Quella di Mirko De Carli è una candidatura a sindaco che nasce nella temperie delle battaglie culturali degli ultimi tre anni: le manifestazioni contro l’ideologia del gender, i Family Day, i circoli Voglio la mamma, il quotidiano La Croce, dove da più di un anno è editorialista.
31enne, ravennate, consulente aziendale, De Carli frequenta e conosce così bene Bologna da aver accettato subito di candidarsi a sindaco per il neonato Popolo della Famiglia. Una scelta ardita, se si tiene conto del consolidatissimo orientamento liberal del capoluogo emiliano. Il giovane candidato, però, non è affatto timoroso di questa sfida e crede fermamente in un progetto politico a lungo termine, da costruire giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
De Carli, com’è nata la sua candidatura?
Faccio politica da quando avevo 16 anni e ho preso parte a diverse esperienze con amici anch’essi impegnati in ambito cristiano-cattolico, tra cui il senatore Mario Mauro. Prima d’ora, però, non mi ero mai candidato ad alcuna carica elettiva. Da almeno tre anni sono letteralmente “rapito” da questa battaglia a difesa della famiglia naturale e dei più piccoli, da quella che papa Francesco ha chiamato la “colonizzazione ideologica” del gender. L’incontro più importante della mia vita in questi ultimi anni è stato quello con Mario Adinolfi, con il quale ho iniziato a girare l’Italia, per raccontare la nostra visione del mondo e il nostro impegno a difesa dei valori in cui crediamo. Quando c’è stata l’occasione di rappresentare politicamente il popolo che è sceso in piazza in occasione dei due Family Day (giugno 2015 e gennaio 2016), ho deciso di spendermi in prima persona nella città che è il più importante teatro delle “avanguardie” da parte dei nostri avversari, in fatto di gender e distruzione della famiglia naturale. Quando poi è stato il momento di lanciare il Popolo della Famiglia, era evidente che non potevo non candidarmi a Bologna, anche per rispondere alle sollecitazioni del mondo pro-life bolognese.
Che tipo di città sogna e qual è, in sintesi, il suo programma per Bologna?
La Bologna che sogno è una città piena di carrozzine, piena di giovani che frequentano l’Alma Mater Studiorum senza consumare o spacciare droga, né bivaccare. Purtroppo Bologna è oggi vittima di un degrado culturale, civile e umano di cui aveva narrato il cardinale Biffi, quando definì la città “sazia e disperata”. Io vorrei cambiare questa situazione e spero che il Popolo della Famiglia diventi uno strumento attraverso il quale, tante mamme, tanti papà e tanti giovani in gamba, si impegnino affinché le strade di Bologna raccontassero una città diversa.
Il mio programma elettorale si articola su una dozzina di punti, di cui menzionerò i tre più importanti. Il primo è: più figli, meno tasse. Va riformata la fiscalità comunale, superando l’idea vaga e confusa del quoziente familiare, e detassando concretamente le famiglie che fanno più figli, con un conseguente maggiore aggravio fiscale per chi non ne ha. Questo non vuol dire discriminare i single o le coppie che non hanno figli ma darsi delle priorità. Sappiamo bene che una società con un tasso demografico sotto zero non può avere crescita, né pil positivo, quindi dobbiamo cercare, attraverso lo strumento della leva fiscale, di invertire questa tendenza. Gli strumenti privilegiati saranno: la reintroduzione del bonus bebé, cancellata dalla giunta Merola; l’inserimento del bonus famiglia, con 2500 euro per le giovani coppie che si vogliono sposare; un housing sociale dedicato alle giovani coppie che non possono accedere ai mutui, né pagare affitti onerosi come quelli effettivamente vigenti a Bologna.
Il secondo intervento è la domenica no work: restituire la domenica alle famiglie e alla libertà religiosa. Non è ammissibile che la Ducati, per dover ottenere dal Comune di Bologna il mantenimento degli stabilimenti in città, imponga che ai dipendenti di lavorare anche la domenica, con l’unica alternativa di andare all’estero e chiudere gli stabilimenti. Questi ricatti non sono ammissibili perché il lavoro ha la sua dignità, che il Comune deve garantire e tutelare. Abbiamo previsto un sistema che preveda tre domeniche su quattro a casa e un sistema che garantisca una turnazione dei lavoratori per mantenere i servizi pubblici necessari, comunque operativi.
Il terzo intervento è per l’Alma Mater Studiorum libera. L’eccellenza per cui è ricordata Bologna in tutto il mondo è innanzitutto la prima e più antica università del mondo. Oggi, purtroppo la zona universitaria è ricordata come la zona del bivacco e dello spaccio di droga e Bologna è nota alle cronache nazionali e internazionali come la città principe nello smistamento di droga. Chi va in piazza Verdi o in via Zamboni, si renderà conto del degrado che c’è. Abbiamo proposto di riqualificare l’area bloccando ogni intervento dei collettivi, togliendo loro le sedi e i finanziamenti che ricevono, e richiedendo l’intervento delle forze dell’ordine per bloccare ogni azione sovversiva. Vorremo poi introdurre dei vigilantes universitari, secondo il modello degli steward negli stadi, che possono essere reperiti dal servizio civile o da giovani che vogliono offrire gratuitamente e nel tempo libero questo servizio alle loro facoltà.
Se invece l’esito elettorale le riserverà i banchi dell’opposizione, come affronterà il suo ruolo in Consiglio Comunale?
In tal caso faremmo un’opposizione leale, coerente e coraggiosa, non piegandoci al gioco di compromessi biechi per avere qualche briciola dall’amministrazione comunale. Saremo le sentinelle di tutte le proposte programmatiche e degli ideali di riferimento che abbiamo. Lavoreremo con uno shadow cabinet, un “governo ombra”, come avviene in Inghilterra. Spiegheremo alla città quello che ci piacerà e – soprattutto – quello che non piace della prossima giunta e presenteremo continuamente proposte e iniziative di buon governo, dimostrando che, se i bolognesi ci daranno fiducia, il Popolo della Famiglia merita di governare questa città.
Proporre una candidatura per una lista completamente nuova e incentrata sui valori della famiglia, in una città dalla consolidata tradizione di sinistra, non è una mossa “coraggiosa”?
Assolutamente sì, il nostro è un modello che – come ha spiegato Fabio Torriero, direttore di Intelligonews – è accostabile ai movimenti di liberazione nazionale, come Solidarnosc o Charta 77 di Vaclav Havel. Ci siamo lanciati in questa campagna elettorale, ispirandoci a queste straordinarie esperienze. Vogliamo portare avanti una riflessione culturale di alto profilo sul bene comune, anche per recuperare quella parte di cittadinanza che non vota più o non ha più interesse verso la politica. C’è bisogno di una forte scossa e di una novità. Il Popolo della Famiglia presenterà a Bologna dei candidati completamente nuovi e con un linguaggio più vicino alle esigenze dei giovani, che cercano una risposta ideale e non il vuoto di tanti altri movimenti politici che fanno battaglie politiche fini a se stesse. In quest’epoca di pensiero debole, scendere in politica con un pensiero forte, ti permette di giocare la partita da protagonisti. E Bologna, dove la battaglia è più dura, non poteva non essere un terreno fertile per noi del Popolo della Famiglia.
L’impegno dei cattolici in politica riguarda soltanto – o principalmente – i principi non negoziabili?
Assolutamente no, secondo me l’impegno dei cattolici è la traduzione in proposte concrete e praticabili della dottrina sociale della Chiesa, che oggi nessuno più considera. Ciò comporta, prendere in mano i principi non negoziabili, che sono per noi un punto di riferimento, una stella polare nel nostro impegno quotidiano, ma anche essere capaci di tradurre tutto questo in proposte accettabili anche da tanta parte di città e di paese che non ha ricevuto il dono della fede. La dimostrazione di tutto questo ce l’abbiamo come Popolo della Famiglia, poiché abbiamo gente che viene dalla Lega Nord, dal Movimento 5 Stelle o dal PD. Non hanno visto in noi una nuova Democrazia Cristiana. Il nostro è un programma che non si può definire né di destra, né di centro, né di sinistra. Abbiamo recepito l’attenzione di credenti ma anche non credenti che hanno ritenuto intelligente e positivo il contributo alla città che noi, Popolo della Famiglia, vogliamo dare. Alcuni si sono sentiti sollecitati di più su alcuni temi, altri su altri temi. Abbiamo raccolto l’appello del cardinale Caffarra, che ho incontrato durante la campagna elettorale: bisogna che la fede torni ad essere cultura, altrimenti è una fede sterile, che non genera nulla. Stiamo cercando in politica di tradurre questi ideali straordinari.
Più figli, meno tasse: una ricetta per la Bologna del futuro
Il rilancio demografico e la sicurezza al centro del programma di Mirko De Carli, candidato sindaco del Popolo della Famiglia nel capoluogo emiliano