“Prof, potrebbe leggere nelle classi il libro “Lasciami volare” e preparare tutti gli studenti all’incontro con Gianpietro Ghidini?”.
“Certo Maikol!” rispondo entusiasta.
Lo sono sempre quando vedo i rappresentanti d’istituto darsi da fare per organizzare belle cose. Però aggiungo: “Ma chi è Gianpietro Ghidini? E quel libro dove lo trovo? Di che parla? Quando verrà ‘sto tipo? E l’argomento qual è?”.
Maikol, dall’altra parte del telefono, mi risponde sorridendo tra il divertito e l’imbarazzato: “Ecco prof, facciamo così: potrei dare il suo numero alla responsabile dell’Associazione “Quattro maggio”, che ne dice? Così questa signora la chiamerà e le spiegherà tutto”.
Come si fa a dire di no a Maikol, un sorriso che più dolce non si può, con due occhi furbi da morire.
Un paio di settimane dopo ricevo la telefonata: “Prof.ssa Corvo Maria Cristina? Il suo numero me lo ha dato Maikol, un suo alunno, e…”
“Sì, sì, mi aveva avvertita!” rispondo, contenta di poter finalmente avere delle risposte. “Mi dica pure che sono felice di ascoltarla!”
“Ecco professoressa, nel nostro paese, un po’ di anni fa, è nata quest’associazione chiamata “Quattro maggio” in ricordo di due ragazzi, purtroppo morti per overdose. Quattro maggio è appunto la data di nascita di Danilo, uno dei due ragazzi. L’altro si chiamava Gabriele. Forse si ricorderà di questo fatto e…”.
Il mio cuore inizia a battere forte. Gabriele era un mio alunno: come dimenticarsi il suo sorriso? Come dimenticarsi di quel “fatto”?
La signora, intanto, mi spiega tutto molto bene. Mi parla di padri feriti a morte, dalla morte dei propri figli…di un papà che aveva voluto reagire a quel diluvio di dolore, facendo l’associazione “Quattro maggio” perché si occupasse di prevenzione alla tossicodipendenza…mi raccontava di iniziative volte a dare overdose di vita, più che prediche o informazioni sulle conseguenze della droga.
Più mi parlava e più mi sentivo felice di poter dare una mano a quest’Assemblea Generale della mia scuola. Ero sul serio emozionata di poter re-incontrare, nel mio cammino, Gabriele, il mio ex alunno.
Pian piano, ascoltando questa splendida signora, conoscevo anche Giampietro Ghidini (un altro papà a cui la droga ha rubato Emanuele, il suo bellissimo figlio sedicenne) e un fantomatico pesciolino rosso.
Era un’estate torrida ed Emanuele (che allora aveva solo sei anni) aveva visto un pesciolino agonizzante lungo la riva del fiume della città. Aveva tentato di salvarlo portandolo nel punto dove l’acqua era più abbondante ma un’anatra si era avvicinata improvvisamente e se l’era mangiato sotto i suoi occhi esterrefatti ed addolorati.
Dieci anni dopo. in quello stesso luogo dove il pesciolino rosso era stato inghiottito, anche Emanuele è stato inghiottito dalla morte.
Complici sono stati in tanti: la sua ingenuità, un “francobollo” di acido “salito male”, la faciloneria di amici più grandi, un papà che non lo aveva “ascoltato abbastanza” …
Quanti colpevoli ci sono dietro una morte per droga?
Tanti.
Ogni cucciolo d’uomo nasce affamato di amore; chiunque stoppa questo alimento, lasciandolo disidratato ed avido di affetto, contribuisce alla sua ricerca di overdose, in qualcosa d’altro.
Eppure sento che il nostro obiettivo non può ridursi al gioco “troviamo il colpevole”; cacciamo il capro espiatorio dal villaggio, affinché rimangano solo i puri ed i bravi.
Siamo tutti affamati di amore e tutti pieni di sensi di colpa per come lo doniamo male agli altri.
Le stesse famiglie possono diventare angoli di paradiso o schegge impazzite d’inferno. Siamo esseri capaci di amare e di odiare.
Perfino verso noi stessi, passiamo dall’odio all’amore, dal proteggerci al distruggerci.
Siamo creature fragili, spesso circondate di amori cresciuti in modalità errata. Amori opprimenti ed amori appena accennati, amori caotici ed amori distratti.
Ma sempre cerchiamo questo: l’amore. La cura. Qualcuno che ci dica: “Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie. Dai turbamenti che incontrerai per la tua via…”.
Quel qualcuno può essere un padre, una madre, un amico, un fratello, un insegnante, un allenatore, uno zio, un amante, un collega…
Non c’è minuto in cui noi non abbiamo bisogno di amore e la strada privilegiata per volere e volersi bene, è la libertà.
A maggio abbiamo avuto l’incontro con Giampiero Ghidini. Mentre lo ascoltavo, sentivo quante volte lui diceva ad una platea incantata, formata da adolescenti concentrati: “La verità vi aiuterà a diventare veramente liberi!”. Sarei voluta salire sul palco, solo per abbracciarlo e dirgli: “Grazie per essere arrivato al succo del discorso!”
Grazie per aver rubato la frase di Gesù: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32).
Grazie per averci buttato in faccia la realtà: siamo tutti esseri fragili con dipendenze varie, ma siamo tutti qualificati per conquistare la libertà interiore.
La libertà di sbagliare, per poi rialzarci con qualcosa di saggio in più.
La libertà di fare ciò che è bene, non fermandoci solo a ciò che piace.
La libertà di raccontarci così come siamo, senza tradire il nostro vero “io”.
La libertà di alzare lo sguardo verso il Cielo, senza essere schiavi solo dell’“adesso” e del “questo”.
La libertà di pensare a sé stessi con amore e rispetto, dicendo con sano orgoglio “Come me, nessuno mai!”
La libertà di chiedere a Gesù Cristo: portami vicino a Dio!
“C’è solo una buona definizione di Dio: La libertà che permette alle altre libertà di esistere.”
(John Fowles)
P.S. Chi vuol saperne di più sulla storia di Emanuele e sulle iniziative dell’associazione di Giampietro Ghidini, può visitare la pagina facebook Ema Pesciolinorosso od il sito http://www.pesciolinorosso.org/
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[Fonte: www.intemirifugio.it ]
Pixabay CC0 - 921563, Public Domain
Droga, morte, coraggio, verità, libertà: un padre coraggioso si racconta
Siamo creature fragili, spesso circondate di amori opprimenti e caotici ma cerchiamo sempre l’amore e la cura