Le porte chiuse in faccia a migranti e rifugiati, l’esigenza di una integrazione che superi la tendenza alla ghettizzazione, la prudenza dei governi nell’accogliere e gestire i flussi. Poi, le donne schiave, le donne prete e le donne nella Chiesa cattolica. E ancora il traffico di esseri umani, l’incontro con il presidente Maduro, l’importanza del dialogo nei conflitti e quella mondanità un po’ prêt-à-porter che si insinua nella Chiesa. Sono i temi affrontati da Papa Francesco nei 40 minuti di intervista con i giornalisti che lo hanno accompagnato nel 17esimo viaggio internazionale in Svezia, che Bergoglio ringrazia “per il lavoro che avete fatto e il freddo che avete preso”. “Ma – aggiunge – siamo usciti in tempo, dicono che stasera la temperatura scenderà di cinque gradi…”.
Non è umano chiudere le porte ai migranti. Integrarli, no ghettizzarli
Il Pontefice entra subito nel vivo della discussione sul fenomeno migratorio e scandisce chiaramente “Non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore. Alla lunga questo si paga, si paga politicamente. Come si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli di ricevere più di quanto si possa integrare. Quando uno non è integrato si ghettizza, entra in un ghetto. È una cultura che non si sviluppa nel rapporto con un’altra cultura e questo è pericoloso”.
In Svezia, una lunga tradizione di accoglienza dei profughi
Lo spunto alla riflessione del Pontefice è la domanda di un cronista che osserva come la Svezia, alla stregua di altri paesi europei, inizi ad alzare muri verso gente che fugge da Siria, Iraq e altri paesi segnati da violenze. Secondo Bergoglio, non si può dire che la Svezia non sia un paese accogliente, anzi, lui “come argentino e sudamericano” ringrazia la nazione scandinava per aver ospitato nei decenni scorsi tanti argentini, cileni, uruguaiani nel tempo delle dittature militari. La Svezia, dice il Papa, “ha una lunga tradizione di accoglienza, non solo per ricevere, ma anche per integrare, cercare casa, scuola, lavoro, integrare in un popolo. Mi hanno detto che su 9 milioni di abitanti 850mila sarebbero ‘nuovi svedesi’: migranti, rifugiati o loro figli”.
Distinguere tra migrante e rifugiato. Governi siano prudenti
Secondo Francesco, “si deve distinguere tra migrante e rifugiato” perché “il migrante deve essere trattato con certe regole perché migrare è un diritto”, anche se “un diritto molto regolato”. Il rifugiato, invece, “viene da una situazione di guerra, angoscia, fame, da una situazione terribile. E lo status di rifugiato ha bisogno di più cura, di più lavoro”. “Non si può chiudere il cuore a un rifugiato”, rimarca Francesco, che tuttavia riconosce come al contempo sia necessaria “la prudenza dei governanti”: “Devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poter sistemarli. Perché un rifugiato lo si deve non solo ricevere ma lo si deve integrare. Se un Paese ha una capacità di integrazione faccia fino a questo, altro di più faccia di più, ma sempre a cuore aperto”.
Non spaventarsi dell’integrazione tra culture
Il Papa parla dunque di una “integrazione delle culture”, esortando a “non spaventarsi, perché l’Europa è stata fatta con una continua integrazione di tante culture. Il fatto che oggi in Islanda l’islandese possa leggere i suoi classici di mille anni senza difficoltà significa che è un paese con poca immigrazione, al contrario dell’Europa…. L’Europa si è fatta con l’immigrazione”. “Il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere è la paura, il più buono è la prudenza”, ammonisce il Santo Padre. “Un funzionario svedese – riferisce – mi ha spiegato che in questo momento arrivano in Svezia così tanti che non si fa in tempo a sistemarli. La prudenza deve fare questo calcolo; se diminuisce il numero dei possibili accolti non lo fa per egoismo, la prudenza è quella di avere il tempo necessario per integrarli”.
Donne prete: resta il no della Chiesa cattolica
Sempre parlando di Svezia, ma sul piano religioso, al giornalista che domandava quanto possa essere realistico vedere donne preti cattoliche nei prossimi decenni, Bergoglio risponde ribadendo il “no” della Chiesa. “Sull’ordinazione di donne nella chiesa cattolica l’ultima parola è chiara, è stata data da Giovanni Paolo II e questa rimane”, afferma. Tale chiusura non è certo data da una “competizione”; anzi, “le donne possono fare cose meglio degli uomini, anche in campo dogmatico”, ammette il Papa. Tuttavia “nella ecclesiologia cattolica ci sono due dimensioni: la dimensione petrina, che era degli apostoli, la pastorale dei vescovi, e quella mariana, che è la dimensione femminile della chiesa”. E quest’ultima è fondamentale: “Chi è più importante nella teologia e nella mistica della Chiesa? Gli apostoli o Maria il giorno di Pentecoste? Maria”, spiega il Santo Padre, “la Chiesa è donna, è sposa Gesù Cristo. Non esiste la chiesa senza la dimensione femminile, perché lei stessa è femminile”.
Tratta umana: non chiamatele prostitute, ma “schiave”
In tema di donne, il Papa affronta la questione delle donne vittime dei traffici umani, a cominciare dalle prostitute. A Bergoglio, però, non piace chiamarle così bensì “schiave della prostituzione”. Racconta il lavoro svolto da arcivescovo di Buenos Aires con gruppi cattolici e non credenti per gli schiavi e i migranti o con due congregazioni di suore attive per ragazze vittime di tratta. “Ho avuto questa inquietudine della Carne di Cristo, che Cristo continui a soffrire, che viene crocifisso dai suoi fratelli continuamente… mi ha sempre commosso”, confessa. E afferma: “Qui in Italia ci sono tanti gruppi di volontariato che lavorano contro ogni forma di schiavitù. È una cosa bella caritativa e questo è dovuto ai parroci. L’oratorio e il volontariato sono nati grazie allo zelo apostolico dei parroci”.
Viaggi in India e Bangladesh nel 2017. Maduro mi ha chiesto di incontrarlo
Confermando i viaggi internazionali del prossimo anno in India e Bangladesh, Papa Francesco descrive ai giornalisti l’incontro con il presidente venezuelano Nicolás Maduro García, avvenuto a sorpresa in Vaticano il 24 ottobre scorso. “Mi ha chiesto un appuntamento perché veniva dal Medio Oriente e faceva scalo tecnico a Roma. Aveva già chiesto un appuntamento nel 2013, poi si è ammalato non è potuto venire, e l’ha richiesto ora. Quando un presidente chiede lo si riceve e per di più era a Roma. L’ho ascoltato mezz’ora, gli ho fatto qualche domanda, ho sentito il suo parere”.
Venezuela: “Ce la metto tutta sul dialogo”
Sulla grave crisi che attraversa il Paese latinoamericano, il Pontefice non ha dubbi: “L’unica strada per tutti i conflitti è il dialogo. O si dialoga o si sgrida, ma non ce n’è un’altra. Io col cuore ce la metto tutta sul dialogo – dice – si deve andare su quella strada, non so come finirà perché è molto complesso ma la gente che tiene il dialogo è gente di statura politica importante. Zapatero e Restrepo hanno chiesto alla Santa Sede di essere presente nel dialogo. La Santa Sede ha designato il nunzio in Argentina perché il tavolo è lì. Il dialogo è l’unica strada per uscire dai conflitti. Non ce n’è un’altra. Se questo si facesse in Medio Oriente, quante vite sarebbero risparmiate…”.
Secolarizzazione non è fatalità, ma debolezza della Chiesa
Il Papa, tuttavia, dice di non credere nelle “fatalità”. E questo vale soprattutto per la forte secolarizzazione che tocca l’Europa. Non si sa chi si siano i responsabili di tale fenomeno: “Quando la fede diventa tiepida è perché si indebolisce la Chiesa” e “c’è una debolezza dell’evangelizzazione”, osserva Francesco. Al contempo c’è “un processo culturale”, nel senso che “l’uomo riceve il mondo da Dio per farlo cultura, per farlo crescere, ma a un certo punto si sente tanto padrone di quella cultura e incomincia a occupare il posto di Dio creatore”.
La mondanità prêt-à-porter nella Chiesa… la peggior cosa
“Nella secolarizzazione penso che prima o poi si fa peccato contro Dio creatore”, rimarca il Papa. “Non è problema di laicità, ci vuole un po’ di sana laicità. È l’autonomia delle cose, del pensiero e della politica”. Altra cosa è il laicismo: “La sufficienza dell’uomo creatore di cultura che va oltre i limiti e si sente Dio e una debolezza nell’evangelizzazione”. Ancora più grave è “quando la mondanità spirituale entra nella Chiesa”. “Solo il peggio può accadere!”, esclama il Pontefice. “È quello che è accaduto nell’epoca dei Papi corrotti. Gesù quando prega per tutti noi nell’Ultima Cena chiede di non toglierci dal mondo, ma di difenderci dal mondo”. Di difenderci da quella “mondanità travestita, un po’ prêt-à-porter” che si insinua nella Chiesa.