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Siria, verso i colloqui di pace di Astana

La conferenza internazionale è promossa da Russia, Iran e Turchia, paesi che hanno svolto un ruolo importante negli ultimi sei anni di guerra. Al centro dei colloqui il rafforzamento del “cessate il fuoco”

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Si apre domani ad Astana, in Kazakhstan, la conferenza internazionale sulla Siria promossa da Russia e Iran, alleati di Damasco, e la Turchia, schierata invece con la maggior parte dei ribelli. Gli organizzatori hanno accettato l’offerta fatta a metà dicembre dal presidente kazaco Nursultan Nazarbayev, che aveva dato la sua disponibilità a ospitare i colloqui di pace tra le fazioni siriane.
All’incontro – che precede i negoziati in programma per l’8 febbraio a Ginevra – sarà presente l’inviato speciale dell’Onu per la Siria Staffan de Mistura, per gli Stati Uniti che hanno declinato l’invito a partecipare sarà presente solo l’ambasciatore Usa in Kazakistan. Non ci saranno Arabia Saudita e Qatar, fino ad ora principali sostenitori di diversi gruppi di insorti. Sarà nutrita la delegazione del presidente siriano Assad guidata dal negoziatore al Jaafari; ampia anche la rappresentanza dei ribelli ma non saranno presenti i vertici dell’Alto comitato per i negoziati. Ovviamente assenti i jihadisti dell’Isis e gli ex qaedisti di quello che era Fronte al-Nusra.

Si tratta, quindi, di un “passo importante” come ha detto l’Onu, nonostante la distanza tra le posizioni e le richieste delle due parti. Il faccia a faccia, atteso da anni, è infatti pieno di incertezze. I colloqui – che si dovrebbero protrarre per due giorni – non coinvolgeranno i ministri degli Esteri dei Paesi partecipanti, ma si svolgeranno tra rappresentanti di livello minore riguardo a questioni essenzialmente militari, non politiche.
Al centro c’è il rafforzamento del “cessate il fuoco” entrato in vigore il 30 dicembre 2016, auspicato anche dal presidente Assad. In generale – spiega l’agenzia Reuters – il governo siriano privilegia le intese locali per pacificare le aree ribelli, perché in sostanza questi accordi consistono nella resa di un determinato gruppo, a cui viene chiesto di consegnare le armi in cambio di un’amnistia. Le opposizioni guardano infatti ad una soluzione della crisi con l’uscita di scena di Assad, una posizione che la Turchia ha definito “irrealistica”.

 

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ZENIT Staff

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