Gender

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Il Ministero lavora sul gender a scuola. Ecco le prove

Una bozza preparata dal Miur contiene passaggi ambigui su “stereotipi spacciati come naturali”. Si dà credito inoltre a un portale che vuole far salire in cattedra le associazioni Lgbt

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“La differenza sessuale può essere vissuta in uno spettro ampio di inclinazioni, affinità, scelte”, perché “si può essere uomini e donne in modo libero e rispettoso di sé e degli altri senza costringere nessuno/a dentro un modello rigido di comportamenti e di atteggiamenti”.
C’è chi si ostina ad affermare che l’ideologia gender non esista, frutto di chissà quale fantasia perversa di qualche cattolico in preda ad ossessioni. Eppure, a leggere gli estratti di una bozza del Ministero dell’Istruzione delle linee guida su percorsi educativi da applicare alle scuole, sembra proprio che l’esistenza di un’ideologia intenta a destrutturare la differenza sessuale non sia infondata.
Il documento elaborato dalla Commissione del Miur incaricata ad applicare il comma 16, art.1 della legge “Buona Scuola” – ove si parla, appunto, di lotta alle discriminazioni sulla base dell’identità e dell’orientamento di genere – sarebbe dovuto esser consegnato ai presidenti delle associazioni di genitori Fonags.
Il Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola è un istituto nato proprio per assicurare una “stabile consultazione delle famiglie sulle problematiche scolastiche”. I presidenti sono rimati tuttavia a mani vuote. Come denunciato da Massimo Gandolfini, rappresentante degli ultimi due Family Day, il documento non è stato loro consegnato giacché dovrebbe ancora “passare per l’approvazione dei competenti ministri, Pubblica Istruzione e Pari Opportunità”.
Gandolfini ritiene questo atteggiamento del Miur “palesemente irrispettoso nei confronti dei presidenti e delle associazioni da essi rappresentate”, ed esprime la preoccupazione che sia in atto un tentativo di “scippare i genitori del ruolo decisionale che in primis spetta loro, a vantaggio di impostazioni ideologiche tipiche del politicamente corretto”.
Della bozza in questione (che essendo un documento in itinere potrebbe ancora essere sostanzialmente modificata) è riuscito a prenderne visione ZENIT. Leggendola si evince che non è peregrino, in effetti, il timore manifestato da Gandolfini per conto di migliaia di altri genitori.
Nel testo si punta l’indice contro “modelli gerarchici” basati sul “patriarcato”, che hanno fatto “interiorizzare” le differenze come diseguaglianze. “Se c’è una differenza, allora qualcuno è meglio e qualcuno è peggio e, soprattutto, c’è una dimensione di potere dell’uno sull’altro”, la conclusione che sembra un estratto reinterpretato del “Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini” di Rousseau.
Questo retroterra culturale intriso di patriarcato, secondo gli autori della bozza, è fonte oggi di “pregiudizi e stereotipi che vengono spacciati come naturali”. Pur stigmatizzando quello che viene definito “il regime delle equivalenze”, atto a cancellare la differenza sessuale, il documento asserisce che una “autentica educazione di genere si può realizzare declinando insieme uguaglianza e differenza”.
In che modo? Attraverso una serie di linee di intervento “sulle quali incentrare la progettazione educativa e didattica sia curricolare sia extracurricolare”. Linee che convogliano tutte verso alcuni obiettivi: “decostruire pregiudizi e stereotipi”, “educare alle differenze” e anche “alle relazioni e alla affettività”. Proposito, quest’ultimo, che ricorda il progetto di legge sulla cosiddetta “educazione sentimentale”.
Al fine di realizzare questi obiettivi concorre poi il sostegno di associazioni esterne al mondo della scuola. Ecco allora che nella bozza in questione si parla di “capitalizzare, mediante la loro più ampia diffusione”, un “ricco patrimonio di esperienze” come quella del portale Noisiamopari.
Si tratta – come si legge sul sito – di “una pagina web dedicata alle Pari Opportunità a Scuola”, al fine di “adeguarla (la scuola, ndr) ai delicati compiti educativi a cui è chiamata”. Il metodo per perseguire questo adeguamento dell’istituzione scolastica proposto da Noisiamopari è presto detto: far salire in cattedra i rappresentanti dell’associazionismo omosessuale.
In uno specifico documento sull’omofobia presente nel portale si richiede infatti come misura “l’accreditamento delle associazioni Lgbt presso il  Miur in qualità di enti di formazione”. Una richiesta che volge – come segnalato appunto da Gandolfini – “a vantaggio di impostazioni ideologiche”. Ma c’è ancora tempo per modificare questa bozza. Chissà se c’è anche la buona volontà da parte del Miur.

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Federico Cenci

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