Una grande festa. Una cerimonia tutt’altro che funebre, ricca di canti, letture, persone. Il giusto modo per celebrare la nascita al Cielo di una donna che per anni ha annunciato in giro per il mondo la vittoria di Cristo sulla morte. È stato questo il funerale di Carmen Hernández, co-iniziatrice del Cammino Neocatecumenale, scomparsa lo scorso 19 luglio a 85 anni, che si è celebrato oggi nella Cattedrale dell’Almudena di Madrid.
Presiedute dall’arcivescovo della capitale spagnola, mons. Carlos Osoro Sierra, le esequie hanno visto una grande partecipazione di vescovi spagnoli, cardinali, sacerdoti e naturalmente dei membri e degli itineranti di questa realtà di formazione cristiana conosciuta come Cammino Neocatecumenale, a cui lei stessa ha dato il maggior impulso.
Una semplice laica, Carmen, che non ha mai avuto la pretesa di erigersi a profetessa, ma che aveva compreso che l’unica cosa che conta nella vita è salvare gli uomini annunciandogli la verità, e cioè l’amore di Dio. Quell’amore che la colpiva e commuoveva sin da bambina mentre studiava coi gesuiti; che ha poi scoperto, a sorpresa, nella giovinezza mollando ogni progetto di vita per seguire Kiko Argüello in mezzo ai poveri.
L’amore di cui ha saputo cogliere ogni simbolo nella Liturgia cristiana, approfondita durante gli studi con i migliori liturgisti, e in quella ebraica, sviscerata durante i suoi continui viaggi in Terra Santa. Quell’amore che da adulta ha annunciato a migliaia di ragazzi e soprattutto ragazze di ogni epoca durante le Giornate Mondiali della Gioventù e che da anziana, seppur malata, ha testimoniato rimanendo a letto in preghiera.
Per questo il Papa, nel messaggio di cordoglio inviato in occasione dei funerali a Kiko Argüello, ne parla come di una donna “animata da sincero amore alla Chiesa, che ha speso la sua vita nell’annuncio della Buona Novella in ogni ambiente, anche, quelli più renitenti, non dimenticando le persone più emarginate”.
Perché è proprio lì, tra i poveri, che Carmen “ha sperimentato la grazia trasformatrice della Parola di Dio”, come ha sottolineato mons. Osoro nella sua omelia. La Parola di Dio – ha affermato il presule – “ci provoca a uscire per essere annunciata a tutta l’umanità”, come hanno fatto Pietro, Giovanni e Giacomo. Essa “ci fa vivere una realtà essenziale, che tocca i fondamenti della vita e della storia”.
Questo spiega lo ‘spendersi’ di Carmen lungo tutta la sua esistenza: per l’annuncio cristiano e per dare forma e perfezionare sempre di più questa realtà che amava definire frutto del Concilio Vaticano II e non movimento o associazione. Una realtà, ha detto Osoro Sierra, che negli anni è divenuta “nuovo cammino di incontro con Cristo e la sua Chiesa” basata sul tripode: “Parola, liturgia, comunità”.
L’arcivescovo di Madrid ha voluto offrire poi un messaggio di consolazione a tutti coloro che piangono la scomparsa di Carmen Hernández, a cominciare da Kiko che si è detto “addolorato” per questa perdita nonostante “ora Carmen è felice”. “Il Signore distruggerà per sempre la morte, asciugherà le lacrime da ogni volto cancellerà l’obbrobrio dalla terra”, ha detto il presule ai presenti in Cattedrale. “L’essere umano – ha aggiunto – ha parole e soluzioni mentre vive in questo mondo, ma non ha soluzioni né parole per la morte. Davanti alla morte, tutto ciò che possiamo dire è: ‘Vi accompagniamo in questo dolore’. Inoltre, tutti sappiamo che prima o poi moriremo”.
Il Signore, però – ha affermato l’arcivescovo Osoro – “ci rivela anche un grande mistero: la morte è stata sconfitta” dal suo Figlio Gesù Cristo, colui che senza peccato “si è rivelato nella nostra esistenza con un volto che ci guarda con immensa misericordia”. Proprio questa “certezza nella resurrezione – ha aggiunto – ha provocato in Carmen una spinta missionaria irresistibile. Lei ha sentito il desiderio di dare una testimonianza valorosa con un carattere franco e un linguaggio diretto ha vissuto tutto questo con un grande amore per la chiesa soprattutto nella redazione dello Statuto del Cammino approvato dalla Sede apostolica”.
Parole appassionate, queste del pastore di Madrid, come quelle pronunciate al termine del rito da padre Mario Pezzi, il terzo responsabile del Cammino a livello internazionale. Sopperendo ad Argüello che, per la troppa emozione, è riuscito a pronunciare solo un breve discorso, il sacerdote ha ripercorso velocemente le tappe salienti della vita di Carmen e del suo impegno per la Chiesa e il Cammino, sempre con Kiko a fianco. “Sono molto grato al Signore per avermi chiamato anche senza merito a collaborare con Kiko e Carmen per quasi 45 anni” ha detto, “penso che gli storici approfondiranno un giorno il fatto che una realtà ecclesiale sia stata fondata da un uomo e una donna insieme… Ci sono stati altri santi ma non con questa convivenza per tutti questi anni”.
Quanto a Carmen “è stata innamorata di Dio”, ha sottolineato padre Pezzi. “Già da piccola gli aveva conquistato il cuore, voleva partire per l’India tanto da scappare di casa”. Lei “è stata provvidenziale per il Cammino, questa avventura che gli ultimi Papi hanno definito una realtà non fatta da uomini”.
Grazie alla sua preparazione teologica e liturgica, approfondita prima e dopo il Concilio, grazie al suo intuito e anche alla sua caparbietà, Carmen “ha dato il dono di plasmare il Cammino, i passaggi, le comunità”, “ci ha fatto riscoprire le nostre radici”. “Sono testimone di aver accompagnato quest’opera del Signore” ha detto padre Mario, “lei ha combattuto molto per quello che era fondamentale per il Cammino: recuperare la Veglia pasquale per tutta la notte. Anche Papa Francesco, incontrando recentemente dei vescovi di Santo Domingo, ha detto che uno dei meriti del Cammino è stato proprio di recuperare la Veglia in tutto il suo splendore, com’era all’interno del Concilio”.
Ma Carmen “ha combattuto anche perché il Cammino non si trasformasse in un’associazione laicale e che fosse riconosciuto dalla Chiesa per quello che è: un aiuto all’iniziazione cristiana nella parrocchia”. Inoltre, proprio la sua libertà nel rapportarsi a Kiko “ha aiutato molte donne ad essere libere con i loro mariti, a dire la verità” e “a capire che l’amore, come affermava Benedetto XVI e poi Francesco nella Amoris Laetitia, è rispetto dell’alterità”, ha rimarcato il sacerdote.
Che ha chiesto allora di “approfittare del kairos e chiedere grazie e miracoli” a questa donna di fede. “Non possiamo chiamare Carmen santa, ma possiamo approfittare per chiedere grazie” ha detto, rassicurando Kiko sul fatto che “dal Cielo non lo lascerà in pace e continuerà ad aiutarlo”.
Infine don Francesco Voltaggio, rettore del seminario Redemptoris Mater di Galilea, ha letto un messaggio di condoglianze inviato dal rabbino Levy Izhak Rosenbaum, segretario e fondatore del Congresso nordamericano rabbinico, che aveva conosciuto Carmen Hernández personalmente durante la Convivenza dei rabbini alla Domus Galilaeae del maggio 2015. “Carmen era veramente il cuore del Cammino con la sua passione e con il suo spirito” scrive Rosenbaum, “lei era una donna santa con una visione profetica per i figli di Dio. Pregherò per lei un kaddish nei servizi sinagogali, affinché Dio consoli il cuore afflitto di Kiko, dove Carmen trova ora una immortalità singolare”.
Sulle note del canto a lei tanto caro, intitolato proprio Carmen ’63, musicato da Argüello sulle parole del poeta indiano Rabindranath Tagore, il feretro è stato accompagnato fuori dalla Cattedrale. Non prima che tutti i presenti vi potessero rendere omaggio; per primo Kiko che, commosso e in ginocchio, ha dato con un bacio l’addio a colei che per circa 50 anni è stata sua compagna di evangelizzazione ‘fino agli estremi confini della terra’.