressiva aveva un proprio medium: le parole scritte il giornale o i libri, le immagini le fotografie e quelle in movimento il cinema e la televisione, le parole parlate e la musica la radio e i CD. Tutte queste forme di comunicazione oggi sono trasmesse con un unico codice che sfrutta il sistema binario. In questo quadro, dunque, “L’Osservatore Romano”, che dal prossimo anno entrerà a far parte del nuovo Dicastero, dovrà trovare una modalità nuova e diversa, per poter raggiungere un numero di lettori superiore a quello che riesce a realizzare in formato cartaceo. Anche la Radio Vaticana, da anni diventata un insieme di portali, va ripensata secondo modelli nuovi e adeguata alle moderne tecnologie e alle esigenze dei nostri contemporanei. A proposito del servizio radiofonico, mi preme sottolineare lo sforzo che il Dicastero sta compiendo nei confronti dei Paesi con poca disponibilità tecnologica (penso ad esempio all’Africa) per la razionalizzazione delle Onde Corte che non sono state mai dismesse. E questo voglio sottolinearlo: non sono state mai dismesse. Tra qualche mese anche la Libreria Editrice Vaticana, l’antica Tipografia Poliglotta Vaticana e, come dicevo, “L’Osservatore Romano” entreranno a far parte della grande comunità di lavoro del nuovo Dicastero, e questo richiederà la disponibilità ad armonizzarsi con un nuovo disegno produttivo e distributivo. Il lavoro è grande; la sfida è grande, ma si può fare, si deve fare.
La storia è, indubbiamente, un patrimonio di esperienze preziose da conservare e da usare come spinta verso il futuro. Diversamente essa si ridurrebbe a un museo, interessante e bello da visitare, ma non in grado di fornire forza e coraggio per il proseguimento del cammino.
In questo orizzonte di costruzione di un nuovo sistema comunicativo, va collocato inoltre l’impegnativo sforzo di formazione e di aggiornamento del personale.
Cari fratelli e sorelle, il lavoro che vi aspetta è ampio e articolato. Con il contributo di ciascuno, si porterà a compimento questa riforma che, «valorizzando quanto nella storia si è sviluppato all’interno dell’assetto della comunicazione della Sede Apostolica», è ordinata a «una integrazione e gestione unitaria» (Statuto della Segreteria per la Comunicazione, 6 settembre 2016).
Vi incoraggio pertanto a lavorare nelle commissioni di studio, con analisi dettagliate e, una volta individuati i percorsi, a decidere e procedere coraggiosamente secondo i criteri scelti.
Vi chiedo inoltre che il criterio-guida sia quello apostolico, missionario, con una speciale attenzione alle situazioni di disagio, di povertà, di difficoltà, nella consapevolezza che anche queste oggi vanno affrontate con soluzioni adeguate. Così diventa possibile portare il Vangelo a tutti, valorizzare le risorse umane, senza sostituirsi alla comunicazione delle Chiese locali e, al tempo stesso, sostenendo le comunità ecclesiali che più hanno bisogno.
Non lasciamoci vincere dalla tentazione dell’attaccamento a un passato glorioso; facciamo invece un grande gioco di squadra per meglio rispondere alle nuove sfide comunicative che la cultura oggi ci domanda, senza paure e senza immaginare scenari apocalittici.
Mentre vi rinnovo la mia gratitudine per aver accettato di lavorare in questo ambito tanto importante e delicato della missione della Chiesa, voglio far giungere il mio saluto e la mia gratitudine anche ai Consultori da poco nominati. Vi esorto a dare testimonianza di collaborazione e di condivisione fraterna, mentre invoco su tutti voi la benedizione del Signore, per intercessione di Maria Santissima Madre della Chiesa, che, con la sua tenerezza, veglia sempre su di noi.
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