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Dalla riva al pelago

Buttandoti “a peso morto” fra le braccia di Dio, finalmente coglierai quanto sono fluttuanti le certezze umane e quanto invece tu sei “casa fondata sulla roccia”

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Io sono uno di quelli che quando va al mare si assicura che la spiaggia sia estesa tanto da poter fare belle e lunghe passeggiate. Se decido di fare il bagno mi accerto che ci si possa tuffare là dove “si tocca”.
Varie volte, sospinto dagli amici, ho tentato di nuotare dove “non si tocca”, ma la paura mi ha sempre giocato brutti scherzi. Ho perfino arrischiato di annegare nonostante avessi tra le mani un remo che dalla barca gli amici mi avevano gettato; volevo “toccare”, volevo appoggiare i piedi sul fondo, nient’altro mi poteva rassicurare. Ad ogni tentativo, finiva sempre che immediatamente, al primo pericolo, tornassi alla riva. Forse per questo non mi sono mai impegnato a imparare a nuotare.
Raccontavo un giorno ad amici questo mio strano rapporto col mare. Subito mi subissarono di consigli ed esortazioni perché imparassi finalmente a nuotare. Uno di loro, per convincermi, mi confessò che anche lui aveva avuto sempre paura dell’acqua e al mare si comportava allo stesso modo. Ma i compagni tanto avevano fatto da indurlo a prender lezioni di nuoto.
Si era affidato ad un bagnino che, portandolo al largo, dove non si tocca, gli aveva raccomandato: se vuoi imparare a nuotare e rimanere a galla devi prendere confidenza col mare; nuotare è una questione di “fiducia”; prima di tutto “devi imparare a fare il morto”.
Accogliemmo questa espressione con una fragorosa risata e divertiti ci ripetevamo l’un l’altro, come per apprendere una lezione: “fa’ il morto”.
Di tanto in tanto, tra amici, siamo soliti confidarci il positivo, ma anche il negativo, le paure della vita, spronandoci a vicenda per superarle: “fa il morto”.
Nella vita ci sono periodi più o meno burrascosi, che si tende a gestire con la propria ragione, a controllare con le proprie forze… Insomma si vuole stare al sicuro “dove si tocca”.
Ma si attraversano momenti, e spesso molto lunghi, in cui tu non puoi più nulla, non capisci nessun perché, non tocchi nessuna certezza, non vedi nessuna luce, anzi sei addirittura nella disperazione. Proprio in questi momenti ti è chiesto di fidarti “ciecamente” di Dio, di buttarti “a peso morto” fra le sue braccia. Finalmente coglierai, sperimenterai quanto sono fluttuanti le certezze umane e quanto invece tu sei “casa fondata sulla roccia” navigando fra le braccia di Dio.
Ciao da p. Andrea
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Andrea Panont

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