"Madre Hesselblad e il suo anelito all'unità". Messa di Parolin alla Chiesa del Gesù

All’indomani della canonizzazione in piazza San Pietro, celebrazione del Segretario di Stato con le suore dell’ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida

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Dopo la grande Messa in piazza San Pietro presieduta da Papa Francesco, le celebrazioni per la canonizzazione di madre Maria Elisabetta Hesselblad sono proseguite questa mattina con la Messa celebrata dal cardinale Pietro Parolin nella Chiesa del Gesù, a Roma.
Alle suore dell’ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, il Segretario di Stato ha affidato una precisa missione: “Una preghiera per i fratelli cristiani ancora separati e le comunità cattoliche scandinave”, ma soprattutto una preghiera “per il viaggio di Papa Francesco a Lund in Svezia, il 31 ottobre, per prendere parte a una cerimonia congiunta fra la Chiesa cattolica e la Federazione luterana mondiale, per commemorare il 500° anniversario della Riforma”.
Nella sua omelia – riportata da L’Osservatore Romano – Parolin ha sottolineato che “l’efficacia dell’ecumenismo non è legata alle nostre buone intenzioni, ma alla capacità di rimanere uniti a Gesù: più lo saremo, maggiore sarà anche l’unione tra noi”. Questo madre Hesselblad lo aveva ben compreso; lei – ha detto il cardinale – “racchiude in sé la forza ecumenica della comunità dei credenti”; nata in Svezia, in una famiglia luterana, “giunse alla fede cattolica dopo un itinerario travagliato, alla cui base si staglia la preghiera, senza la quale non esiste nessun ecumenismo”.
Madre Maria Elisabetta fece proprio “l’anelito all’unità”, convinta che “per aiutare il mondo a riscoprire la sua vocazione originaria all’interno del piano divino di salvezza, è necessaria la piena unità, prima nei cuori, e poi visibile, tra i discepoli di Cristo”. “La particolarità di questa tensione – ha osservato il porporato – si trova proprio nel modo specifico in cui la santa l’ha intesa: vivendola in prima persona come ricerca assidua e costante dell’unico vero ovile”.
“Con il passare degli anni — ha proseguito— madre Hesselblad imparò che per raggiungere la meta dell’unità, oltre alla preghiera, era necessario anche il sacrificio”. E così “abbracciò quella croce che il Signore aveva preparato per lei, una croce fatta di abbandono, di incomprensioni, di sofferenze intime, di grandi difficoltà nel portare avanti la sua opera, l’ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida”.
Una croce, ha detto il Segretario di Stato, “che visse anche nel corpo oltre che nell’anima, per via di quelle malattie che segnarono il suo fisico”; “volendo imitare la sua connazionale, la grande Brigida, sperimentò nella sua carne il celebre motto: Amor meus crucifixus est“. Una frase che divenne “il programma di vita” di madre Hesselblad e che ella trasmise poi a tutte le suore.
Alla scuola di Maria, ha proseguito il card. Parolin, la Santa “divenne la donna del sì, che le costò non poco, ma che fu fonte di benedizioni per la causa dell’unità”. Lei non si accontentava “di mezze misure” o di compromessi: “Essendo donna in cammino, ben rappresenta la nostra umanità, che più o meno consapevolmente, è alla ricerca di un senso alla vita”.
In particolare il Segretario di Stato ha ricordato una frase della religiosa “che rivela la sua gratitudine al Signore per aver messo nella sua anima quell’inquietudine che non la fa stare in pace fino a quando il suo cuore non riposa in Cristo: ‘Ti ringrazio, mio Dio, perché mi hai concesso l’ansia della ricerca’”.
“Una grande colonna – ha osservato – sulla quale la Santa costruì il risorto ordine di Santa Brigida e tutto il suo impegno ecumenico è quella dell’amore e della carità”. Lei, questa carità, la testimoniò in prima persona soprattutto durante la Seconda Guerra mondiale, ospitando profughi ebrei nella casa di piazza Farnese.
“Sì – ha detto Parolin – la madre considerava pura utopia raggiungere la meta della piena unità dei cristiani senza amore: se i credenti non ricreeranno nelle loro comunità, nei loro rapporti interpersonali, il clima della Chiesa primitiva, dove tutti erano un cuor solo e un’anima sola, l’ecumenismo rimarrà un pio desiderio”.

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ZENIT Staff

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