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Gb. Il gender avanza a scuola, ma i genitori insorgono

Petizione di protesta all’indirizzo di una scuola che ha istituito bagni unisex, ultima stravaganza dopo le divise “gender neutral” e il termine neutro “pupils” per chiamare gli alunni

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La nuova frontiera dell’ideologia gender passa per i gabinetti. Anche per quelli delle scuole elementari. Ultima testimonianza in tal senso giunge da Londra, dove ha suscitato polemiche la scelta di un istituto scolastico, la Buxton School, di allestire solo bagni unisex nel nuovo edificio che ospiterà la scuola, i cui lavori sono costati alla collettività circa 12milioni di sterline.
Furiosi i genitori degli alunni, i quali hanno dato avvio a una petizione di protesta che in poche ore ha raggiunto quasi 800 adesioni. La mobilitazione finora non ha però scalfito la preside, convinta della bontà di questa scelta innovativa.
La donna è dell’avviso – come riporta la stampa locale – che prevedere bagni senza distinzioni in base al sesso significa concepire all’interno della scuola “uno spazio sano” in cui “gli allievi possano dare e ricevere rispetto a prescindere dalle diversità”. Ha inoltre sottolineato come questa scelta coincide con i regolamenti del Dipartimento di Stato all’Educazione e con quelli del Waltham Forest Council, ossia il locale municipio londinese.
Le parole della preside sono state, tuttavia, la classica “toppa peggio del buco”. Incontenibili sulla Rete le reazioni dei genitori. C’è qualcuno, “totalmente disgustato”, che fa notare che “ci sono già tanti abusi e questa scelta peggiorerà la situazione. Se dovesse accadere qualcosa, la preside ed altri collaboratori saranno pienamente responsabili”.
Un altro genitore sostiene che al giorno d’oggi sembra che la “privacy sia stata messa fuori dalla finestra” e avverte che la presenza di bagni unisex provocherà disagio nei bambini. “Altro che rispetto reciproco, i bambini saranno divorati dalla vergogna – gli fa eco un altro genitore – dalla paura di essere visti in una fase delicatissima dello sviluppo della loro personalità”.
La scuola ha agito arbitrariamente, senza consultare prima i genitori, denuncia un altro: “Sono turbato dal fatto che la scuola non abbia avuto nemmeno la decenza di consultarsi con i genitori dei bambini, questa scelta è stata per me uno choc quando mi è stata comunicata da una madre”.
Le perplessità di questi genitori stanno avendo una risonanza al di fuori dei confini locali imponendosi finanche nel dibattito pubblico nazionale. La questione ha trovato spazio sulle colonne dell’Indipendent e la petizione sta iniziando ad essere firmata anche da genitori che non mandano i figli in quell’istituto, ma i quali esprimono solidarietà in quanto temono che debbano presto confrontarsi con realtà simili anche loro.
Del resto la Gran Bretagna si conferma un vero e proprio laboratorio sociale dell’ideologia gender, in cui le “cavie” sono i più piccoli. Va ricordato che la Girls Schools Association, che riunisce presidi britannici, nel giugno scorso ha diffuso un documento nel quale si invitano gli insegnanti a usare il termine neutro “pupils” per chiamare studenti e studentesse, nonché, per l’appunto, a istituire bagni unisex.
Sempre nella stessa direzione si colloca l’indicazione del Governo ad introdurre divise “gender neutral”, consentendo agli studenti di scegliere gonna o pantaloni indipendentemente dal proprio sesso biologico.
Quelle che avvengono nelle scuole pubbliche britanniche sono ripercussioni di una tendenza culturale che sembra trionfare in Gran Bretagna. Ne dà prova il fatto che che dal 2014 il Sistema sanitario britannico copre i costi della somministrazione di farmaci per ritardare la pubertà a bambini di nove anni che soffrono di “disforia di genere”. In soli nove mesi del 2015, sono stati spesi 2,6milioni di sterline di soldi pubblici a tal proposito. A quanto pare però, molti genitori non vogliono rassegnarsi.

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Federico Cenci

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