World War I

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“Inutile strage”: i cattolici durante la Prima Guerra Mondiale

Il volume, edito da LEV e a cura di Lorenzo Botrugno, illustra l’operato per la pace della Santa Sede e del mondo cattolico fra il 1914 e il 1918

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Nell’agosto del 1917 gli eserciti delle maggiori potenze europee si stavano affrontando nell’orribile bagno di sangue della Prima Guerra Mondiale. L’esito del conflitto era ancora incerto. Chiare invece erano le proporzioni di una strage come poche nella storia, una strage che fu definita inutile da Papa Benedetto XV in una celebre lettera inviata ai governi dei Paesi belligeranti. Un tentativo estremo di fermare il conflitto, un messaggio che rimase inascoltato. Un atto simbolo della posizione neutrale e pacifista assunta dalla Santa Sede e dal mondo cattolico prima e durante la Grande Guerra.
Nel 2014, in occasione del centenario dello scoppio di quel terribile conflitto, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche aveva organizzato un convegno internazionale per approfondire il ruolo del Vaticano e dei cattolici in quegli anni così difficili. I saggi e gli interventi di storici provenienti da diversi Paesi sono stati raccolti in un volume curato da Lorenzo Botrugno ed edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev): “Inutile strage”. I cattolici e la Santa Sede nella Prima Guerra Mondiale. Il libro è stato presentato a Roma nella Sala del Refettorio nel convento di Trinità dei Monti. Sono intervenuti il professor Fabrice Jesnè, direttore degli studi sull’epoca moderna e contemporanea presso l’Ecole Francaise de Rome, e il professor Kiril Plamen Kartaloff dell’Accademia Bulgara delle Scienze di Sofia, collaboratore del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Il dibattito è stato condotto da Padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, e introdotto dai saluti dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e di don Giuseppe Costa, direttore della Lev.
“Il volume – ha dichiarato Jesnè – beneficia dei contributi di una dozzina di tradizioni storiografiche diverse, tutte accomunate dallo studio della Chiesa come organismo universale e sovranazionale. Come fonti utilizza molti documenti provenienti dall’Archivio Segreto Vaticano e dai grandi giornali cattolici, ma anche bollettini parrocchiali, cronache di singoli sacerdoti e cappellani, fino alle lettere dei combattenti stessi. Spazia quindi dai palazzi della diplomazia vaticana al fango delle trincee”.
Secondo lo storico francese, il libro mostra chiaramente il contrasto fra gli Stati nazionali, che portavano avanti le loro politiche nazionaliste, e l’impegno internazionale pacifista della Santa Sede. “Il Vaticano – ha precisato Jesnè – inizialmente aveva simpatie per l’Impero Austro-Ungarico che rappresentava il vecchio modello di monarchia cattolica e incarnava un modello di società più tradizionale. Ma questo non ostacolò il successivo atteggiamento imparziale della diplomazia vaticana. La Santa Sede operò per portare aiuto a tutte le popolazioni colpite dalla guerra e in questo anticipò i principi di pacifismo e cooperazione internazionale che si affermeranno con l’Onu qualche decennio più tardi”.
Padre Ardura ha invece ricordato come “l’appello alla pace di Benedetto XV arrivò in un momento in cui tutti i contendenti speravano ancora di vincere e ogni invito alla pace poteva essere considerato un tradimento”. E infatti l’esortazione papale, oltre a rimanere inascoltata, non fu ben accolta. In Francia il Pontefice fu definito il Papa tedesco e in Germania il Papa francese. In Italia ci fu chi parlò di Maledetto XV.
Il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha inoltre evidenziato come la Prima Guerra Mondiale abbia modificato per sempre la geografia monastica di alcuni luoghi: prendendo come esempio la regione francese di Verdun, dove si combatté una delle battaglie più importanti e sanguinose del conflitto, ha spiegato come “gli ordini religiosi locali abbandonarono la zona durante la guerra e non vi fecero più ritorno”.
Ha infine preso la parola Kartaloff secondo cui il volume “illustra molto bene l’operato della diplomazia vaticana e dei cattolici nei Paesi coinvolti nella Prima Guerra Mondiale, riafferma la posizione di totale imparzialità della Chiesa nel corso del conflitto, un atteggiamento che sarebbe stato linea guida nei successivi eventi bellici, e dimostra come l’inutile strage sia stata paradossalmente utile alla Santa Sede per riacquisire un ruolo centrale sulla scena internazionale dopo la perdita del potere temporale nel 1870”. “Prima del 1914 – ha spiegato il professore bulgaro – la Chiesa cattolica era percepita, a livello internazionale, quasi come una federazione di Chiese nazionali soggette alle scelte politiche dei rispettivi Stati. La guerra invece ne riafferma la posizione indipendente dalle scelte politiche delle singole nazioni”.
Il professore bulgaro ha poi concluso spiegando che “nel libro viene dato molto spazio anche all’operato del clero delle altre confessioni cristiane e al ruolo delle donne, cattoliche e non, che aiutarono gli uomini sui fronti di guerra o li sostituirono sul posto di lavoro”. Donne che, per la prima volta presero in mano i destini lavorativi delle proprie famiglie, “dando il via ad un’importante rivoluzione sociale e di emancipazione femminile”.

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Alessandro de Vecchi

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