A football

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Il calcio tra vulnerabilità, inclusione e felicità

Giocare a pallone è diventato per molti una terapia e una possibilità di emancipazione sociale

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“Giocare e divertirsi da matti”: sembra essere questa la via migliore per recuperare tanti ragazzi – tutti pazienti psichiatrici – dal disagio sociale, fisico e mentale.
Nella Sala Marotta dell’Istituto di Sanità di Roma, a pochi passi dal polo universitario, i dirigenti sanitari ed esperti psichiatri si sono riuniti per discutere di sport e salute mentale: due variabili sempre più interconnesse e interdipendenti. Gioco del calcio, vulnerabilità, inclusione e felicità è il nome del convegno organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Dipartimento di Salute Mentale ASL RM 2 e dal Centro di ricerca universitario Health Human Care and Social Intercultural Assessments dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un’occasione di approfondimento per affrontare, alla presenza di rappresentanti istituzionali, universitari, scientifici, sportivi, imprenditori e appartenenti alla società civile, un percorso di riflessione sul tema dello sport come strumento di promozione della salute mentale e di lotta alla discriminazione basata sul pregiudizio nei confronti del malato.
All’evento hanno partecipato il Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, Vito De Filippo, relatori del mondo universitario, dei Dipartimenti di Salute Mentale delle ASL, tra cui il dott. Paolo Boccara Direttore DSM ex ASL RMB e il prof. Pietro Bria Direttore del Centro di ricerca universitario Health Human Care and Social Intercultural Assessments dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’Istituto Superiore di Sanità, tra cui il prof. Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto e il Dott. Santo Rullo, medico psichiatra dell’International Football Committee on Mental Health, rappresentanti della FIGC, del CONI e dello sport, come l’ex giocatore della Roma Sebastiano Nela, oltre a esponenti del mondo del giornalismo e del cinema tra cui Volfango De Biasi, regista di Crazy for football: il documentario che racconta l’avventura della Nazionale italiana di calcio a 5 per persone con problemi di salute mentale, allenata da Enrico Zanchini, tra i partecipanti, che ha preso parte a Osaka al primo Campionato mondiale di calcio per persone affette da disturbi psichici.

Sarà, inoltre, l’occasione per presentare l’impegno e il sostegno di persone appartenenti alla società civile a iniziative volte a promuovere i valori dello sport a difesa della salute mentale: il regista Carlo Verdone, che ha sostenuto come padrino la partecipazione della Nazionale di calcio a 5 per persone con disagi mentali al primo Campionato del mondo tenutosi in febbraio, in Giappone, l’attrice Ambra Angiolini, l’interprete teatrale Danila Stalteri, che donerà l’intero incasso di un suo prossimo spettacolo alla prosecuzione delle attività della nazionale e l’imprenditore Claudio Toti, che ha offerto la disponibilità del Globe Theatre per lo spettacolo di raccolta fondi.
Uno dei focus è l’importanza del gioco come terapia e possibilità di emancipazione sociale come sostengono il dott. Emanuele Caroppo, dirigente medico psichiatra del Pertini e il dott. Nicola De Toma, dirigente medico psichiatra ASL RM 2, raccontando quanto i pazienti fossero reclusi e isolati in manicomio e come il calcio, invece, fosse un modo per renderli più indipendenti e autonomi. Molto importante, dal punto di vista meramente pratico, è il ruolo delle polisportive aperte, anche, ai disabili mentali, per le quali esiste tutto un sistema di finanziamenti pubblici e privati, per facilitarne l’inclusione con gli altri.
Infatti, per Alessandro Palazzotto, vicepresidente di Special Olympics Italia, para-olimpiadi per pazienti psichici, lo sport può contribuire a combattere lo stigma, il pregiudizio, così come avviene durante gli Special Olympics, che con cadenza quadriennale radunano 101 atleti scelti per rappresentare l’Italia: un’esperienza che ha arricchito la vita dei disabili, che per tutto l’anno si allenano e riuniscono, facendo amicizie e diventando veri e propri professionisti dello sport. Fondamentale è pertanto sensibilizzare l’opinione pubblica su queste iniziative, garantendo una copertura mediatica sistematica e totale, così come fecero le Iene nel 2015, seguendo gli atleti sino a Los Angeles.
Zenit - RR
Lo stesso concetto è affermato dal dott. Santo Rullo, medico psichiatra dell’International Football Committee on Mental Health, che ribadisce quanto lo sport sia un diritto per i pazienti psichiatrici, che come tutti, meritano di muoversi, relazionarsi, lavorare e godersi l’arte. Ed è innegabile il valore dello sport nella vita dei disabili mentali, che grazie al movimento mantengono il peso forma, producono naturalmente dopamino e sviluppano le cosiddette social skills. Per alcuni, lo sport rappresenta l’occasione di vestire i colori della Nazionale, come per i 12 selezionati dall’allenatore di calcio a 5 Enrico Zanchini, che coadiuvato da un preparatore atletico d’eccezione, l’ex pugile plurimedagliato Vincenzo Cantatore, hanno guadagnato il 3° posto ai Mondiali di Osaka in febbraio e si preparano ai prossimi, nel 2018, a Roma, sotto la supervisione di Santo Rullo e il patrocinio del Coni.
Per altri, lo sport è diventato un lavoro, come per un ragazzo della Nazionale di calcio a 5, ormai completamente riabilitato, che è diventato un calciatore professionista di una squadra di Trieste e un altro, invece, allenatore dei pulcini, bambini che non hanno il minimo sospetto del suo passato da paziente psichiatrico.
Dunque, la riabilitazione passa attraverso lo sport – il calcio e gli sport olimpici e tutte attività ludiche e socio-ricreative – che agevolano l’integrazione, il recupero e anche una diminuzione delle dosi dei farmaci. Infatti, spiega, Vincenzo Cantatore, preparatore atletico della squadra azzurra, come alcuni esercizi specifici, riescano in un tempo che va dai 15 ai 50 minuti, a rilasciare endorfine e consentire al paziente, di sorridere, scherzare e concentrarsi. Una vera e propria terapia, protocollata già in Nord America, dapprima per i pazienti affetti da Parkinson e poi estesa ai depressi e a tutti gli altri, per l’efficacia dimostrata in breve tempo.
Rivela a Zenit, Cantatore: “Si tratta di una vera e propria metodologia che abbiamo perfezionato con lo psichiatria Santo Rullo, unendo i nostri specifici know-how e registrato con un marchio. Se avessi a disposizione tanto spazio, in questo modo potrei allenare anche 600 persone insieme e i benefici si possono testare sin dall’inizio”. Conclude, l’ex campione: “Sarebbe necessario che anche le istituzioni sanitarie integrassero questo metodo nelle loro terapie e avviassero una ricerca scientifica, come negli Stati Uniti”.
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L’ultima parola, spetta al bomber della Nazionale, Ruggero Della Spina, che racconta: “Quando gioco mi sento meglio e meno statico. Sono un attaccante, mi sono affezionato a tutti i compagni e spero di continuare con la Nazionale, migliorare le prestazioni e fare più gol. E alla domanda su quale sia il suo sogno, da vero atleta professionista risponde: “Andare ai Mondiali e fare tante trasferte dove possiamo allenarci e passare del tempo insieme”.
Ed è proprio il sorriso di Ruggero, il miglior test dell’efficacia dello sport come terapia e come momento di interazione sociale che consenta ai ragazzi, soprattutto, di poter stare insieme: tutti uguali, di fronte a un pallone, pronti a prendere a calci la malattia e il pregiudizio sociale.
E con i complimenti, inviati per missiva dal presidente del Coni Gianni Malagò, a tutta la Nazionale a 5, si chiude il convegno: il primo di una lunga serie di interventi necessari per l’integrazione e il riscatto sociale dei disabili psichici.

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Rita Ricci

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