Trasfigurazione di Cristo, Giovanni Bellini - Wikimedia Commons

Mons. Follo: "Trasfigurazione per l’Esodo di Luce"

Lectio divina II Domenica di Quaresima – Anno A – 12 marzo 2017

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II Domenica di Quaresima – Anno A – 12 marzo 2017
Rito Romano
Gn 12,1-4a; Sal 32; 2 Tm 1,8b-10; Mt 17,1-9
Rito Ambrosiano
Es 20,2-24; Sal 18; Ef 1,15-23; Gv 4,5-42
Domenica della Samaritana
1) Trasfigurazione di Cristo
Domenica scorsa, la Liturgia quaresimale ci ha fatto rivivere il mistero delle tre tentazioni di Cristo nel deserto e della sua vittoria. In questa seconda Domenica di Quaresima ci è chiesto di capire che rivivere il mistero della vita di Cristo mediante la conversione, cioè facendo con il Redentore, nuovo Mosè, è un esodo di liberazione, una sorta di “viaggio di ritorno” non tanto fisico, dall’esilio dell’Egitto a Terra Santa, quanto spirituale, dall’esilio di falsità e di male – provocato dal peccato – alla verità e  alla bontà della Casa del Padre, “prodigo” di misericordia.
Nel racconto della Trasfigurazione Gesù è presentato come il nuovo Mosè che incontra Dio “su un alto monte” (Mt 17, 1) nella “nuvola luminosa” (Mt 17, 5), con il volto che brilla (Mt 17, 2). Anche Mosè incontra Dio nella nube sul monte Sinai (cfr. Es 24, 15-18), con il volto luminoso (cfr. Es 34, 29-35).  Mosè fu lo strumento, il collaboratore di Dio per la liberazione del popolo ebreo. Gesù Cristo non solo libera, ma trasfigura il popolo dei redenti.
Nella storia del Cristianesimo occidentale si è pensato all’avvento della salvezza più spesso in termini di liberazione che non di trasfigurazione. Tuttavia la liberazione portata da Gesù si realizza veramente solo nella trasfigurazione. Gesù lascia l’uomo con le sue debolezze e le sue sofferenze, la sua solitudine e la sua morte, ma trasfigura tutto ciò prendendolo su di sé e facendo della condizione umana più povera il segno stesso della prossimità di Dio al mondo
Sul Monte Tabor Gesù si trasfigura: le vesti candide e il volto splendente del Figlio di Dio ci rivelano che Gesù, anche se sta camminando verso la Croce, è in realtà il Signore, è il Risorto. La “Via  Crucis” che Gesù sta percorrendo nasconde un significato pasquale, perché, in effetti, è una “Via Lucis”. La Trasfigurazione che celebriamo oggi è, un anticipo caritatevole, ma fugace: la strada da percorrere è ancora quella della Croce. Infatti per sostenere lo spettacolo di debolezza di Cristo catturato nel Getsemani e crocifisso sul Calvario, gli Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni sono chiamati a vedere in anticipo la gloria di Gesù.
La gloria dell’Unigenito, l’Amato del Padre, era stata come velata, nascosta nel mistero della sua incarnazione. Lui, infatti, non considerò come un tesoro da custodire gelosamente la sua condizione di uguaglianza al Padre, ma umiliò se stesso (cfr. Fil 2). Nella trasfigurazione, quella gloria investe con tutta la sua forza l’umile umanità di Cristo e la rende piena dello splendore della sua divinità. Rivelando il suo Volto brillante come il sole, pieno di grazia e di verità ai tre discepoli “privilegiati”, Gesù li prepara al dramma di morte che precede la risurrezione.
Ma oltre che essere di sostegno per affrontare la passione e morte del Salvatore, rivelando l’identità di Gesù e l’esito finale, positivo, del suo cammino, il fatto della Trasfigurazione rivela anche l’identità del discepolo e il cammino che deve compiere colui, che vuole seguire Cristo. Anche la via del discepolo è diretta alla croce e la risurrezione.
La parola di Dio oggi ci introduce in una nuova dimensione della nostra partecipazione al mistero di Cristo: rivivere il mistero di Cristo, negativamente significa rinnegare noi stessi, il nostro egoismo, positivamente significa essere trasfigurati in Cristo e come Cristo.
Insomma, in questa seconda tappa del cammino penitenziale il Vangelo ci rivela il mistero della trasfigurazione di Cristo e della nostra trasfigurazione. In effetti, la Trasfigurazione é un evento che ci riguarda tutti: non solo perché noi dobbiamo assistere alla gloria del Figlio di Dio risorto da morte, ma perché noi siamo uno con il Cristo e la sua gloria investe anche noi, trasformando anche il nostro corpo, la nostra anima e soprattutto il nostro spirito. Giustamente la teologia ortodossa insegna che con la Trasfigurazione non cambia nulla in Cristo, ma cambia qualche cosa negli occhi degli apostoli, i quali finalmente vedono quello che il Cristo è sempre stato: il Figlio di Dio.
Oggi la Chiesa nella celebrazione del mistero della Trasfigurazione del Signore, ci mostra la meta a cui è orientato il nostro cammino penitenziale. Colla Trasfigurazione infatti “veniva dato fondamento alla speranza della santa Chiesa, in modo che l’intero corpo di Cristo potesse conoscere quale trasformazione gli sarebbe stata donata, e le membra potessero rendersi sicure di aver parte a quella bellezza che aveva rifulso nel capo” (S. Leone Magno, Sermone 38,3.4).
2) Trasfigurazione nostra: partecipi della bellezza di Cristo.
A questo punto nasce spontanea la domanda: “Come possiamo trasfigurarci come Cristo e far rifulgere in noi la Sua bellezza?  La risposta ci è data da San Paolo nella seconda lettura di questa Domenica. L’Apostolo delle Genti ci insegna che la nostra trasfigurazione in Cristo è possibile “in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose”. Il Cristo esercita in ciascuno di noi il potere che Egli possiede, di configurarci a Sé inviando in noi il suo Santo Spirito.
E’ Questi la forza intima che, abitando in noi, ci trasfigura in Cristo. Dunque, invochiamo lo Spirito Santo perché riempia i nostri cuori ed allontani da noi da tutto ciò che ci impedisce di essere pienamente trasfigurati in Cristo.
Non dimentichiamo, però, che è necessaria la nostra collaborazione, il consenso della nostra libertà all’azione trasfigurante, come già insegnava Sant’Agostino: “Chi ha fatto te senza te, non salva te senza te”.
E non dimentichiamo neppure di contemplare il “grande sacramento”, Gesù Cristo Signore trasfigurato, che durante la passione fu sfigurato. Lui è il “grande sacramento” non solo nel senso che opera la salvezza, ma perché, in primo luogo, Lui è lo splendore del Padre nella nostra umanità.
Poi con gli occhi “spirituali” contempliamo la bellezza splendente di Cristo, meditando questo verso di San Giovanni della Croce: In tua beltà a contemplarci andiamo”, che lo stesso Santo spiega così: “Comportiamoci in maniera tale da arrivare a specchiarci nella tua bellezza per mezzo della pratica dell’amore, vale a dire: siamo simili nella bellezza e sia la tua bellezza tale che, mirandoci scambievolmente, io appaia a te nella tua bellezza e tu mi veda in essa, il che avverrà trasformandomi nella tua bellezza. Così io vedrò te nella tua bellezza e tu me nella tua bellezza, e tu ti vedrai in me nella tua bellezza ed io mi vedrò in te nella tua bellezza. Che io sembri te nella tua bellezza e tu sembri me nella tua bellezza e la mia bellezza sia la tua e la tua sia la mia, così io sarò te nella tua bellezza e tu sarai me nella tua bellezza poiché la tua stessa bellezza sarà la mia”. (Giovanni della Croce, Cantico Spirituale, 35/3).
            3) Trasfigurate dall’amore.
Gesù è “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 44,3), ma è anche misteriosamente colui che “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53,2). Perché, dunque, è ragionevole guardare Cristo crocifisso? Perché la Croce ci mostra che la vera bellezza è l’amore di Dio che “sa trasfigurare anche l’oscuro mistero della morte nella luce irradiante della risurrezione” (Papa emerito Benedetto XVII). Per entrare nella vita eterna – allora – bisogna ascoltare Gesù seguendolo sulla via della croce. Ascoltarlo come fece Maria la Sempre Vergine, che diede la sua carne alla Parola.
Sul esempio della Madre del Redentore le vergini consacrate nel mondo dicono un sì totale a Cristo offrendo il loro corpo come tempio puro, come tenda per lo Sposo Gesù e “La sua piena adesione alla volontà del Padre rende la sua umanità trasparente alla gloria di Dio, che è l’Amore che trasfigura tutto” (Papa Francesco). Queste vergini ci sono di esempio nell’ascolto della sua Parola, che è custodita nella Bibbia. La vita di queste donne è anche una testimonianza di come si può ascoltare Cristo nei fatti della vita, cercando di leggere in essi il disegno della Provvidenza. Infine, testimoniano che  il loro amore verginale a Cristo non le separa dal mondo, ma le spinge ad ascoltarLo nei fratelli e nelle sorelle in umanità, specialmente nei piccoli e nei poveri, in cui Gesù stesso domanda l’amore concreto del cristiano. Infine, ci mostrano che ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce di Sposo è la via maestra, l’unica, che conduce alla pienezza dell’amore, che trasfigura e da gioia per sempre.
Lettura Patristica
Anastasio Sinaita, Hom. de Transfigurat.
La rivelazione del Tabor
Oggi sul monte Tabor Cristo ha ridato alle sue sembianze umane la beltà celeste. Perciò è cosa buona e giusta che io dica: “Quanto è terribile questo luogo! È davvero la casa di Dio, è la porta dei cieli” (Gn 28,17)…. Oggi, infatti, il Signore è veramente apparso sul monte. Oggi, la natura umana, già creata a somiglianza di Dio, ma oscurata dalle deformi figure degli idoli, è stata trasfigurata nell’antica bellezza fatta a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26). Oggi, sul monte, la natura, fuorviata dall’idolatria, è stata trasformata, rimanendo tuttavia la stessa, e ha cominciato a risplendere nel fulgore della divinità. Oggi, sul monte colui che un tempo fu vestito di squallidi e tristi abiti di pelli, di cui parla il libro della Gn (Gn 3,21), ha indossato la veste divina avvolgendosi di luce come di un manto (Ps 103,2). Oggi, sul monte Tabor, in modo del tutto misterioso, si è visto come sarà la vita futura nel regno del gaudio. Oggi, in modo mirabile si sono adunati sul monte, attorno a Dio, gli antichi precursori della Vecchia e della Nuova Alleanza, recando un mistero pieno di straordinari prodigi. Oggi, sul monte Tabor, si delinea il legno della Croce che con la morte dà la vita: come Cristo fu crocifisso tra due uomini sul monte Calvario, così è apparso pieno di maestà tra Mosè ed Elia.
E la festa odierna ci mostra ancora l’altro Sinai, monte quanto più prezioso del Sinai, grazie ai prodigi e agli eventi che vi si svolsero: lì l’apparizione della Divinità oltrepassa le visioni che per quanto divine erano ancora espresse in immagini ed oscure. E così, come sul Sinai le immagini furono abbozzate mostrando il futuro, così sul Tabor splende ormai la verità. Lì regna l’oscurità, qui il sole; lì le tenebre, qui una nube luminosa. Da una parte il Decalogo, dall’altra il Verbo, eterno su ogni altra parola… La montagna del Sinai non aprì a Mosè la Terra Promessa, ma il Tabor l’ha condotto nella terra che costituisce la Promessa.
Nerses Snorhali
Jesus, 492-493
La Trasfigurazione (Mt 17,1-8)
 
Tu che hai manifestato la tua Divinità
Ai discepoli tuoi sulla montagna,
E del Padre hai mostrato l’ineffabil gloria
Sfolgorante ai loro occhi,
 
Purifica così il mio oscuro spirito
E i sensi miei sì tenebrosi,
Perché chiaramente al luogo della Parusia
Saziarmi lo possa di tua divina Gloria!

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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