Maria Elisabetta Hesselblad nacque in Svezia, il 4 giugno 1870, quinta di tredici figli. Di religione luterana, a 18 anni emigrò in America per aiutare economicamente la sua famiglia. Qui visse lunghi anni (1888-1904) solerte infermiera nel grande ospedale Roosvelt di New York, dove a contatto con la sofferenza e la malattia affinò la sua sensibilità umana e spirituale conformandola a quella della sua compatriota Santa Brigida.
Fin dall’adolescenza il suo anelito fu la ricerca dell’Unico Ovile. Così lei descrive questa sua ansia nelle Memorie autobiografiche: “Da bambina, andando a scuola e vedendo che i miei compagni appartenevano a molte chiese diverse, cominciai a domandarmi quale fosse il vero Ovile, perché avevo letto nel Nuovo Testamento che ci sarebbe stato “un solo Ovile ed un solo Pastore”.
Pregai spesso per essere condotta a quel’Ovile e ricordo di averlo fatto specialmente in un´occasione quando, camminando sotto i grandi pini del mio paese natio, guardai in special modo verso il cielo e dissi: “Caro Padre, che sei nei cieli, indicami dov’è l’unico Ovile nel quale Tu ci vuoi tutti riuniti”.
Mi sembrò che una pace meravigliosa entrasse nella mia anima e che una voce mi rispondesse: “O, figlia mia, un giorno te lo indicherò. Questa sicurezza mi accompagnò in tutti gli anni che precedettero la mia entrata nella Chiesa”. Guidata da un dotto Gesuita studiò con passione la dottrina cattolica e, con meditata scelta, l´accettò, facendosi battezzare sotto condizione il giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria del 1902 negli USA.
Descrivendo il tempo che precedette questo suo passo nella Chiesa cattolica scrive: “Passarono alcuni mesi durante i quali la mia anima fu immersa in un’agonia che credetti mi avrebbe tolta la vita. Ma la luce venne, e con essa la forza. Per tanto tempo avevo pregato: “O Dio, guidami Luce amabile!” ed effettivamente mi fu concessa una luce benevola e con essa una pace profonda ed una ferma decisione di fare immediatamente il passo decisivo ed entrare nell’unica vera Chiesa di Dio.
Oh! bramavo di essere esteriormente quella che ero da tanto tempo nell’interno del mio cuore e scrissi subito alla mia amica al Convento della Visitazione a Washington: “Adesso vedo tutto chiaro, tutti i miei dubbi sono scomparsi, devo divenire immediatamente figlia della vera Chiesa e tu dovrai farmi da madrina…Prega per me e ringrazia Dio e la Beata Vergine”. Nella primavera del 1903 Maria Elisabetta si trovava a casa in Svezia e prima di partire per far ritorno in America scrisse alla nonna i seguenti versi:
“Ti adoro, grande prodigio del cielo,
Che mi dai cibo spirituale in abito terreno!
Tu mi consoli nei miei momenti bui.
Quando ogni altra speranza per me spenta!.
Al Cuore di Gesù presso la balaustra dell´altare
Eternamente in amore sarò legata”.
Nel 1904 si recò a Roma e, con uno speciale permesso del Papa S. Pio X, vestì l’abito brigidino nella casa di Santa Brigida allora occupata dalle Carmelitane. Prima della partenza mandò a sua sorella Eva un racconto della sua vita sotto forma di preghiera: “Nella mia infanzia Ti vidi nei profondi boschi del mio paese e udii la Tua voce nel sussurro del piano e dell´abete. Ti vidi nella mia prima infanzia, quando il minerale si spezzava risonando dai monti del Norrland… Tu guidasti la mia vita sui grandi oceani… Ti vidi nel mio nuovo paese: nel’abbandono e nella solitudine del cuore. Mi eri vicino.
Eri il mio massimo bene! Tu accendesti nel mio animo il desiderio del bene, il desiderio di alleviare la sofferenza, il dolore e la miseria… Camminasti con me nei vicoli stretti e bui dove vivono i Tuoi più piccoli e più dimenticati… Ho sognato il ritorno al mio paese natale, una “Casa della Pace” nella mia dolce patria, ma la Tua voce mi ha chiamata all’eterna Roma – alla casa di S. Brigida… La lotta è stata grande e difficile, ma la Tua voce così esortante. Signore, prendi da me questo calice, che non è mio senza la Tua volontà.
Le Tue mani trapassate hai teso verso di me per esortarmi a seguirTi sul sentiero della Croce fino alla fine della vita. Ecce ancilla Domini. “Signore, fai di me ciò che vuoi. Mi basta la Tua Grazia”. Dietro ispirazione dello Spirito Santo ricostituì l’Ordine di Santa Brigida (1911), rispondendo alle istanze e ai segni dei tempi, e rimanendo fedele alla tradizione brigidina per l’indole contemplativa e la celebrazione solenne della liturgia. Il suo apostolato fu ispirato dal grande ideale “Ut omnes unum sint” e questo la spinse a dare la sua vita a Dio per unire la Svezia a Roma.
Così scriveva il 4 agosto 1912 in mezzo alle grandi prove degli inizi della sua fondazione: “L’uragano del nemico è grande ma la mia speranza rimane tanto più ferma che un giorno tutto andrà bene. Per la Croce alla luce! Quello che si semina nelle lacrime si raccoglie nella gioia. E il nostro caro Signore ha detto: “Dove due o tre sono riuniti nel Mio nome, io sono in mezzo a loro”. Questo diciamo a Lui affinché Egli supplisca a quello che manca in noi e attorno a noi per il compimento della vocazione alla quale ci ha, così indegne come siamo, chiamate.
Con molto coraggio e lungimiranza nel 1923 riportò le figlie di Santa Brigida in Svezia. Le sofferenze fisiche l´accompagnarono per tutta la vita. La cronaca di questi anni riporta queste sue parole alle Figlie: “Vedete, il dottore non comprende che io ho una ragione per soffrire e donare le mie pene; desidero, se il Signore le accetta, offrire tutte le mie sofferenze e pene per questa attività e per la Svezia”.
Nel 1936 a una sua Figlia in difficoltà faceva pervenire queste parole: “La nostra vita è una vita di sacrificio nel servizio di Dio. Il sacrificio è contro la nostra natura – le attrazioni del mondo con le sue soddisfazioni ci attirano – ma come tu già sai, la nostra vita è una vita di sacrificio che ci dona non solo quella pace interiore, ma quella gioia che possiamo trovare nel Signore. Ma per arrivare a questo atto, la donazione di noi stesse a Dio deve essere completa ed incrollabile. Non solo una parte della mia attività! Non solo una parte dei miei desideri! Non solo una parte del mio amore! No, Signore, anche un pensiero che non è per la Tua gloria sia lontano da me, e i battiti del mio cuore siano espressioni del mio amore per Te; così anche il mio desiderio sia di essere un sacrificio di me stessa, nel tuo servizio per la salvezza degli uomini, come Tu vuoi, non come mi piace. Così pensa una sposa di Gesù…”.
Tutta la sua vita era stata contraddistinta da una continua carità operosa. Durante la seconda guerra mondiale diede rifugio a molti ebrei perseguitati e trasformò la sua casa in un luogo dove le sue figlie potevano distribuire viveri e vestiario a quanti si trovavano in necessità. In una lettera a sua sorella Eva aveva scritto: “Quaggiù viviamo in condizioni assai difficili, ma la Provvidenza di Dio ci assiste in molti modi meravigliosi. Abbiamo ancora la casa piena di profughi, in quest´anno di afflizione 1944”.
Il 24 aprile 1957 dopo una lunga vita segnata dalla sofferenza e dalla malattia morì nella casa di Santa Brigida a Roma, lasciando grande fama di santità tra le sue Figlie Spirituali, nel clero e tra la gente povera e semplice, che la venerò Madre dei poveri e Maestra dello spirito. San Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 9 aprile 2000 e papa Francesco il 14 dicembre 2015 ha riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione, che apre così la strada alla sua canonizzazione, avvenuta stamane insieme a quella del Beato Stanislao di Gesù Maria (al secolo Jan Papczyński).
[Fonte: Santa Sede]
La beata Maria Elisabetta Hesselblad è Santa
Papa Francesco l’ha canonizzata stamane in Piazza San Pietro a Roma