Accadeva duemila anni fa ai tempi di Paolo e Timoteo; accadeva ai tempi di San Domenico Guzmán; accade oggi: la vita si muove in mezzo a “due scenari umani opposti”, “il carnevale della curiosità mondana” e “la glorificazione del Padre mediante le opere buone”. Una di queste è l’Ordine dei Frati predicatori, più comunemente conosciuti come domenicani, che Francesco, celebrandone il Giubileo per gli 800 anni della fondazione a San Giovanni in Laterano, esalta come “un’opera che ha aiutato, uomini e donne, a non disperdersi nella superficialità mondana, ma a sentire il gusto del Vangelo”.
In mezzo a un drappello di frati, vestiti con la tradizionale tonaca e scapolare bianchi e cappa e mantello neri, Bergoglio vuole pertanto “rendere gloria al Padre” per questi otto secoli da quel 21 gennaio 1217, quando con una Bolla pontificia Papa Onorio III confermava definitivamente in seno alla Chiesa cattolica la nascita dell’ordine dello spagnolo San Domenico di Guzmán.
In questi decenni i domenicani si sono confermati come “Uu’opera al servizio del Vangelo, predicato con la parola e con la vita; un’opera che, con la grazia dello Spirito Santo, ha fatto sì che tanti uomini e donne siano stati aiutati a non disperdersi in mezzo al ‘carnevale’ della curiosità mondana, ma invece abbiano sentito il gusto della sana dottrina, il gusto del Vangelo, e siano diventati, a loro volta, luce e sale, artigiani di opere buone…”. “Veri fratelli e sorelle – evidenzia il Pontefice – che glorificano Dio e insegnano a glorificare Dio con le buone opere della vita”.
Oggi questa missione della famiglia domenicana – riunita nei giorni scorsi in un Convegno internazionale – può e deve continuare, specie in una società che risulta essere (parafrasando Bauman) sempre più “liquida”. Una società “senza punti fissi, scardinata, sbullonata, priva di riferimenti solidi e stabili; nella cultura dell’effimero, dell’usa-e-getta”, osserva il Papa.
Uno scenario che si è indubbiamente “sviluppato e globalizzato” ai giorni nostri “a causa della seduzione del relativismo soggettivista”, ma che già due millenni fa si presentava agli occhi degli apostoli del Vangelo. San Paolo avvertiva infatti Timoteo di dover annunciare il Vangelo “in mezzo a un contesto dove la gente cerca sempre nuovi ‘maestri’, ‘favole’, dottrine diverse, ideologie… Prurientes auribus”. “È il ‘carnevale’ della curiosità mondana, della seduzione”, dice Francesco. E l’Apostolo istruiva il suo discepolo usando anche dei “verbi forti”, come “‘insisti’, ‘ammonisci’, ‘rimprovera’, ‘esorta’, e poi ‘vigila’, ‘sopporta le sofferenze'”. Il tutto per contrastare quella “tendenza alla ricerca di novità propria dell’essere umano” che “trova l’ambiente ideale nella società dell’apparire, nel consumo, in cui spesso si riciclano cose vecchie, ma l’importante è farle apparire come nuove, attraenti, accattivanti”.
“Anche la verità è truccata”, riflette Bergoglio. “Di fronte a questo ‘carnevale’ mondano – sottolinea – risalta nettamente lo scenario opposto, che troviamo nelle parole di Gesù appena ascoltate: ‘Rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Ma, domanda il Pontefice, “come avviene questo passaggio dalla superficialità pseudo-festosa alla glorificazione?”. Avviene grazie alle “opere buone” di coloro che, divenuti discepoli di Cristo, si sono fatti “sale” e “luce” per il mondo.
“In mezzo al carnevale di ieri e di oggi, questa è la risposta di Gesù e della Chiesa, questo è l’appoggio solido in mezzo all’ambiente liquido”, afferma Papa Francesco, “le opere buone che possiamo compiere grazie a Cristo e al suo Santo Spirito, e che fanno nascere nel cuore il ringraziamento a Dio Padre, la lode, o almeno la meraviglia e la domanda: perché? Perché quella persona si comporta così?… L’inquietudine del mondo di fronte alla testimonianza del Vangelo”.
Ma affinché accada questa “scossa” è necessario che “il sale non perda il sapore e la luce non si nasconda”. Gesù lo dice chiaramente: “Se il sale perde il sapore non serve più a niente”. E Francesco lo ribadisce con medesimo vigore: “Guai al sale che perde il sapore! Guai a una Chiesa che perde il sapore! Guai a un prete, a un consacrato, a una congregazione che perde il sapore!”.