Foto: Niedziela - Mariusz Frukacz

Polonia. L’arcivescovo caldeo di Erbil in pellegrinaggio a Jasna Góra

Mons. Bashar Matti Warda manifesta speranza per un ritorno dei cristiani nel Medio Oriente martoriato dalla guerra e ringrazia la Chiesa polacca

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La pace per l’Iraq è il tema della VIII Giornata di solidarietà con la Chiesa perseguitata, celebrata in Polonia domenica 13 novembre. L’iniziativa è stata organizzata dalla sezione polacca di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). In questa occasione è giunto in Polonia l’arcivescovo caldeo di Erbil, monsignor Bashar Matti Warda, accompagnato da don Waldemar Cislo, responsabile della sezione polacca di Acs. Durante il suo soggiorno in Polonia, monsignor Warda si è recato in pellegrinaggio a Jasna Gora, dove ha preso parte alla preghiera mariana “Appello di Jasna Gora”, ha celebrato la Santa Messa nel Santuario della Divina Misericordia a Cracovia-Lagiewniki e si è incontrato con i rappresentanti dell’Episcopato Polacco. In questa occasione la tv Niedziela e ZENIT hanno intervistato il presule iracheno sulla situazione dei cristiani in Iraq.
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Eccellenza, qual è la situazione attuale dei cristiani in Iraq?
L’Iraq è un paese sul cui territorio si sta combattendo una guerra totale. Il governo iracheno sta cercando di liberare Mosul, combattendo l’Isis. Attualmente, i cristiani e gli yazidi sono in qualche modo intrappolati tra le forze che si combattono tra di loro. Va sottolineato che, in particolare negli ultimi 15 anni, la situazione è diventata assai drammatica per i cristiani. Tutto è iniziato con rapimenti, estorsioni e tutti i possibili atti di terrorismo e ha finito per mettere in fuga i cristiani da Baghdad e da Mosul. Il momento più drammatico sono stati gli ultimi due anni. L’ISIS ha occupato a Mosul e, con atti di terrorismo, ha costretto i cristiani a lasciare le loro case. La situazione più drammatica per noi è stata quando quasi 120mila cristiani di Mosul e delle zone circostanti hanno dovuto lasciare le loro case e sono venuti a Dahuk e ad Erbil. La Chiesa stessa ha dovuto affrontare un compito difficile, fornendo loro cibo e alloggio. Queste persone hanno bisogno di medicinali e vestiti e, grazie a organizzazioni come Aiuto alla Chiesa che Soffre e agli episcopati di molti paesi, abbiamo innanzitutto dato loro un rifugio.
Recentemente è iniziato il processo di liberazione di Mosul e dei villaggi della zona. Quando siamo entrati nei villaggi, abbiamo visto le case e le chiese che venivano bruciate, distrutte. Esse sono state distrutte in odio al cristianesimo e, per questo, la situazione è molto difficile e triste. Ecco perché, oggi, quando chiediamo ai cristiani se vogliono tornare a casa, ci troviamo di fronte a sfide diverse, perché i cristiani vivono come profughi, senza alcuna certezza per il futuro, in condizioni molto difficili. Hanno paura di uno Stato islamico e temono che quella situazione si ripeta. Ricordiamo che quello che è successo in Iraq, è stato un genocidio. Cristiani e Yazidi sono stati uccisi a causa della loro fede.
In Iraq, 15 anni fa, c’erano 1,5 milioni di cristiani. Com’è la situazione oggi?
A causa di rapimenti, persecuzioni, atti di terrorismo, molti cristiani sono fuggiti e oggi in Iraq ne rimangono circa 250 mila. Molti di loro stanno cercando di fuggire in Libano o in Turchia.
Durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia, una giovane ragazza di Aleppo, ha detto ai media che se si vuole aiutare i cristiani in Medio Oriente, bisogna aiutarli dove vivono. Come valuta la decisione del governo del Canada e di altri paesi che vogliono accogliere i rifugiati?
Naturalmente, per molti paesi accettare i rifugiati è un dovere, perché i rifugiati sono persone che fuggono dalla guerra, quindi, così, si salva loro la vita. Vediamo ogni giorno sui media i bambini che non smettono di piangere. Naturalmente, con dolore, accettiamo il fatto che i cristiani fuggono dall’Iraq, ma rispettiamo la loro scelta, perché hanno il pieno diritto di farlo, per proteggere le loro vite. Il diritto a emigrare è un diritto umano. Come Chiesa in Iraq, facciamo di tutto per soddisfare i bisogni fondamentali delle persone sofferenti perché hanno voluto rimanere nella loro terra d’origine. Questo aiuto è ancora necessario. Sarebbe una gioia per noi sei i cristiani potessero rimanere nella loro patria. Incoraggiamo i nostri fedeli a rimanere in Iraq, perché lì è la nostra patria, la nostra storia. Ricordiamo l’appello di Benedetto XVI, in Libano, ai cristiani, perché rimanessero in Medio Oriente, perché il Medio Oriente senza cristiani non sarà lo stesso. Il nostro compito è quello di costruire la pace.
Di che tipo di aiuto hanno bisogno i cristiani in Iraq?
I cristiani hanno bisogno del sostegno materiale per ricostruire le case per le loro famiglie. Ogni mese offriamo consulenze mediche per circa per 3mila persone. Abbiamo ancora bisogno di farmaci. Naturalmente, è necessaria un’azione concreta da parte della politica perché finalmente cessino la violenza e la crudeltà in Medio Oriente. In questo momento vorrei ringraziare la Chiesa in Polonia per tutto l’aiuto datoci, per la raccolta di fondi, per gli aiuti materiali ma anche per le vostre preghiere e il sostegno spirituale. Non dimenticatevi mai di noi.
Quali sentimenti l’hanno accompagnata durante il soggiorno a Jasna Góra?
Noi crediamo che la Madre di Dio, che ha sperimentato la fuga in Egitto, quindi il destino dei rifugiati, otterrà per noi da Suo Figlio tutte le grazie per i rifugiati e i cristiani in Medio Oriente. Chi può capire meglio la situazione dei suoi figli, se non la Madre che ha sperimentato un simile destino?
 

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Mariusz Frukacz

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