Fiocco azzurro al processo Vatikeaks 2. La diciassettesima udienza del procedimento per fuga di documenti riservati si è aperta con una bella notizia data dall’avvocato Laura Sgrò: Francesca Immacolata Chaouqui ha partorito questa mattina, intorno alle 11.30, il primo figlio suo e del marito Corrado Lanino. Si chiama Pietro Elijah Antonio, pesa 3.700 kg ed è “bello, pieno di capelli e in buona salute”. In buona salute è pure la mamma anche se ha dovuto affrontare un parto cesareo per mancanza di liquido amniotico, cosa che ha costretto i medici ad anticipare la nascita del bambino prevista per il 29 giugno.
La donna era ovviamente assente in aula, come pure l’altro coimputato Emiliano Fittipaldi. Presenti invece Nicola Maio e mons. Lucio Angel Vallejo Balda, tornato da sabato scorso in stato di semilibertà. Continua, cioè, ad alloggiare nella Caserma dei Gendarmi nella stessa cella “perché mi sento sicuro”, ma ha libertà di movimento in determinati orari sempre tra le mura vaticane. “Sto benissimo – ha detto ai giornalisti – mangio, leggo tanto, faccio 10 km di passeggiate e non prendo nessun medicinale”.
Presente in aula anche Gianluigi Nuzzi che ha occupato i primi 10 minuti dei trenta dell’udienza con una dichiarazione spontanea tesa a chiarire due aspetti della deposizione del gendarme Stefano De Santis. Ovvero quella “fitta corrispondenza” via mail tra il monsignore e Nuzzi riscontrata dalle prime analisi.
“Non c’era nessuna fitta corrispondenza”, ha puntualizzato l’autore di Via Crucis, “le uniche email riguardavano un documento su una presunta truffa ai danni dello Ior di cui chiedevo conferma perché d’interesse per il mio libro. Lo stesso Balda mi disse successivamente di aver trasmesso la documentazione all’AIF (Autorità di Informazione finanziaria). La corrispondenza avveniva su Whatsapp”.
Il secondo aspetto da chiarire era il documento sul Vatican Asset Management (VAM) che, secondo il gendarme, la Chaouqui avrebbe passato al giornalista nonostante si trattasse di materiale “strasegreto”, “frutto più importante della sottocommissione segreta della Cosea”. Anche in questo caso una smentita: “Per quello che mi riguarda – ha detto Nuzzi – la Chaouqui è stata solo un contatto per conoscere Balda”. “Il documento sul Vam che ho rappresentato a pagina 307 e 308 del mio libro – ha aggiunto – era un documento Power Point e non Word. Non ho memoria di materiale Word inviatomi dalla Chaouqui sul Vam”. In ogni caso, ha detto il conduttore di Quarto Grado, “stiamo parlando di una questione marginale” visto che il progetto del Vatican Asset Management “era stato bocciato dal Santo Padre ben prima che iniziassi a scrivere il libro”. In più, già nel 2014 erano usciti articoli a riguardo “molto più dettagliati di quelle tre righe pubblicate su Via Crucis”. Come quell’articolo de Il Sole 24 Ore del 22 maggio 2015 acquisito oggi agli atti.
Finita la dichiarazione di Nuzzi, la Corte ha ascoltato i due periti Paolo Atzeni e Stefano De Nardis i quali hanno informato sullo svolgimento della perizia informatica, manifestandosi in pieno “accordo” fra di loro (“Abbiamo lavorato in simbiosi”, ha detto De Nardis) e con la Gendarmeria vaticana che ha messo a disposizione il materiale in custodia. Ovvero il telefonino e il pc di Balda. Atzeni, in proposito, ha confermato “la veridicità tra il materiale elettronico e quello cartaceo depositato agli atti”.
Dichiarazioni che non hanno tuttavia convinto l’avvocato Laura Sgrò, legale della Chaouqui, che ha messo alle strette l’ingegnere domandandogli se avesse effettivamente mai visto il pc di Balda. “No”, ha risposto Atzeni, “non l’abbiamo visto perché i dati sono stati estratti dalla Gendarmeria dall’account gmail” del monsignore. Sono stati i gendarmi infatti ad occuparsi di trascrivere “davanti a noi” email, sms e messaggi Whtasapp; tutto il lavoro, in ogni caso – ha precisato il perito – “è stato svolto insieme attraverso un interfaccia auto-esplicativo”.
Ma la Sgrò ha incalzato domandando se Atzeni e De Nardis avessero mai preso visione dei verbali del sequestro e di quelli sulla catena di custodia dei dispositivi, in modo da avere la certezza che tale materiale non fosse mai stato manomesso.“Non ricordo se ho visto i verbali”, ha detto l’ingegnere, “non era tra le richieste del Tribunale”. E su una eventuale manomissione: “È una cosa che non potrei dire”.
Uno scambio è avvenuto anche tra l’avvocato della pr e il presidente Dalla Torre, che si è soffermato sul supplemento di perizia da lei richiesto per chiederle se lo ritirasse. Cosa che la Sgrò ha fatto dopo aver puntualizzato che “queste prove sono saltate fuori alla fine. Queste mail di cui si parla le ha viste solo la Gendarmeria, noi non sappiamo neppure quante fossero, se ce ne fossero a favore o contrarie…”. “Se è per questo – ha replicato piccato Dalla Torre – non abbiamo visto neppure le email della sua assistita Chaouqui visto che le ha cancellate tutte”. In ogni caso le mail evidenziate dai gendarmi non rappresentano prove contro Balda e la pr.
L’udienza si è conclusa alle 16.15. Il prossimo appuntamento, su richiesta degli stessi avvocati “per esigenze professionali”, è stato fissato al 4 luglio alle 15.30, per le requisitorie dell’accusa. Si proseguirà il 5 e 6 luglio con le arringhe della difesa ed eventuali repliche. Poi ci sará la Camera di Consiglio, infine la sentenza che porrà fine a questa triste pagina di storia vaticana.