Catanzaro, la città delle tre “V” (vento, velluti, Vitaliano) venera San Vitaliano come suo patrono principale il 16 luglio di ogni anno e ne celebra la festa del patrocinio la domenica in albis. Il capoluogo calabrese ne sperimentò più volte la protezione in occasione di terremoti e nel 1922 commemorò con solennità il settimo centenario dell’arrivo delle reliquie. La suggestiva processione con al seguito una grande folla composta e in preghiera, rappresenta da sempre un momento di unità della città che celebra, nella figura del suo patrono, le speranze più grandi per un tempo migliore.
Molto attiva per l’occasione l’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace con il suo arcivescovo, mons. Vincenzo Bertolone, alla presenza delle autorità cittadine civili e militari; di tutti i movimenti, gruppi, associazioni ecclesiali; dei numerosi devoti del santo. L’attesa in città è stata intensa. Questo evento religioso è centrale nel corpo sociale e culturale dell’intera collettività. Mons. Bertolone si è rivolto ai fedeli prima e dopo la processione, per incidere nei cuori dei presenti la ragione della devozione al santo e il significato dell’appartenenza cristiana, manifestata nel sentirsi uniti in San Vitaliano.
Momenti quest’anno resi ancora di più speciali per la contestuale celebrazione delle cresime cittadine. L’arcivescovo di Catanzaro, presidente della Conferenza Episcopale Calabra, ha voluto consegnare alla città, proprio nella sua festa religiosa e civile più amata e partecipata, dei messaggi significativi e profondi, capaci di scuotere le coscienze di ognuno, rispetto alle responsabilità esercitate.
“Celebrare il Santo Patrono significa metterci tutti in ascolto del suo insegnamento e del suo esempio per scoprire che cosa ha da dire San Vitaliano a noi oggi, in un tempo in cui egoismo e prepotenza hanno la meglio su tutto…”, ha dichiarato il presule. Non manca a questo punto il riferimento specifico al capoluogo: “Nel mondo in genere, e pure nella nostra città, non mancano storie, situazioni e vicende in cui questa prevaricazione è evidente. Nelle nostre periferie abbiamo, infatti rom, migranti e diseredati, poveri. Sogno una Catanzaro che continui ad amare ed a lasciarsi amare dai migranti, dai poveri, dai rom, ma anche dai poveri catanzaresi che, per dignità restano in disparte. Per loro non si fa mai abbastanza. È questa la città che vogliamo. È questo il mondo che sogniamo”.
Chiaro e attuale il pensiero di Bertolone sul martirio cristiano e sulla negazione di Dio da parte di chi si fa saltare in aria, travolgendo le vite degli altri. “Il cristianesimo si è affermato e ha vinto non quando ha cercato di andar d’accordo con gli araldi della menzogna, i profeti del nulla, gli adoratori dei vari idoli del mondo, ma quando ha saputo essere se stesso fino a esigere il sacrificio della vita…”. Poi l’omaggio ai tanti cristiani perseguitati, affermando con chiarezza che i kamikaze non sono martiri.
Segue una indicazione forte sull’importanza della festa patronale: “Celebrare la festa del santo Patrono significa rileggere, con umile fierezza, la genesi della storia della nostra città e riscoprire le radici della nostra fede e la nostra identità cristiana che egli ha confessato con “mite fortezza”. La fede è una sola, ma ha tante sfaccettature e sottolineature”.
Qui l’arcivescovo ha invitato i cittadini a vivere la propria fede secondo l’esempio di san Vitaliano che mise al centro della sua vita Cristo Gesù e il vangelo. Non manca perciò un richiamo al dovere personale dei cristiani e dei tanti cresimandi presenti, nel fare la propria parte per la costruzione di un mondo senza ingiustizie e calamità, partendo dal servizio alla propria città, nella giustizia, nella legalità e nel diritto, “soprattutto a vantaggio degli ultimi e degli scartati”.
Il messaggio forte che ha voluto dare l’alto prelato calabrese è tutto affidato alle grazie del patrono, martire e storicamente legato al capoluogo della Calabria: “L’innocenza vince comunque sul male, la giustizia trionferà contro ogni calunnia, ogni perversione, ogni attentato e ogni violenza”. Il martirio di san Vitaliano, come ogni altro martirio, guida il credente con tre precisi insegnamenti. L’arcivescovo li consegna simbolicamente ai cittadini della sua città:
a) “Esiste una distinzione netta fra ciò che è bene e ciò che è male; una distinzione che non è la stessa fra ciò che è utile e ciò che è dannoso, fra ciò che è piacevole e ciò che è spiacevole….”.
b) “Il martire ci insegna che non tutto è contrattabile, che esistono valori che non hanno prezzo e che non possono essere oggetto di scambio e di trattative…”.
c) “Infine il martire ci orienta a capire cosa significa essere veramente liberi: seguire la verità e solo la verità. Il martire viene ucciso perché rifiuta di assoggettarsi ad un potere diverso da quello della coscienza morale…”.
Pregevole, in proposito, il riferimento dell’arcivescovo a San Pietro Crisologo: “I martiri nascono quando muoiono, cominciano a vivere con la fine, vivono quando sono uccisi, brillano nel cielo essi che sulla terra sono creduti estinti” (Sermo, 108). “È alla grandezza del martirio di san Vitaliano che il popolo di Catanzaro rende omaggio al suo patrono”.
Alla fine della processione monsignor Bertolone ha voluto sottolineare la solennità di questa santa tradizione; la devozione dei catanzaresi e la pietà popolare che, onorando il santo, rinnova la sua apparenza cristiana. “Dice la Costituzione conciliare Sacrosanctum concilium sulla divina Liturgia: La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare. I resti di san Vitaliano, di questo Vescovo e Confessore della fede, provenienti da un’antichissima città e diocesi campana di tradizione e cultura prima bizantina e poi romanizzata (il territorio dell’antica Capua, oggi santa Maria Capua Vetere, appartenente attualmente all’arcidiocesi di Capua), sono infine approdati tra noi, quasi come a santificare, corroborare e consacrare i credenti della nostra città”.
Interessante la riflessione sulla religiosità popolare in un mondo distratto e lontano dalla preghiera. “Questa nostra processione del santo Patrono è una delle più belle manifestazioni della religiosità popolare. I popoli sono infatti dei “soggetti collettivi”, i quali creano la propria cultura e sono protagonisti della propria storia, anche dal punto di vista religioso. Anche noi, come figli di questo popolo e, a nostra volta, padri delle generazioni future, dobbiamo trasmettere, dunque, alle giovani generazioni la nostra fede e la nostra pietà popolare, consapevoli delle nuove sfide qui in Calabria”.
Mons. Bertolone non si è sottratto infine dal fare una valutazione netta e senza ombre sulla situazione sociale, politica ed economica che ci circonda. Lo ha fatto guardando al valore di ogni uomo e all’interesse generale della comunità. “Il nostro contesto, non soltanto catanzarese, più che basarsi sull’ideale della giustizia e della equa distribuzione dei beni, sembra mosso infatti dalla competizione e dalla lotta, dinamiche che quasi mai lasciano spazio alla compassione e alla misericordia, generando disuguaglianze e, come dice papa Francesco, inequità».
Pur avendo imparato dalla tradizione moderna le parole liberté, égalité, fraternité, conserviamo, invece, nelle nascoste pieghe della nostra identità, continue suggestioni e tentazioni di egemonia, d’ingiustizia, di assolutismo, di dittatura, di sopraffazione del più debole, di chiusura al diverso e allo straniero, di occupazione del potere, di interesse privato, di collusione con poteri forti, a volte oscuri, che perseguono ben altri interessi che il bene comune”.
Da questa realtà così dura e purtroppo in alcuni casi presente in ogni comunità, compresa quella catanzarese, l’arcivescovo trae lo spunto per inviare un segnale di pace cristiana. “Il Dio di san Vitaliano, è pronto a perdonare sino a dimenticare il torto ricevuto, e a convincersi che nelle liti e in ogni discordia bisogna puntare sempre alla riconciliazione e alla pace. Siamo chiamati a trasmettere questi concetti in modi sempre nuovi, come popolo, consapevoli del nostro sensus fidei (senso popolare della fede creduta e praticata)”.
Ma il presule va avanti e scuote la grande folla dei fedeli che lo ascolta con parole forti: “Dobbiamo ribadirlo: Vangelo e illegalità sono incompatibili, ma ciò non esclude mai che gli stessi delinquenti e peccatori, proprio perché battezzati (se riconoscono gli errori, accettando anche la giustizia umana e, soprattutto, se si assoggettano volentieri all’espiazione e alla riparazione del male commesso), non possano convertirsi, come già avvenne per Matteo o per Zaccheo, il primo diventato Apostolo e l’altro così trasformato da restituire quattro volte tanto a coloro che aveva derubato e donare i suoi beni ai poveri”.
Poi chiarisce: “I veri credenti, comunque, sanno che una genuina manifestazione di fede popolare esige obblighi indefettibili di preparazione, di formazione, di chiara professione di fede cristiana, in una battuta essere credenti, cioè essere in grazia di Dio, accettare nunc et semper il Credo di Cristo espresso attraverso la Chiesa, obbligarsi a vivere in maniera coerente sul piano dell’ortodossia e dell’ortoprassi”.
Bertolone ha chiuso la sua riflessione sollecitando i credenti ad una fede coerente ed a una formazione permanente: “Uno dei fenomeni più tristi della nostra società postcristiana è la divaricazione tra fede teorizzata e fede vissuta dai singoli, tra pratiche di culto e devozione popolare. Perché tanti, pur chiedendo il battesimo, e i sacramenti dell’iniziazione cristiana per i propri figli, pur fungendo da padrini o madrine nei sacramenti, pur partecipando a comitati e feste religiose, vivono come se Dio non esistesse? Perché non apprezziamo fino in fondo Il tempo della formazione e della catechesi, che sono il periodo della grazia e dell’appello dello Spirito santo a purificare le proprie “intenzioni di fede”, a conoscerne le esigenze dottrinali, a verificare la congruenza con quanto viene creduto dottrinalmente e quanto bisogna praticare eticamente, socialmente, ecclesialmente?”.
Infine l’invocazione al santo Patrono in una palpabile unitarietà spirituale tra il Metropolita e i fedeli: O santo vescovo Vitaliano, pastore del gregge affidato alle tue cure, ti preghiamo d’intercedere per la conversione dei peccatori, degli indifferenti! Proteggi la nostra comunità diocesana e cittadina, veglia sulle famiglie e sulle loro difficoltà, orienta i giovani lungo le vie della speranza e del coraggio, conduci gli imprenditori sulle strade del rischio calcolato a vantaggio della collettività, piega i cuori di chi è traviato, assisti chi è piagato nel corpo e nell’anima! Amen”.
ZENIT - EC
Mons. Bertolone: “Il martirio ci insegna che non tutto è contrattabile”
Durante la processione di San Vitaliano, patrono di Catanzaro, l’arcivescovo tuona contro l’illegalità: “È incompatibile con il Vangelo”