Il cristianesimo è la religione del paradosso e “il Vangelo è la demolizione dell’immaginario banale su Dio”. È quanto sostiene don Luigi Maria Epicopo, sacerdote della diocesi d L’Aquila nel libro Solo i malati guariscono, l’umano del (non) credente, edito dalle Edizioni San Paolo.
Don Luigi insegna Filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR “Fides et ratio” de L’Aquila. Ricopre anche l’incarico di direttore della residenza Universitaria “San Carlo Borromeo” ed è parroco della parrocchia universitaria San Giuseppe Artigiano. Ha pubblicato diversi libri, tra cui Conversazioni sull’enciclica Lumen Fidei e La Misericordia ha un volto. Il giubileo della Misericordia secondo Papa Francesco.
Nel capitolo dedicato alla Fede, (lo spezzare il Pane), Episcopo spiega: “Dio nasce povero invece che ricco. Nasce in periferia invece che al centro. Nasce figlio di nessuno invece che figlio di qualcuno notabile. Nasce in una stalla invece che in un tempio. Rivela agli inaffidabili pastori la notizia della sua venuta invece che ai comunicati stampa dei dottori e dei profeti. Deve scappare pur essendo onnipotente. Si sottomette alla cronaca degli esuli invece che imporre nuove giustizie sociali. Da grande avrà cura dei peccatori invece che dei giusti. Toccherà i malati invece che i sani. Dirà pace quando tutti vorranno la guerra. E dirà fuoco quando tutti vorranno acqua. Predicherà ad alta voce quando nessuno dei grandi lo vorrà sentire. E rimarrà in silenzio quando tutti loro, invece, si aspetteranno spiegazioni e parole per coglierlo in fallo. Morirà in croce per mano dei romani, invece che mettere in croce i romani oppressori. E alla fine risorgerà quando tutti, invece, pensavano di tenerlo morto in un sepolcro. Compresi i suoi. Gesù è la messa in discussione del nostro banale immaginario di Dio, Punto”.
L’intero libro riporta inoltre diverse riflessioni sui “paradossi” che caratterizzano il figlio di Dio e i Vangeli. Ad esempio, quello che notava lo scrittore, sceneggiatore e regista francese Emmanuel Carrère a proposito del Vangelo nella sua opera Il Regno. In essa scriveva: “Quello che colpisce nei vari racconti del Vangelo è che all’inizio nessuno riconosce Gesù: al cimitero è il giardiniere. Per strada, un viandante. Sulla spiaggia un tizio che chiede ai pescatori ‘abboccano?’. È quello che i suoi seguaci hanno sempre voluto vedere, sentire, toccare, ma non come si aspettavano di vederlo, sentirlo, toccarlo. È tutti e nessuno. È il primo che passa, è l’ultimo dei mendicanti”.
Nel suo libro, don Episcopo racconta anche storie di vita vissuta, in particolare quelle che ci permettono di vedere e incontrare Gesù. La storia di Teresa per esempio, di cui scrive: “È la letizia che ho letto negli occhi di Teresa, una bambina devastata da un cancro che negli ultimi giorni di vita mi diceva: ‘Questa malattia è un dono! Ho potuto conoscere che cos’è l’amore di Dio. E nessuno vedendoti potrà dire che Dio non esiste’. Aveva solo 11 anni, ma la Grazia di Dio aveva maturato in lei mille anni in più. La sua malattia e la sua morte sono diventate profezia per molti”.
Non mancano delle riflessioni sull’amore. “L’infinito del verbo amare – afferma l’autore – è restare, cioè esserci nonostante tutto”. “Amare – aggiunge – è restare sotto la croce di chi ami, bevendo fino in fondo l’amaro calice dell’impotenza. Il dolore più grande è non poter fare nulla davanti alla sofferenza che ami. Ma l’amore vero è restare lì nonostante l’impotenza, nonostante tu non puoi salvare da quella croce. L’amore è Maria e Giovanni sotto la croce. L’amore di Cristo che muore comunque ma non muore solo. La madre e il discepolo amato restano fino alla fine e abitano l’ora più buia della storia di Cristo. Si ama quando si resta anche nelle situazioni in cui non conviene più restare”.
Il sacerdote ‘difende’ pure il cuore “che si accorge se sei felice o se stai barando”. “Il cuore che non è addomesticabile nemmeno dalla ragione”, afferma, “il cuore è fedele alla verità alla felicità, alla bellezza, all’amore seppellita dentro di noi”. “Si può non avere fede ma il cuore ce l’abbiamo tutti”, ed il cuore è nemico dell’omologazione e della quiete, sempre alla ricerca della pienezza, della felicità”. “L’inquietudine – spiega l’autore – è la domanda di felicità incandescente che ci portiamo dentro. E tutto quello che è incandescente brucia. Ecco perché l’inquietudine fa male. Ma guai a spegnere l’inquietudine perché spegneremmo la fiaccola della vita stessa, ciò che la riscalda, ciò che la conduce”
Secondo don Luigi, infatti, “un uomo senza domande è un uomo morto. Una fede senza domanda è una fede morta. Un amore senza domande è un amore morto. La domanda è l’infinito bisogno della risposta, e non il gusto macabro di smontare ogni cosa per lasciare tutto frantumato”.
Più si va avanti a leggere il libro di don Luigi più sale l’idea che si tratti di una vera provocazione. E con questo stile paradossale che contrassegna l’intera vicenda del Figlio di Dio vengono affrontati, pagina dopo pagina, anche i temi dell’autenticità, dell’amicizia, del senso delle Scritture e della vita, della nostalgia di Dio e della Chiesa intesa come “locanda”. L’appendice del volume è dedicata alla vicenda di Paolo di Tarso.
Copertina del libro solo i malati guariscono
I paradossi di Gesù e del Cristianesimo raccontati in un libro
Con il volume “Solo i malati guariscono”, il sacerdote Luigi Maria Epicoco prova a spiegare perché il Figlio di Dio non sia venuto al mondo per i ‘sani’…