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Il trionfo della fede

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Mt 8,5-17

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Lettura
«La salvezza viene dai Giudei»… (Gv 4,22). Pertanto, alla guarigione del servo dell’ufficiale pagano Matteo antepone quella di un israelita affetto da lebbra (vv. 1-5). Ma la storia di Israele sfocia nell’opera di Gesù, il Messia atteso. In Matteo, quindi, non è tanto il miracolo a prevalere, quanto il colloquio tra l’ufficiale e Gesù, in cui si evidenzia la portata universale della salvezza. In lui, tutti gli uomini formano il nuovo popolo di Dio e la Chiesa, da lui fondata, è strumento della redenzione di tutti i popoli e di tutti i tempi.
Meditazione
È commovente la fede del centurione. È quella di un pagano, al servizio del re Erode Antipa, un nemico del popolo. L’incontro con Gesù non fu improvviso. L’invito accalorato perché il Signore guarisse il servo paralizzato e febbricitante dimostra come, in quel militare, l’interesse per il profeta Gesù avesse già superato la normale curiosità. Gesù “vuole andare” di persona, ma l’ufficiale non pretende che Gesù si scomodi. Scrive sant’Agostino: «Dicendosi indegno si mostrò degno che Cristo entrasse non già nella sua casa bensì nel suo cuore» (Disc. 62,1). La fede del centurione è tale che meraviglia la folla intera. Il primo ad essere toccato dal candore di quel soldato è proprio Gesù, che lo indica come l’uomo con una fede maggiore di tutti gli altri, di quelli che erano i figli delle antiche promesse e attendevano il Messia. Le parole di Gesù, in netta contrapposizione con il drappello dei curiosi e dei soliti scribi e farisei, sono provocatorie e profetiche ad un tempo: egli è venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Il servo fu subito guarito. Non certamente lo furono quelli che protestavano di essere la discendenza di Abramo e negavano la messianicità di Gesù. Egli, nell’esaltare quella fede così straordinaria, proclama l’universalità del suo messaggio, che supera ogni barriera culturale, di razza e di religione. Scrive ancora Agostino: «Il Signore, pur trovandosi in mezzo al popolo giudaico, già allora predicava che in tutto il mondo ci sarebbe stata la Chiesa, alla quale avrebbe inviato gli Apostoli; lo prediceva lui non visto eppure creduto dai pagani, dai giudei visto eppure ucciso» (Disc. 62,2). Il centurione poteva forse credere ancora nelle divinità romane, poteva forse essere ancora alla ricerca di qualcosa di certo a cui affidare la propria speranza. La fede, quella che strappa il miracolo, era ancora priva di supporti teologici, ma aveva già l’essenziale per essere genuina: l’abbandono totale e fiducioso, limpido come quello delle persone umili e disperate. «Chi più ama Dio, più spera nella sua bontà» (sant’Alfonso M. De’ Liguori).
Preghiera
Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.
Agire
Offrire al Signore le azioni e i sacrifici della giornata per i missionari.
Meditazione del giorno a cura mons. Alberto Maria Careggio, vescovo emerito di Ventimiglia – San Remo, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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