«L’odio non è un virus, né un microbo, né un germe. Ma nonostante ciò è una malattia anche altamente contagiosa, con effetti mortali. Non la cercate ai confini della realtà, cercàtela nello specchio. Trovatela, prima che la luce vada via del tutto».
Mentre nella notte dalla Francia attraverso i tg iniziavano ad arrivare le notizie della carneficina consumata sul lungomare di Nizza, un altro canale riproponeva un episodio di una serie televisiva dei tempi della mia adolescenza. Si chiamava Ai confini della realtà. Nell’episodio trasmesso, discettando del male, uno dei protagonisti proponeva la sua visione dell’odio.
Parole che mi sono rimaste impresse e che ritornano in mente adesso che scrivo queste poche righe che nelle intenzioni avrebbero voluto essere un augurio di buone ferie per chi ha la fortuna di godersi una meritata vacanza e di coraggio e vicinanza per chi al mare o in montagna non potrà andarci perché magari non ha un lavoro, o comunque non ha la fortuna di poterlo fare.
Poi l’eco della strage, nel giorno della festa di un Paese al quale tutti guardano quando si parla di principi come la libertà, la fraternità, l’uguaglianza.
Non ci sono stati, stavolta, bombe e mitra. Solo un uomo, alla guida di un tir lanciato su migliaia di persone inermi, affacciate sul mare a veder esplodere fuochi di artificio. Il simbolo di una vita che, in un attimo, si trasforma in tragedia. Se, come pare, dietro l’accaduto c’è la mano di Daesh, col suo incitamento a colpire gli infedeli d’occidente in ogni modo per instillare insicurezza e paura, ci ritroveremmo di fronte non all’atto di un folle, ma all’ennesimo tassello della strategia d’odio che il fondamentalismo cerca di diffondere, facendo adepti malgrado la sua evidente carica nichilista, di distruzione suicida.
Era successo in Francia già prima, e poi ancora in Belgio, in Turchia, in Bangladesh e altrove: il terrorismo punta a far saltare la normalità, le regole della convivenza civile. Certo, a caldo non è facile resistere alla tentazione della risposta militare, della rabbia e della diffidenza. Ma scendere solo su questo piano sarebbe come alzare bandiera bianca senza neppure combattere: non si può pensare di tenere lontano dalla società le idee radicali di odio occupandosi solo di sicurezza.
Servono invece la forza dell’intelligenza, pazienza e idee lungimiranti che, accanto alle ragioni della difesa, consentano di sostenere anche quelle della costruzione di ponti tra comunità, per passare con le armi della pace e del dialogo sulla testa di chi invece scava fossati di morte.
«Condanniamo nella maniera più assoluta ogni manifestazione di follia omicida, di odio, di terrorismo, di attacco contro la pace», ha fatto subito sapere papa Francesco, esprimendo solidarietà «alle sofferenze delle vittime e dell’intero popolo francese, in quello che doveva essere un grande giorno di festa».
Perché non c’è più festa nei cuori, né mai potrà essercene, se alla violenza si risponde con la violenza e la paura generatrice di nuovo odio: come scriveva Oriana Fallaci, «i terroristi, i kamikaze, non ammazzano soltanto per il gusto di ammazzare, ma per piegarci. Per intimidirci, stancarci, scoraggiarci, ricattarci. Il loro scopo non è riempire i cimiteri. Non è distruggere i nostri grattacieli, le nostre cattedrali. È distruggere la nostra anima, le nostre idee, i nostri sentimenti, i nostri sogni».
No! Torni l’Europa a lasciarsi illuminare da una Presenza divina che dirada nebbie, silenzio e solitudine e dà Speranza e fiducia.
Un tir lanciato contro i sogni
Contro il terrorismo non bastano le misure di sicurezza: servono la forza dell’intelligenza, pazienza e idee lungimiranti per passare con le armi della pace e del dialogo sulla testa di chi invece scava fossati di morte