Mariagrazia Melfi

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Roma Popolare. Mariagrazia Melfi, la politica come "più alta forma d'amore per i cittadini"

Da anni impegnata a lavorare con i giovani universitari e a promuovere famiglia e vita nell’associazionismo, si candida ora come consigliere comunale in Campidoglio

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L’obiettivo che si prefigge la lista “Roma Popolare – per Marchini sindaco” è di ridare smalto all’amministrazione della città. In che modo? Proponendo dei candidati stimati per le loro competenze professionali, dediti al prossimo attraverso l’impegno nell’associazionismo. Non una squadra di rottamatori, bensì di costruttori del bene comune.
In questo contesto, spicca il volto sorridente e l’energia d’animo di Mariagrazia Melfi. Lucana d’origine ma romana d’adozione, è una donna che fa della relazione con il prossimo la sua peculiarità. Radicata su valori cristiani, da anni si prodiga nel volontariato, nella promozione della famiglia e della vita. È quotidianamente a contatto con i giovani, in quanto è dirigente di collegi universitari che ospitano studenti fuori sede, italiani e stranieri. L’esperienza che ha maturato vuole ora offrirla alla politica, che le considera “la più alta forma di amore per i cittadini”.
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Dott.ssa Melfi, ha un’esperienza ventennale nel lavoro universitario. Cosa l’ha spinta a candidarsi?
Sono nata e cresciuta in una famiglia in cui mi hanno insegnato che politica vuol dire sentirsi responsabili in prima persona della società in cui viviamo, prendersi cura della propria città, regione, Paese. Mettere al servizio dei cittadini competenze e virtù sociali che permettano a tutti di sentirsi a casa in qualunque luogo vivano. Vuol dire rimboccarsi le maniche per contribuire a cercare e trovare soluzioni. Ho maturato perciò nel tempo quella passione per il bene comune che ho cercato di trasmettere ai molti studenti che in questi anni sono venuti a contatto  con i collegi che dirigo, con il desiderio e la speranza di formare sempre più numerosi e convinti cittadini attivi e consapevoli. Tuttavia, di fronte alla situazione di Roma di questi ultimi anni, ho sentito sempre più forte in me l’imperativo di mettermi in gioco in prima persona. Col passare dei mesi e degli anni, ho visto scomparire o imputridire quei valori di onestà, di competenza professionale, di servizio, di volontà di risolvere i reali problemi dei romani per lasciare spazio al gretto interesse personale, al guadagno facile e disonesto, all’incuria e al menefreghismo nei confronti della città. Ho scelto allora di trasformare la ribellione in speranza di cambiare le cose dal di dentro, imponendo una presenza di Politica con la maiuscola che vuole e può tornare ad essere la più alta forma di amore per i cittadini.
Che tipo di bagaglio culturale maturato in questi venti anni porterà con sé in Campidoglio, se dovesse essere eletta?
Mi sono laureata in giurisprudenza con un’attenzione particolare per il diritto pubblico e gli enti locali. Ho avuto modo, dopo la laurea, di fare alcune esperienze lavorative, nella segreteria di un partito, alla Camera dei Deputati, attraverso progetti di ricerca per enti di consulenza per le pubbliche amministrazioni. Tutto questo mi ha permesso di comprendere, almeno in parte, l’organizzazione della macchina amministrativa e politica. La mia formazione culturale e spirituale mi ha inoltre sempre più portata ad approfondire temi relativi al bene comune, al rispetto della vita dal concepimento fino alla morte naturale, alla giustizia sociale e all’economia che mette al centro la persona. La mia partecipazione attiva in associazioni di volontariato e di promozione della famiglia e dei giovani, mi hanno radicata nella convinzione che una corretta applicazione del principio di solidarietà e di sussidiarietà possa garantire un reale sviluppo della società.
Proprio dalla sua esperienza nasce la volontà di “fidelizzare gli studenti fuori sede”, sottoscritta nel suo programma. Di cosa si tratta?
Dirigo da quasi vent’anni collegi universitari di merito dell’IPE e della Fondazione Rui, che ospitano studenti universitari fuori sede provenienti da tutta Italia e dall’estero. L’obiettivo è offrire loro non soltanto vitto e alloggio ma opportunità di formazione a 360°, umana, culturale, professionale e spirituale perché possano diventare cittadini a tutto tondo capaci di incidere davvero nella società e renderla migliore. Per questa ragione, qui a Roma, affianco e interagisco con tanti studenti fuori sede che scelgono questa città con entusiasmo e convinti che la città possa accoglierli in questo percorso. I giovani sono sempre una risorsa per una città e per la società perché ci obbligano a non lavorare solo nella contingenza e nelle urgenze ma a guardare lontano, per assicurare loro un futuro. Credo che siano ancora poche le sinergie attivate tra università romane ed enti locali e molta strada possa essere fatta insieme. Penso al rapporto scuola – università – mondo del lavoro attraverso stage e progetti formativi, ad agevolazioni e incentivazione di iniziative culturali, artistiche e turistiche per gli studenti, ad una migliore organizzazione delle offerte abitative, a facilitazioni sui trasporti per raggiungere i diversi atenei romani; alla promozione di luoghi di ritrovo che diventino opportunità di crescita reale per gli studenti.
Sembra che la crisi di Roma abbia scoraggiato i cittadini, specialmente i più giovani. Come intende coinvolgerli e suscitare in loro la passione per l’impegno civico?
Ritengo che riappassionare i giovani all’impegno civico e politico sarà una delle sfide più difficili ma anche più stimolanti di questo mio percorso. Una delle ragioni per cui sono scesa in campo è stata proprio la convinzione, maturata nei molti incontri organizzati con gruppi di giovani, che, come diceva san Giovanni Paolo II, “più che di maestri, i giovani hanno bisogno di testimoni”. Ho compreso che non basta spiegare loro cosa sia la politica, occorre mostrare nei fatti e attraverso scelte coerenti, un modo diverso di fare politica. Credo che il Movimento 5 Stelle abbia un grande merito, quello di aver intercettato i giovani nelle piazze che oggi frequentano maggiormente, i social. Tutto questo però non basta. Occorre far riassaporare loro il gusto di relazioni autentiche, non virtuali, di confronti diretti e spassionati con loro coetanei e con persone che hanno già avuto esperienze politiche. Serve anche trasmettere loro che il futuro politico del Paese non lo si costruisce scardinando e rottamando il passato ma raccogliendo eredità positiva e sapienza che viene dal riconoscere gli errori fatti e trasformandole in un ponte che ci proietta verso un futuro migliore. Il mio primo obiettivo concreto, comunque vadano queste elezioni, sarà mettermi a lavoro per trovare una modalità innovativa di formazione politica per i giovani romani già impegnati politicamente e per quelli che si impegneranno in futuro.
Ha aderito all’iniziativa del Forum delle associazioni familiari #iostoconibiberon. Riguardo il tema della famiglia, quali sono a suo avviso le priorità su cui dovrebbe intervenire un’amministrazione comunale?
Proprio in occasione dell’iniziativa del Forum delle associazioni familiari, ho formulato uno slogan che riassume la risposta a questa domanda: “La politica fa centro, se la famiglia sta al centro!”. Mettere al centro la famiglia vuol dire innanzitutto restituirle il ruolo centrale che le spetta nella società. Fuori da ogni polemica, un uomo e una donna che si assumono la responsabilità, davanti alla società, oltre che davanti a Dio, se hanno fede, di impegnarsi nel matrimonio e di essere aperti a ricevere il dono dei figli che arriveranno, stanno contribuendo in maniera attiva allo sviluppo umano, sociale ed economico della propria città e del proprio Paese e quindi vanno tutelati, aiutati, incentivati e favoriti. La maternità non può essere considerato un problema o una gentile concessione ma un contributo prezioso perché la società non invecchi e muoia. Quanto il Comune di Roma è amico della maternità? Quanto incoraggia i giovani a sposarsi perché offre facilitazioni per la casa, servizi e sostegni per crescere ed educare i propri figli, assistenza per le situazioni di disabilità, malattia e vecchiaia? Quanto Roma è a misura di famiglia? Non porsi queste domande o non dare la priorità alle politiche familiari, vuol dire pretendere di cucire con un ago che non ha il filo!
Prima ha parlato del principio di sussidiarietà? Come applicarlo in una città come Roma?
Mi convinco sempre di più che il principio di sussidiarietà sia uno dei solidi quattro pilastri su cui deve poggiare il governo di una città e di una Nazione insieme alla preoccupazione per il bene comune, alla centralità della persona umana e della sua dignità e al principio della solidarietà. Penso che per una città come Roma e soprattutto nella situazione politica e sociale in cui versa, sia essenziale che il Comune permetta alle diverse entità e realtà che nascono all’interno della società civile di contribuire alla rinascita della città attraverso iniziative private, associazioni, categorie professionali. Solo un lavoro di sinergie e di reti sociali potrà contribuire a ricucire il tessuto sociale che appare oggi sfilacciato e pieno di falle. Penso che occorra perdere la paura di pensare che la sussidiarietà costituisca un’invasione di campo rispetto alle competenze pubbliche o favorisca una privatizzazione escludente e indiscriminata. Occorre invece far rifiorire la responsabilità civile dei cittadini. Ciò sarà possibile quando ognuno, a diversi livelli della società si sentirà protagonista e chiamato in causa nella ricostruzione di Roma.

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ZENIT Staff

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