A Padova chiusa la Porta Santa, resta aperta quella della carità

Dopo la chiusura della Porta della Basilica di Sant’Antonio, al via un nuovo centro per disabili a Noventa Padovana, l’Oasi famiglia a Camposampiero e il progetto per i profughi in Libano

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È stata chiusa stamattina la Porta della Misericordia della Basilica di Sant’Antonio a Padova aperta il 20 dicembre scorso. Al rito di chiusura, presieduto dal Delegato pontificio, l’Arcivescovo Giovanni Tonucci, hanno partecipato circa 2.000 fedeli, oltre ai frati della comunità antoniana, le associazioni e i gruppi che fanno riferimento alla basilica (la Veneranda Arca del Santo, il Sovrano Militare Ordine di Malta, i Cavalieri del Santo Sepolcro, l’Ordine Francescano Secolare e la Gioventù Francescana, l’Arciconfraternita di Sant’Antonio, la Pia Unione Macellai, la Milizia dell’Immacolata) che in questi mesi hanno collaborato con i frati del Santo nell’accoglienza dei pellegrini.

La processione ha attraversato per l’ultima volta la Porta della Misericordia, simbolo di Gesù che guida all’incontro con il Padre. L’ultimo a varcare la Porta Santa è stato il delegato pontificio che, una volta entrato, l’ha richiusa definitivamente. Il rito è proseguito all’interno con la santa messa.

«In questo Giubileo “diffuso”, dove sono state tante le porte della misericordia aperte in chiese e cattedrali, papa Francesco ci ha tramesso un messaggio chiaro: la misericordia è a portata di mano per tutti. Ci ha fatto capire quanto importanti siano le porte nella nostra vita e quanto fondamentale sia aprirle, quelle del cuore innanzitutto! – ha detto al termine della comunione il rettore del Santo padre Oliviero Svanera – Qui in basilica l’afflusso di pellegrini da varie parti del mondo in questo anno è stato costante e certamente maggiore rispetto al solito.
Non folle, ma gruppi o persone che attraverso la devozione a sant’Antonio hanno colto l’occasione di un itinerario di riscoperta della propria fede seguendo la linea verde tracciata in basilica. Ora la domanda ricorrente che mi viene rivolta è: cosa resterà di questo Giubileo della Misericordia? Quali conseguenze si porterà con sé?».
Resteranno di certo le diverse opere di misericordia avviate dai frati del Santo in questo anno giubilare, come l’inaugurazione del nuovo Villaggio Sant’Antonio di Noventa Padovana per i disabili; il progetto per i profughi in Libano avviato con la Caritas antoniana e il Messaggero di Sant’Antonio; l’attività dell’Oasi Famiglia del convento di Camposampiero, un progetto di aiuto e accompagnamento per le coppie e le famiglie in difficoltà, che i frati intendono replicare nella basilica padovana con un Centro di ascolto con la medesima finalità, come esito anche dei due sinodi sulla famiglia voluti da papa Francesco.
«Ma sono i tanti episodi di grazia all’incontro con i pellegrini che rimangono nel cuore di noi come frati e pastori d’anime – ha concluso il rettore –. Attraversando la porta della Misericordia per giungere in basilica e poi arrivare davanti al confessionale, molti penitenti hanno gioito di poter passare per la porta che introduce nel cuore misericordioso di Dio, sentendo che la propria vita era cambiata. Ecco cosa resta e resterà di questo Giubileo: la consapevolezza che la porta del cuore di Gesù è sempre aperta, quella porta che sant’Antonio chiamava “porta del Paradiso”».
«È presto per fare un bilancio statistico di questo Giubileo straordinario, ma sia in questa basilica pontificia sia in quella di Loreto abbiamo constatato che i pellegrini hanno colto il senso dell’anno santo, ovvero l’invito forte alla conversione», ha affermato il delegato pontificio per le due basiliche, l’arcivescovo Giovanni Tonucci, parlando con la stampa poco prima la cerimonia. «Oggi chiudiamo la porta santa che è un simbolo, ma apriamo il cammino della vita cristiana da compiere tutti i giorni – ha proseguito – In termini sportivi potremmo dire che in questo anno abbiamo fatto un allenamento straordinario per poter ora giocare la partita vera in campo».

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ZENIT Staff

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