“L’imperversare del nazismo e del comunismo ateo, così come eventi sconvolgenti quali l’Holodomor o la catastrofe di Chernobyl, e tutte le sofferenze vissute negli ultimi due anni e non ancora cessate, sono solo gli esempi più recenti della violenza” che ha colpito e continua a colpire l’Ucraina.
Li ha ricordati il cardinale Parolin nell’ultimo appuntamento del suo viaggio nel paese est europeo, conclusosi oggi pomeriggio 20 giugno, dopo l’incontro a Kyiv con il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose nella chiesa di Santa Sofia. Oggi il Segretario di Stato ha deposto un omaggio floreale in piazza Mauydan, uno al sacrario del milite ignoto e un cesto di grano al museo che ricorda le vittime per fame della carestia provocata dal regime sovietico.
Davanti ai rappresentanti delle varie religioni presenti nel Paese – informa L’Osservatore Romano – il porporato ha ricordato come “accanto ai cristiani”, anche gli ebrei abbiano “pagato un ingente tributo di morte” e i tatari, di religione musulmana, abbiano “sopportato il peso di violenze e di ingiustizie”. Eppure, “pare che tutto questo non sia bastato. La sofferenza del popolo ucraino continua nei bombardamenti, nelle distruzioni di villaggi e infrastrutture e soprattutto nel ritorno dell’odio, della diffidenza, nella destabilizzazione della società”.
Da qui l’appello alle comunità religiose “chiamate a una responsabilità senza precedenti, in questo momento di pesante difficoltà, aggravato dal peso della crisi istituzionale, economica e morale”. Con l’auspicio che “il comune servizio di quanti credono in Dio a quanti hanno estremo bisogno di amore e vicinanza ci faccia scoprire tutti più fratelli e garantisca all’Ucraina quella risorsa morale limpida, idealista, promotrice di libertà e giustizia, guida di chi, soprattutto tra i giovani, cerca un futuro migliore».
«È il nostro momento, un momento di cui siamo responsabili» ha esortato il cardinale Parolin. Perché, ha chiarito, «non saranno né la politica né le ricchezze, né le contese reciproche a renderci credibili discepoli del Creatore, ma lo spirito di servizio che viene dalla mancanza di secondi fini».
Ai cristiani, in particolare, il segretario di Stato ha rivolto l’invito a impegnarsi affinché «non sia oggetto di discordia ciò che è nato per creare fraternità e solidarietà. Alle vittime della guerra — si è domandato — potremo noi predicare le nostre reciproche opposizioni? O non sarà l’esperienza quotidiana della morte comune violenta, ossessivamente presente ovunque, senza distinzioni confessionali, come minaccia costante, a fare il miracolo di farci scoprire l’essenziale che è la comune umanità salvata da Dio, il convenire della diversità nell’armonia e non nella contrapposizione?”. E la risposta è stata che “non c’è più tempo da perdere. Chiediamoci perdono e perdoniamo gli uni gli altri per i torti subiti o inflitti, e partiamo insieme a servire l’uomo”.
In proposito il porporato ha sottolineato che soprattutto “la Chiesa cattolica, di tradizione orientale e occidentale, deve e vuole essere strumento e promotrice di riconciliazione”. Da parte sua, il Papa — ha assicurato — “è al vostro fianco, testimone tra testimoni che solo l’amore misericordioso salva e apre al futuro. Tutta la Chiesa cattolica, rappresentata simbolicamente da quanti hanno contribuito alla colletta che Francesco ha recentemente indetto per soccorrere le vittime della guerra nell’Ucraina orientale, vuole porre gesti concreti, segni profetici di attenzione alla persona umana”.
Un concetto simile, il cardinale lo ha espresso ieri mattina, durante la Divina Liturgia di Pentecoste celebrata a Leopoli nella Cattedrale greco-cattolica. “Sono venuto ad incontrare quanti sono stati colpiti dalla violenza della guerra, per portare l’abbraccio del Papa ed il sostegno concreto della carità della Chiesa”, ha detto Parolin.