“Guardare indietro è d’aiuto e quanto mai necessario per purificare la memoria, ma fissarsi sul passato, attardandosi a ricordare i torti subiti e fatti e giudicando con parametri solo umani, può paralizzare e impedire di vivere il presente”. Per Francesco la memoria è una risorsa e non un ostacolo al dialogo ecumenico.
“Una autentica riconciliazione tra cristiani potrà realizzarsi quando saremo capaci di imparare gli uni dagli altri, senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi”, dice il Papa ai rappresentanti delle Chiese e comunità ecclesiali di Roma riuniti nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per i Vespri della Solennità della conversione di San Paolo apostolo, a conclusione della 50esima Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.
Nell’omelia del Vescovo di Roma c’è anzitutto la gratitudine per la “testimonianza eroica” di tanti fratelli e sorelle “uniti ieri e oggi nel soffrire per il nome di Gesù”. Poi la soddisfazione per il “notevole traguardo” raggiunto a Lund, in Svezia, nel novembre scorso con la comune commemorazione del quinto centenario della Riforma protestante. “Il fatto che oggi cattolici e luterani possano ricordare insieme un evento che ha diviso i cristiani, e lo facciano con speranza, ponendo l’accento su Gesù e sulla sua opera di riconciliazione, è un traguardo notevole, raggiunto grazie a Dio e alla preghiera, attraverso cinquant’anni di conoscenza reciproca e di dialogo ecumenico”, afferma il Papa.
Soffermandosi poi sul tema di ispirazione paolina per la Settimana di Preghiera “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione”, e traendo spunto dalla conversione dell’Apostolo di Tarso, evidenzia che: “La riconciliazione verso cui siamo spinti non è semplicemente nostra iniziativa: è in primo luogo la riconciliazione che Dio ci offre in Cristo. Prima di essere uno sforzo umano di credenti che cercano di superare le loro divisioni, è un dono gratuito di Dio”. Come effetto di questo dono, “la persona, perdonata e amata, è chiamata a sua volta a proclamare il Vangelo della riconciliazione in parole e opere”, a vivere e testimoniare “un’esistenza riconciliata”, sottolinea Bergoglio. Ma in questa prospettiva “come proclamare questo Vangelo di riconciliazione dopo secoli di divisioni?”, domanda.
È sempre Paolo ad indicare la strada, affermando che “la riconciliazione in Cristo non può avvenire senza sacrificio. Gesù ha dato la sua vita, morendo per tutti. Similmente, gli ambasciatori di riconciliazione sono chiamati, nel suo nome, a dare la vita, a non vivere più per sé stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Come Gesù insegna, è solo quando perdiamo la vita per amore suo che la guadagniamo davvero”. È la rivoluzione che Paolo ha vissuto, ma è la rivoluzione cristiana di sempre: “Non vivere più per noi stessi, per i nostri interessi e ritorni di immagine, ma ad immagine di Cristo, per lui e secondo lui, col suo amore e nel suo amore”, rimarca Francesco.
Dunque una ricchezza per la Chiesa e per ogni confessione cristiana che si traduce nell’invito “a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento, ma a cercare la via guardando sempre alla croce del Signore”. “Sta lì il nostro programma di vita”, afferma il Papa. È una spinta “ad uscire da ogni isolamento, a superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che impedisce di cogliere ciò che lo Spirito Santo opera al di fuori dei propri spazi”.
Solo “quando sapremo riconoscere i doni gli uni degli altri e saremo capaci, con umiltà e docilità, di imparare gli uni dagli altri, senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi” si potrà realizzare un’autentica riconciliazione tra i cristiani, ammonisce Papa Bergoglio. “Se viviamo questo morire a noi stessi per Gesù, il nostro vecchio stile di vita viene relegato al passato e, come è accaduto a San Paolo, entriamo in una nuova forma di esistenza e di comunione”.
Bisogna allora lasciarsi il passato alle spalle e seguire Cristo nell’oggi per vivere una vita nuova. “Permettiamo a Colui che fa nuove tutte le cose di orientarci a un avvenire nuovo, aperto alla speranza che non delude, un avvenire in cui le divisioni si potranno superare e i credenti, rinnovati nell’amore, saranno pienamente e visibilmente uniti”, è l’esortazione del Papa.
Che, tra i canti del coro anglicano di Westminster Abbey e dei cantori della Cappella Pontificia Sistina, fa sue le parole di Gesù prima della Passione: “Perché tutti siano una sola cosa”. “Non stanchiamoci mai di chiedere a Dio questo dono”, incoraggia il Pontefice. “Nella paziente e fiduciosa attesa che il Padre conceda a tutti i credenti il bene della piena comunione visibile, andiamo avanti nel nostro cammino di riconciliazione e di dialogo”, incoraggiati dalla “testimonianza eroica” dei martiri. “Approfittiamo di ogni occasione – prega il Papa – che la Provvidenza ci offre per pregare insieme, per annunciare insieme, per amare e servire insieme, soprattutto chi è più povero e trascurato”.