Anche l’America Latina è alle prese con il dramma dei migranti. Secondo quanto riferisce la stampa locale, circa 120 persone, provenienti da Cuba e da altri paesi dell’America Centrale, sopravvivono da due mesi in un magazzino e in altri locali di fortuna a ridosso del confine con Panama.
I migranti, intenzionati da recarsi via terra negli Stati Uniti, sono stati vittime della chiusura del confine colombiano-panamense e ora chiedono una risposta immediata da parte del governo.
A farsi portavoce dell’emergenza, è stato il vescovo di Apartado, monsignor Hugo Alberto Torres Martin, assieme a tutto il clero della regione di Uraba. La condizione in cui versano i migranti è “disumana e insopportabile” e il governo deve “intervenire con urgenza”, lamenta il presule in un messaggio pervenuto all’agenzia Fides.
“È obbligo del governo, attraverso il Ministero degli Esteri, garantire l’integrità e la dignità di ogni straniero che arriva sul territorio”, aggiunge monsignor Torres Martin, sollecitando una soluzione che impedisca che gli immigrati “siano sottoposti ad ogni sorta di abusi da parte di coloro che approfittano della loro vulnerabilità”.
Offrendo la propria disponibilità a “mediare per gli immigrati”, la diocesi di Uraba ha lanciato anche l’allarme sanitario, vista la totale assenza di cure mediche per gli accampati, tra i quali non mancano donne incinte e bambini di pochi anni.
Secondo la stampa locale, la polizia avrebbe catturato 14 persone presumibilmente legate al traffico di migranti attivo nella zona di Uraba, fino a portarli negli Stati Uniti.
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Colombia: 120 migranti bloccati al confine panamense
La Chiesa locale prende le loro difese: “Versano in condizioni disumane e insopportabili, il governo intervenga”