La cultura della security per la tutela del patrimonio storico

La salvezza delle opere d’arte è patrimonio della civiltà umana. La Fondazione Hruby promuove le nuove tecnologie per la difesa dei nostri beni culturali

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Il furto di opere d’arte è una vera e propria piaga sociale che alimenta un mercato sommerso di miliardi di euro. Spesso si tratta di furti su commissione, che vengono messi a segno all’interno di strutture museali, producendo un danno per l’intera collettività che viene privata di un patrimonio culturale unico e irripetibile.
Tra i dipinti che sono stati oggetto di furti clamorosi nel nuovo millennio, possiamo citare: un Autoritratto di Rembrandt, rubato nel 2000 dal Museo Nazionale di Stoccolma e mai più ritrovato; la Madonna dei Fusi di Leonardo da Vinci, rubato nel 2003 dal Castello di Drumlanrig in Scozia e ritrovato quattro anni più tardi negli uffici di uno studio legale di Glasgow; il celeberrimo Urlo di Munch, sottratto nel 2004 dal Museo Munch di Oslo e poi, per fortuna, anch’esso recuperato.
Per restare all’Italia, possiamo ricordare l’episodio più recente e drammatico: il furto perpetrato nel novembre 2015 ai danni dal Museo Civico di Castelvecchio (Verona), dove sono state trafugate 17 opere di grande valore (tra cui dipinti del Tintoretto, Rubens e Mantegna) per un valore stimato tra i 10 e i 15 milioni di euro.
Chiaramente si tratta di opere che, per la loro notorietà, risultano invendibili attraverso i normali canali del commercio d’arte, ma l’origine del furto può essere ricondotta a motivazioni diverse: una richiesta di riscatto, oppure il cinismo di qualche ricco e spregiudicato collezionista che vuole adornare il suo salotto in uno sfoggio di potenza.
Ultimamente, poi, si è aggiunto un altro fattore di rischio: quello dei gruppi jihadisti, per i quali i beni culturali sono obiettivi di interesse strategico, come dimostrano i criminali attacchi portati a celebri monumenti, come il sito archeologico della città siriana di Palmira, famosa per i suoi templi religiosi.
È evidente che, in uno scenario di questo genere, l’Italia, in quanto detentrice del più grande patrimonio culturale al mondo, si trova esposta a nuove minacce, con la necessità di approntare adeguate difese per proteggere i nostri beni artistici e architettonici.
È stato appunto questo l’argomento della tavola rotonda L’identità ferita, svoltasi presso il Teatro Niccolini di Firenze l’11 novembre scorso. Un appuntamento organizzato dalla Fondazione Enzo Hruby di Milano, da anni impegnata per sostenere la protezione del patrimonio culturale italiano contro furti, sottrazioni, danneggiamenti e vandalismi, attraverso l’impiego delle tecnologie di sicurezza più avanzate e moderne.
Dopo il saluto di Enzo Hruby che, negli anni Sessanta, introdusse per primo la sicurezza elettronica in Italia e che oggi presiede la Fondazione omonima, sono intervenuti: Lanfranco Disibio, comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Firenze; Carlo Hruby, vicepresidente della Fondazione Enzo Hruby; Andrea Margelletti, presidente del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali. L’incontro è stato moderato da Armando Torno, editorialista del Sole24Ore.
“Siamo a Firenze, città simbolo dell’arte, per parlare dei nuovi rischi che minacciano il nostro patrimonio storico – ha dichiarato Carlo Hruby –. Dobbiamo essere consapevoli che tutto ciò che è testimonianza del nostro passato, della nostra cultura e della nostra identità costituisce un potenziale obiettivo per le formazioni terroristiche, che puntano ad atti dimostrativi o a procurarsi mezzi di scambio per denaro ed armi”.
“Ci aspetta una sfida nuova e impegnativa – ha sottolineato Hruby – ma per fortuna oggi disponiamo di tecnologie che possono aiutarci, in particolare nell’ambito della videosorveglianza e dell’analisi video”.
Un allarme altrettanto forte è stato lanciato da Andrea Margelletti: “Per il terrorismo jihadista i beni culturali sono obiettivi strategici: al pari delle persone. Il rischio di un attacco al patrimonio artistico europeo, ed in particolare italiano, purtroppo non è una questione di se, ma di quando. Il jihadismo, in tutto il mondo, punta alla distruzione dei beni culturali. Il suo obiettivo è quello di influenzare i giovani cancellando la memoria storica e sradicando le nostre radici”.
“Per difendere il patrimonio culturale italiano – ha sottolineato Margelletti – occorrono strumenti di intelligence, sorveglianza e tecnologia in grado di monitorare in modo efficace i nostri musei, le nostre pinacoteche e i nostri monumenti”.
Nel corso dell’evento ha avuto luogo la cerimonia di consegna del “Premio H d’oro” 2016, un prestigioso riconoscimento che viene conferito ogni anno alle aziende che si sono distinte per le migliori realizzazioni nel campo della sicurezza: una iniziativa in linea con le finalità istituzionali della Fondazione Enzo Hruby, impegnata nella promozione di studi, ricerche, seminari, convegni e pubblicazioni sulle tematiche della sicurezza e dell’ottimale utilizzo delle tecnologie disponibili.
Il “Premio H d’oro” costituisce la prima ed unica iniziativa in Italia volta a premiare e promuovere la qualità e la professionalità degli operatori della security, con l’obiettivo di individuare e valorizzare quelle eccellenze che possono offrire un concreto ausilio all’innalzamento del livello tecnico-progettuale del settore e alla creazione di quella cultura della sicurezza di cui si sente, sempre più, il bisogno.
In buona sostanza, il messaggio emerso dall’incontro è che abbiamo di fronte una sfida cruciale, perché proteggere il nostro patrimonio culturale significa difendere la nostra memoria storica, la nostra identità, e anche noi stessi. In tale prospettiva, un contributo determinante può essere offerto dalle moderne tecnologie di sicurezza e videosorveglianza, che consentono di offrire un valido supporto alle indagini degli inquirenti, e addirittura di prevenire il rischio di atti criminosi.
 
 

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Massimo Nardi

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