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Essere o apparire

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Mt 6,1-6.16-18

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Lettura
Continua l’argomento della vera giustizia: «se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20). Gesù parla ora di tre pratiche religiose che non devono ridursi a semplici formalità, ma essere vissute con retto spirito.
Meditazione
Nella Didaché si legge che l’uomo ha davanti a sé due vie: quella della vita e quella della morte. La prima è quella dell’amore di Dio e del prossimo; la seconda, “piena di maledizione”, elenca peccati molto gravi e non tralascia i seguenti: «ipocrisia, doppiezza di cuore, inganno, superbia, malvagità, presunzione, cupidigia, turpiloquio, invidia, sfrontatezza, vanagloria, ostentazione» (cfr. I,V). Gesù colpisce quelle persone che si credono “a posto” davanti a Dio, solo per aver fatto qualche pratica religiosa. Svela l’opposizione tra la vera giustizia e quella falsa. Per dare il massimo di unità al proprio vissuto, è vitale quindi passare dalla questione della verità alla autenticità del vissuto. Nel momento in cui conosciamo la verità su ciò che è bene o male, siamo moralmente tenuti a dare alla vita il giusto orientamento. Dietro un’opera buona, si può sempre nascondere il tarlo dell’ambizione umana. Quanti secondi fini, del resto spesso palesi, sono in certe persone presenti a particolari funzioni religiose! Gesù traccia, dunque, la strada giusta della salvezza. Pertanto, nel fare l’elemosina, «non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra». La preghiera non è semplicemente una pia pratica, ma è il riconoscere Dio come “il tutto” della propria vita: Egli vede nel segreto del nostro cuore. Bando, poi, allo stile di pregare proprio dei pagani che si rivolgevano ai loro dèi con molta loquacità e lunghe filastrocche mnemoniche. All’epoca di Gesù il digiuno era di tutto il popolo, nella consapevolezza che i peccati erano un debito comune. Era facile assumere un volto compunto per essere visti dalla gente. Oggi questo pericolo è ridotto. Tutta la perìcope evangelica potrebbe essere un’appendice della Beatitudine: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio». Scrive Settimio Cipriani: «La purezza di cuore è la sincerità dello spirito, la volontà di seguire solo e sempre i precetti del Signore, di fare la sua parola, al di là dalla mera esecuzione delle prescrizioni ritualistiche: in questo modo è certo che il cuore dell’uomo s’incontra con Dio, combacia con la sua volontà, lo abbraccia, lo afferra, non solo lo “vede”, ma diremmo che lo “visualizza” nelle sue azioni anche esterne».
Preghiera
Signore, io sono quello che sono davanti a te. Il tuo occhio mi segue, il tuo amore mi rincorre, nulla di me ti sfugge. Che cresca nella tua grazia e viva della tua verità.
Agire
Essere sincero con me stesso e interrogarmi, prima di agire, se lo faccio per apparire o per amore di Dio.
Meditazione del giorno a cura mons. Alberto Maria Careggio, vescovo emerito di Ventimiglia – San Remo, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it
 

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ZENIT Staff

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