È stato firmato lo scorso sabato 12 novembre, a L’Avana, Cuba, un nuovo accordo di pace tra il Governo della Colombia e il gruppo guerrigliero Farc-Ep, a soli 40 giorni dalla bocciatura del precedente accordo da parte dei colombiani, in occasione del referendum confermativo. L’accordo, ha messo in evidenza il presidente colombiano Juan Manuel Santos, contiene modifiche a 57 punti sui 58 nei quali già si articolava il precedente testo.
In particolare – spiega il Sir – è previsto che non tutte le parti dell’accordo vengano incorporate nella Costituzione, limitazioni territoriali per gli ex guerriglieri che beneficeranno della giustizia transazionale, nuovi criteri per la partecipazione politica delle Farc, l’esclusione di giudici stranieri dal Tribunale speciale, chiarimenti riguardo al fatto che non siano contenuti riferimenti all’ideologia gender nel testo dell’accordo.
Il capo negoziatore del Governo colombiano, Humberto de la Calle, ha messo in evidenza che questo “è un accordo migliore” rispetto a quello firmato il 26 settembre a Cartagena, maggiormente condiviso e attento alle ragioni di chi ha votato no. Tuttavia l’ex presidente Alvaro Uribe, leader del fronte del no, ha chiesto che la firma non sia resa definitiva, affinché il comitato del no e i rappresentanti delle vittime possano far pervenire in tempi brevi ulteriori controproposte.
Da parte sua la Conferenza Episcopale colombiana non ha ancora espresso valutazioni ufficiali; tuttavia, il presidente mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja, in un’intervista all’emittente radiofonica Rcn, ha affermato: “È importante arrivare a una firma definitiva, si tratta di una grande sfida per la Colombia, spero che i sentimenti di molti non offuschino la ragione”.
Secondo il presule è importante che la pace non diventi una questione politica, nella convinzione che l’accordo sia un’opportunità per conoscere la verità. “Mi ha impressionato – ha concluso – la convinzione della guerriglia di dire la verità, quando li ho incontrati nei giorni scorsi”.
In particolare – spiega il Sir – è previsto che non tutte le parti dell’accordo vengano incorporate nella Costituzione, limitazioni territoriali per gli ex guerriglieri che beneficeranno della giustizia transazionale, nuovi criteri per la partecipazione politica delle Farc, l’esclusione di giudici stranieri dal Tribunale speciale, chiarimenti riguardo al fatto che non siano contenuti riferimenti all’ideologia gender nel testo dell’accordo.
Il capo negoziatore del Governo colombiano, Humberto de la Calle, ha messo in evidenza che questo “è un accordo migliore” rispetto a quello firmato il 26 settembre a Cartagena, maggiormente condiviso e attento alle ragioni di chi ha votato no. Tuttavia l’ex presidente Alvaro Uribe, leader del fronte del no, ha chiesto che la firma non sia resa definitiva, affinché il comitato del no e i rappresentanti delle vittime possano far pervenire in tempi brevi ulteriori controproposte.
Da parte sua la Conferenza Episcopale colombiana non ha ancora espresso valutazioni ufficiali; tuttavia, il presidente mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja, in un’intervista all’emittente radiofonica Rcn, ha affermato: “È importante arrivare a una firma definitiva, si tratta di una grande sfida per la Colombia, spero che i sentimenti di molti non offuschino la ragione”.
Secondo il presule è importante che la pace non diventi una questione politica, nella convinzione che l’accordo sia un’opportunità per conoscere la verità. “Mi ha impressionato – ha concluso – la convinzione della guerriglia di dire la verità, quando li ho incontrati nei giorni scorsi”.