© PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO

Bergoglio “padre spirituale” dei sacerdoti

In tutte le sue predicazioni rivolte al clero, papa Francesco conserva l’approccio del carisma gesuitico

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Ascoltando le catechesi di Papa Francesco si percepisce una particolare sensibilità gesuitica nell’essere il “consigliere” e “padre spirituale” di sacerdoti, svolgendo il compito di guida, padre e maestro, quasi “tutor” che accompagna, e sostiene il percorso formativo dei sacerdoti per una Chiesa da “rinnovare”.
Le affettuose e puntuali osservazioni, i suggerimenti e i richiami nelle omelie a Santa Marta e negli incontri specifici, sono indicativi di uno stile sacerdotale secondo lo spirito e il carisma di Sant’Ignazio di Lojola, fondatore della Congregazione dei Gesuiti.
Anche nelle celebrazioni delle solenni ordinazioni episcopali e sacerdotali, l’intervento di papa Francesco lascia le sfere dell’alta teologia e si rende pratico e concreto per una traduzione visibile dei valori cristiani nel servizio presbiterale e nella testimonianza di essere “uomini di Chiesa”.
Il pensiero pedagogico di papa Bergoglio è chiaro e trasparente, deciso e convinto, costante e pressante.
Gutta cavat lapidem” e le lezioni di povertà, di distacco, di servizio diventano ogni giorno stimolo al cambiamento, ad una nuova vita di testimonianza clericale, rispondendo ai bisogni spirituali e materiali dei fedeli che chiedono alla Chiesa aiuto e conforto.
La Cattedra Scholas Occurentes, recentemente istituita, quindi, non è tanto un corso di laurea, un insegnamento, ma esprime l’idea di ‘andare a scuola’ dal Papa, di tradurre il pensiero del Papa in azione, in servizio e di imparare facendo”.
I messaggi e gli insegnamenti del Papa: “Non bisogna aver paura di dialogare, il dialogo è un ponte”, “Predicare la bellezza e mostrare la bellezza aiuta a neutralizzare la violenza”, significa iniziare a un “cammino di ottimismo e speranza”.
Ribadendo poi che “il mondo ha bisogno di tenerezza, ascolto e di camminare insieme”, il Capo della Chiesa esercita il suo Magistero, “esortando” e testimoniando i valori cristiani. Espressioni che hanno riempito i titoli dei giornali, come “portare addosso l’odore delle pecore”, sono indicative di una pedagogia che rende il sacerdote “samaritano” e pronto a servire, a donare, a donarsi. “Un uomo che cerca, include e gioisce. Che si dona al proprio gregge, “con tutto se stesso” non al 50 o al 60% perché è pastore, non “ispettore” né “ragioniere dello spirito”. È un “Ministro della comunione” che celebra e vive, che “non si aspetta i saluti e i complimenti degli altri, ma per primo offre la mano, rigettando pettegolezzi, giudizi e veleni”. Un padre, che “con pazienza” ascolta i problemi della gente, perdona, “non sgrida chi lascia o smarrisce la strada”, ma anzi è “inquieto” finché non ritrova quella pecora smarrita che ricerca fuori degli orari di lavoro e “senza farsi spaventare dai rischi”.
Le decise e ferme pennellate con cui il Papa tratteggia la figura del vero pastore puntando al cuore, ovvero “all’interiorità, alle radici più robuste della vita, al nucleo degli affetti, in una parola, al centro della persona”, rivelano un carisma ed una direzione spirituale da tracciare e seguire.
Il ministero sacerdotale è complesso, carico e pieno di molteplici iniziative, dalla catechesi alla liturgia, alla carità, agli impegni pastorali e anche amministrativi. E in mezzo a tante attività si rischia di perdere la bussola e di non capire più dove sia “fisso” il proprio cuore e quale “tesoro” esso cerchi.  Ed ecco la risposta alla domanda: “Dove è orientato il mio cuore?”. Un “interrogativo fondamentale della vita sacerdotale” che occorre riproporre “ogni giorno, ogni settimana”. 
L’icona del Buon Pastore incisa sulla croce pettorale di papa Francesco diventa simbolo e regola per l’azione pastorale che ricerca la pecorella smarrita per condurla all’ovile e guida e indirizza verso il bene le 99 pecore che sono nell’ovile.
Secondo la didattica gesuitica, la proposta indicativa delle tre azioni da mettere in atto – cercare, includere e gioire – sintetizzano una lezione magistrale che si traduce in azioni concrete e in un ministero presente e di servizio alla Comunità.
La dolcezza e la tenerezza del “buon padre di famiglia” diventano anche fermezza e richiamo alla responsabilità come il “guai ai pastori che privatizzano” o come si legge nel motu proprio Come una madre amorevole, pubblicato da papa Francesco, che entrerà in vigore il 5 settembre 2016, nel quale sono indicate le procedure di richiamo alle responsabilità specifiche dei vescovi diocesani e degli eparchi, chiamati ad una “particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate”.
Il Pontefice si sofferma sulla responsabilità specifica dei vescovi diocesani e degli eparchi, chiamati ad una “particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate”. Le norme, già previste nel Diritto Canonico, trattano della possibilità di rimozione dall’ufficio ecclesiastico “per cause gravi” e in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili.
Il sacerdote di Cristo – dice il Papa – è unto per il popolo, non per scegliere i propri progetti, ma per essere vicino alla gente concreta che Dio, per mezzo della Chiesa, gli ha affidato. Nessuno è escluso dal suo cuore, dalla sua preghiera e dal suo sorriso”. “Con sguardo amorevole e cuore di padre accoglie, include e, quando deve correggere, è sempre per avvicinare; nessuno disprezza, ma per tutti è pronto a sporcarsi le mani”. Egli “non si aspetta i saluti e i complimenti degli altri, ma per primo offre la mano, rigettando i pettegolezzi, i giudizi e i veleni. Con pazienza ascolta i problemi e accompagna i passi delle persone, elargendo il perdono divino con generosa compassione. Non sgrida chi lascia o smarrisce la strada, ma è sempre pronto a reinserire e a ricomporre le liti”. È un pastore che gioisce di una gioia che “nasce dal perdono, dalla vita che risorge, dal figlio che respira di nuovo l’aria di casa”. Una gioia che non è per sé ma “per gli altri e con gli altri”. La gioia vera dell’amore e della misericordia che “gratuitamente dona”. “La tristezza per lui non è normale, ma solo passeggera; la durezza gli è estranea, perché è pastore secondo il Cuore mite di Dio”.
Anche il riferimento all’enciclica di Pio XII sulla devozione al Sacro Cuore, Haurietis acquas, del 15 maggio 1956, accolto con plauso dai “tradizionalisti” consolida il magistero di Papa Francesco che mette al centro il “Cuore di Gesù”.
Scrive, infatti, Pio XII: “Dio manifesta verso il popolo eletto un amore tale, cioè giusto e santamente sollecito, qual è appunto l’amore di un padre misericordioso e amorevole, o di uno sposo, il cui onore è conculcato. È un amore che, lungi dal raffreddarsi o venir meno alla vista di mostruose infedeltà e d’ignobili tradimenti, prende da essi motivo per infliggere ai colpevoli i meritati castighi – non già per ripudiarli e abbandonarli a se stessi – ma soltanto allo scopo di vedere la sposa resasi estranea e infedele, e i figli ingrati, pentirsi, purificarsi e tornare a riunirsi con lui con rinnovati e più solidi vincoli di amore»….Il mistero della divina redenzione, è primariamente e naturalmente un mistero d’amore: un mistero, cioè, di amore giusto da parte di Cristo verso il Padre celeste, cui il sacrificio della Croce, offerto con animo amante e obbediente, presenta una soddisfazione sovrabbondante e infinita per le colpe del genere umano».. «Il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù», concludeva Pio XII «non è in sostanza che il culto dell’amore che Dio ha per noi in Gesù, ed è insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli uomini»
Incontrando i Diaconi per la cerimonia del Giubileo a loro dedicata, papa Francesco ha declinato il termine “servizio” nella complessità della presenza della Chiesa nel mondo e i diaconi sono appunto preposti a tale generoso e prezioso compito.
Il servizio cristiano consiste nell’imitare Dio servendo gli altri, “accogliendoli con amore paziente, comprendendoli senza stancarci, facendoli sentire accolti, a casa, nella comunità ecclesiale, dove non è grande chi comanda, ma chi serve”.

Queste parole del Papa accompagnino il cammino spirituale dei sacerdoti e dei diaconi per restituire alla Chiesa il vero volto di Mater et Magistra e insieme ai fedeli laici collaborare per il vero bene comune dell’intera umanità.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Giuseppe Adernò

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione