I vescovi che si siano dimostrati negligenti nei casi di abusi sui minori da parte del clero saranno rimossi dal loro incarico. Lo stabilisce il motu proprio Come una madre amorevole, pubblicato oggi da papa Francesco, che entrerà in vigore il 5 settembre 2016.
“Come una madre amorevole la Chiesa ama tutti i suoi figli – scrive il Santo Padre nell’apertura del documento – ma cura e protegge con un affetto particolarissimo quelli più piccoli e indifesi: si tratta di un compito che Cristo stesso affida a tutta la Comunità cristiana nel suo insieme. Consapevole di ciò, la Chiesa dedica una cura vigilante alla protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili”.
Il Pontefice si sofferma poi sulla responsabilità specifica dei vescovi diocesani e degli eparchi, chiamati ad una “particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate”.
È già il Diritto canonico a prevedere la possibilità di rimozione dall’ufficio ecclesiastico “per cause gravi”. In tal caso, il motu proprio Come una madre amorevole va a specificare che tra dette “cause gravi”, figura “la negligenza dei Vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili, previsti dal MP Sacramentorum Sanctitatis Tutela”, promulgato da San Giovanni Paolo II ed emendato da Benedetto XVI.
Secondo l’articolo 1 di Come una madre amorevole, è rimovibile dall’incarico il vescovo o l’eparca che, “per negligenza”, abbia “posto od omesso atti che abbiano provocato un danno grave ad altri, sia che si tratti di persone fisiche, sia che si tratti di una comunità nel suo insieme”.
La rimozione può avvenire solo se il presule abbia “oggettivamente mancato in maniera molto grave alla diligenza che gli è richiesta dal suo ufficio pastorale, anche senza grave colpa morale da parte sua” (§ 2), tuttavia, “nel caso si tratti di abusi su minori o su adulti vulnerabili è sufficiente che la mancanza di diligenza sia grave” (§ 3).
Nel caso si riscontrino “seri indizi”, la competente Congregazione della Curia Romana “può iniziare un’indagine in merito, dandone notizia all’interessato e dandogli la possibilità di produrre documenti e testimonianze”, mentre il vescovo interessato avrà diritto alla difesa secondo i “mezzi previsti dal diritto” (cfr art. 2).
Una volta riunitasi, la Congregazione avrà due alternative: 1) emettere direttamente il decreto di rimozione; 2) esortare il vescovo a formalizzare la rinuncia entro 15 giorni, al termine dei quali, la Congregazione emette il decreto di rimozione (cfr art. 4).
Ultimo passaggio dell’iter giudiziario è l’approvazione della rimozione da parte del Romano Pontefice, il quale “prima di assumere una decisione definitiva, si farà assistere da un apposito Collegio di giuristi, all’uopo designati” (art. 5).
In una nota, il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, ha precisato che la rimozione di un vescovo ai sensi del nuovo motu proprio non ha nulla a che vedere con un “procedimento penale”, perché non si tratta di un “delitto” compiuto, ma di casi di “negligenza” da parte di Vescovi o Superiori religiosi.
Inoltre, ha sottolineato Lombardi, “non è chiamata in causa la Congregazione per la Dottrina della Fede, perché non si tratta di delitti di abuso, ma di negligenza nell’ufficio”.
Un aspetto di novità, ha osservato il portavoce vaticano, risiede nella costituzione di un “apposito Collegio di giuristi” che assisterà il Santo Padre prima che assuma una decisione definitiva. “Si può prevedere che tale Collegio sia costituito da Cardinale e Vescovi”, ha poi concluso Lombardi.
Abusi sui minori: il vescovo potrà essere rimosso
Il motu proprio “Come una madre amorevole” stabilisce la sanzione nei confronto di quei presuli che, per “negligenza”, pongano in essere atti od omissioni che cagionino un danno grave a persone o comunità