Monsignor Francesco Moraglia: Vocazioni segno di Misericordia!

Nella Basilica di San Marco il Patriarca di Venezia ha ordinato stamane quattro nuovi presbiteri

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“Quanto più il prete vive tra coloro che sono lontani dal mondo della fede, tanto più diventa l’immagine che essi si fanno della Chiesa, del Vangelo e, addirittura, di Gesù. E quindi il prete può, con la sua persona e il suo modo di fare, essere motivo d’avvicinamento o d’allontanamento dalla Chiesa”.
Lo ha detto stamane nella basilica di San Marco a Venezia, monsignor Francesco Moraglia in occasione della Messa per l’ordinazione di quattro presbiteri: Alessio, Davide, Federico, Massimiliano.
Il Patriarca di Venezia, ha spiegato che i sacerdoti devono  “essere sempre riconoscibili come segni di Gesù” e per questo testimoniare “un concreto amore alla povertà e ai poveri che si manifesta nel distacco da sé, nella sobrietà dello stile, della parola, dell’abito”.
“L’abito, per il prete, – ha aggiunto – è indumento così povero da non esser neppur scelto e, però, dice un’appartenenza; il senso dell’abito per il religioso o il prete deve essere scelta di distacco e povertà”.
“Non nascondete mai il vostro essere preti” ha sottolineato il Patriarca, perché  “l’uomo non è fatto di sola interiorità ma anche d’esteriorità. Il prete dev’essere pronto a dare testimonianza e la visibilità, l’esserci, è la prima forma di testimonianza.
“La visibilità non è un privilegio. ma è il servizio da rendere in ogni frangente, ovunque, anche dove non siamo conosciuti”.
“E’ un modo – come ci ha ricordato di recente Papa Francesco – d’esser Chiesa “in uscita” a servizio di tutti gli uomini, soprattutto di quelli più feriti nell’anima e nel corpo, 24 ore su 24, anche fuori dell’abituale orario di ministero”.
Una riflessione particolare monsignor Moraglia ha voluto farla sulla preghiera, ed ha spiegato “come la preghiera ha avuto sempre il primo posto nella vita di Gesù, lo stesso è nella vita del prete; la preghiera apre e chiude le sue giornate, ne sostiene i momenti più significativi”.
“Quando al mattino molti ancora dormono, il pastore veglia in preghiera. (…) Il pastore è colui che prega ma anche colui che insegna a pregare. E s’impara a pregare lasciandosi portare dal grembo materno di una Chiesa orante. Sì, facciamo in modo che la nostra Chiesa sia sempre più orante; sarà anche una Chiesa sempre vicina a Gesù e ai poveri”.
Se si farà così, ha concluso il Patriarca “voi sarete – attraverso il sacramento dell’ordine – segno particolare di questa misericordia”.
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ZENIT Staff

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