Oggi sono quattro anni, da quando i cardinali in conclave nella Cappella Sistina del Vaticano hanno eletto il cardinale Jorge Mario Bergoglio SJ, Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), come successore di Pietro. Un’elezione nel segno della misericordia divina, tanto che il Papa stesso ha sancito questo proposito sul suo stemma papale. Un’elezione basata sul programma scelto dai cardinali elettori a seguito dell’intervento del cardinale argentino al “pre-conclave”. La scelta di un Papa è la scelta di Dio, ma i cardinali in preghiera sono anche guidati nel loro voto anche da questi accordi presi prima del conclave.
Pioggia e tripudio
Divenne così, all’età di 77 anni – è nato 17 Dicembre 1936 – il 266 ° Papa, primo Pontefice dal sud del mondo e del continente americano, primo Papa della Compagnia di Gesù, che ha preso il nome di Francesco, in riferimento a San Francesco d’Assisi e all’amore per la pace e per i poveri. A Roma non c’era stato nessun vescovo extra-europeo dai tempi del siro Gregorio III, nel secolo VIII.
Le telecamere di tutto il mondo si sono rivolte sul tetto del camino della Cappella Sistina, dove soltanto i gabbiani hanno occupato a lungo gli obiettivi. Poi il fumo bianco ha indicato che la seconda votazione del pomeriggio aveva portato alla elezione – la quinta votazione dei 115 cardinali – e una potente ovazione è salita da Piazza San Pietro, dove, nonostante la pioggia, la folla continuava ad arrivare. Il primo fumo martedì 12 marzo era nero, seguito da altri tre fumi neri mercoledì mattina e mercoledì pomeriggio.
Poi di notte, dalla loggia delle benedizioni, il cardinale francese Jean-Louis Tauran ha annunciato la “grande gioia”: “Habemus Papam! Ha quindi detto che si sarebbe chiamato Francesco. Francesco poi è comparso, in un primo momento silenzioso, tra gli applausi, mentre le fanfare intonavano l’inno del Vaticano.
Ai media, il nuovo Papa indicherà qualche giorno più tardi che “Francesco è l’uomo della pace e così è venuto il nome nel mio cuore: Francesco di Assisi che è per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato […] Nell’elezione io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche Prefetto emerito per la Congregazione per il clero, il card. Claudio Hummes, un grande amico. Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa lui mi confortava e quando i voti sono saliti ai due terzi, viene l’applauso consueto perché è stato eletto il Papa. Allora lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: ‘Non dimenticarti dei poveri’. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi subito in relazione ai poveri ho pensato a Francesco di Assisi, poi ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva fino a tutti i voti”.
Il suo primo messaggio – “Buona sera!” “Buona sera!” – e il suo modo di essere semplice ha conquistato rassicurato i romani, perché questo figlio di immigrati italiani ha parlato il linguaggio della sua diocesi. E la prima cosa che ha chiesto è stata una preghiera per il Papa emerito Benedetto XVI: il nuovo Vescovo di Roma ha pregato con la folla che applaudiva un Padre Nostro, un Ave Maria e un Gloria a Benedetto XVI. Ha segnato così il suo desiderio di continuità.
Il suo motto episcopale, sottolineando la misericordia di Dio in azione, sarà il suo motto papale “miserando atque eligendo“. Questa citazione proviene dalle Omelie di Beda il Venerabile. Commentando il racconto evangelico della vocazione di Matteo, egli scrive: “Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi”. Si tratta di una lettura della liturgia delle ore, nel giorno di San Matteo. Il Papa ha sentito la chiamata di Dio in questa festa, il 21 settembre 1953: aveva 16 anni.
Le prime parole, programmatiche
Ma ci sono altri messaggi programmatici nelle prime parole del Papa. Il cardinale argentino disse, appena eletto Vescovo di Roma: “Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo … ma siamo qui …”. Come primo atto, dicevamo prima, rivolse “una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca”.
Il Papa usa poi quello che sarà un leitmotiv del pontificato, una strada da fare insieme con un altro tema, quello della carità – declinato in fiducia, amore e fratellanza – e un terzo di evangelizzazione: “E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella!”.
E Papa Francesco, che continua a raccomandarsi alla preghiera dei fedeli, ha iniziato proprio così; chiedendo alla folla riunita di pregare per lui, chinandosi, e questo nuovo atteggiamento rappresenta il legame unico tra il Papa e la folla in silenzio: “E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me.”
Il cardinale Tauran ha poi annunciato la benedizione “Urbi et Orbi” sottolineando la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni stabilite dalla Chiesa. Il Papa ha introdotto la preghiera in latino con queste parole in italiano: “Adesso darò la Benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.
E, in un modo spontaneo e senza precedenti, il Papa ha parlato di nuovo dopo la benedizione, traboccante di gratitudine. Ha inoltre annunciato che sarebbe andato il giorno dopo ad affidare il suo pontificato alla Vergine Maria a Santa Maria Maggiore: “Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo!”.
Questi primi quattro anni di pontificato hanno costituito una marcia del Vescovo e del popolo di Dio nella preghiera, nella carità, nella fiducia, per costruire in tutto il mondo fraternità, sotto lo sguardo della Vergine Maria.
Così Jean-Louis di Vaissière nel suo recente libro “François dans la tempête” (Francesco nella tempesta) (Salvator, 2017): “Il papa argentino, perfettamente fedele al dogma, porta aria fresca nella Chiesa e cercando di attuare tutto ciò che nel Consiglio non è stato pienamente attuato. Dà il buon esempio con i gesti più che con le parole; egli ha un meraviglioso messaggio di speranza, quella di una Chiesa impegnata per i poveri, nella lotta per la vita di più di sette miliardi di persone”.
La scelta nel pre-conclave
Sapremo successivamente che nel corso del pre-conclave a cui hanno partecipato 161 cardinali tra elettori e non elettori, si era fatto strada il suo nome a seguito di un discorso che aveva tenuto in quell’assise. Il Cardinale Arcivescovo – oggi emerito – dell’Avana, Jaime Ortega, ha poi chiesto al cardinale Bergoglio se potesse leggere quello che ha detto. Bergoglio ha scritto così di suo pugno degli appunti da consegnare al suo collega cubano. Il quale, dopo l’elezione, ha chiesto al Papa di poterlo pubblicare.
Per il Cardinale Ortega è stato un discorso “magistrale, perspicace, accattivante e autentico” che riflette in quattro punti una valutazione della situazione della Chiesa.
Il coraggio e lo zelo per l’evangelizzazione. Egli ha affermato che “la Chiesa deve uscire da sé stessa e cercare le periferie”, non solo geografiche, ma anche umane ed esistenziali, si deve andare dal più piccolo, avvicinando le persone quando si manifestano il peccato, il dolore, l’ingiustizia e l’ignoranza.
Le “malattie” della Chiesa quando non evangelizza consistono nell’autoreferenzialità, nel “narcisismo teologico”, nello sguardo lontano dal mondo che “pretende di tenere Gesù Cristo, senza andare fuori”.
Chiede di fare un discernimento tra Chiesa evangelizzatrice, “quella del ‘Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans’ (la Chiesa che religiosamente ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio)”, e “la Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé”. Questo discernimento “deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza delle anime”.
Ultimo punto: “Pensando al prossimo Papa: un uomo che, attraverso la contemplazione di Gesù Cristo e l’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che la aiuti a essere la madre feconda che vive ‘della dolce e confortante gioia dell’evangelizzare'”.
Questo è il programma a cui si sono affidati gli elettori che hanno scelto Jorge Mario Bergoglio. E questa riforma, intrapresa sotto il segno della misericordia, come dimostra anche la sorpresa del Giubileo straordinario, ha trovato in lui un padre spirituale: egli ha voluto in qualche modo offrire alla Chiesa – e al mondo – la sua esperienza di misericordia che ha segnato la sua vocazione, lo ha accompagnato nelle tempeste della storia, facendo parte di lui come un’ancora di salvezza. Ogni cristiano – la gente e soprattutto i giovani, in vista del Sinodo loro dedicato nel 2018 – può a sua volta vivere la “misericordia” tutti i giorni. E l’unione tra misericordia ed evangelizzazione coinvolge anche i viaggi papali, compreso quello di Fatima, per il centenario delle apparizioni che si terrà a maggio prossimo.
Foto © Servizio fotografico - L'Osservatore Romano
13 marzo 2013: Papa Francesco, un'elezione nel segno della misericordia
Il programma di pontificato scelto dai cardinali nel Conclave