Cassino dopo un bombardamento anglo-americano - Wikimedia Commons

Il Papa benedice una statua di Sant'Antonio sopravvissuta al bombardamento di Cassino

La statua è considerata un simbolo della rinascita della città laziale dopo i feroci bombardamenti anglo-americani della seconda guerra mondiale

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È stata profondamente significativa la benedizione impartita da Papa Francesco oggi, durante l’Udienza generale in Piazza San Pietro, alla statua di Sant’Antonio da Padova proveniente dall’omonima parrocchia di Cassino, comune del Basso Lazio.
Essa evoca infatti momenti salienti della storia del secolo scorso nonché il legame tra questa città benedettina e la religiosità popolare. Qui il 10 settembre di ogni anno, le lancette tornano indietro nel tempo. Un’atmosfera di viva commozione pervade la chiesa di Sant’Antonio da Padova, nel centro cittadino, gremita di persone che accorrono per ricordare un evento che ha segnato tragicamente i destini di Cassino e dell’Italia tutta.
Era il 10 settembre 1943. Appena due giorni prima fu dato l’annuncio dell’armistizio firmato in gran segreto dal maresciallo Pietro Badoglio con le forze armate anglo-americane. Un atto che privò l’Italia di una guida politica, destabilizzò l’esercito impegnato in varie campagne belliche, lasciò la popolazione in balia del conflitto.
Anche Cassino ne conobbe le conseguenze. Quel venerdì 10 settembre 1943, alle ore dieci del mattino, l’aviazione anglo-americana lanciò un bombardamento improvviso sulla località del Basso Lazio. La popolazione fu colta impreparata. Case ed edifici pubblici subirono gravi danni, rimasero uccise 105 persone.
E quello fu solo il primo di una serie di bombardamenti e di battaglie che investirono Cassino fino al 17 maggio 1944. Fu determinante in tal senso il fatto che la città laziale fosse centro nevralgico della Linea Gustav (la fortificazione difensiva che i tedeschi attuarono nel Centro Italia per tentare di sbarrare l’avanzata anglo-americana da Sud).
Particolarmente devastante fu il bombardamento degli “Alleati” il 15 marzo 1944. L’intento dei caccia britannici e statunitensi fu quello di radere al suolo Cassino. La pioggia di fuoco durò quattro ore, nel corso dell’operazione vennero impiegati 575 bombardieri e 200 cacciabombardieri e fu sganciato oltre un milione di chili di bombe ad alto potenziale esplosivo.
Dopo il feroce bombardamento, di Cassino non rimasero che macerie e crateri. Ma la tragedia conobbe fine soltanto diverse ore più tardi. Artiglieria, fanteria e carri armati passarono all’azione per distruggere anche quel poco che era rimasto in piedi.
Una valanga di ferocia esplosiva. Alla quale tuttavia, miracolosamente, rimasero risparmiate le mura della chiesa e la statua di Sant’Antonio da Padova collocata all’interno dell’edificio sacro. “L’intera zona venne rasa al suolo” ricorda oggi il parroco don Benedetto Minchella, come riporta l’Osservatore Romano, così la chiesa è stata subito considerata quasi “come una reliquia che, per oltre vent’anni, è stato anche l’unico luogo celebrativo nella Cassino che stava risorgendo dalle macerie”.
Celebrazioni che ancora oggi, ogni 10 settembre, si bagnano di commozione per il ricordo dell’inizio di quello stillicidio di bombardamenti. Ma la chiesa di Sant’Antonio da Padova si riempie anche il 13 giugno, memoria del santo francescano.
A vegliare sulla solenne processione in suo onore, dall’alto, il monastero di Montecassino, fondato da San Benedetto da Norcia, simbolo della rinascita della cristianità dopo la caduta dell’Impero Romano. Questi due grandi santi fanno della città di Cassino l’ambasciatrice di un messaggio di speranza: dalle rovine si può risorgere.

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Federico Cenci

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