La creazione del gruppo sportivo delle Fiamme Rosse all’interno del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è recente, data dal 2013. I Vigili del Fuoco sono dunque gli ultimi ad aggiungersi alla famiglia degli sportivi italiani di alto livello militari e civili, e visto che nell’immaginario collettivo i Vigili del Fuoco occupano da sempre un posto di tutto rilievo, siamo certi che recupereranno presto posizioni, specialmente nel cuore degli italiani.
Fino a pochi anni fa erano in molti i bambini che esprimevano il desiderio di fare “il pompiere” da grande, e forse ce ne sono ancora oggi che viviamo nell’epoca dei Ninja e dei Supereroi.
Perché in fondo i Vigili del Fuoco personificano l’ideale della prestanza fisica al servizio della protezione e del soccorso alla gente.
Il Corpo Nazionale, nato nel 1939 dalla ristrutturazione dei Corpi dei Civici Pompieri storicamente impegnati sul territorio a livello provinciale, è sempre stato, infatti, percepito come di aiuto alla popolazione in situazioni di necessità, specie le più estreme come terremoti, cataclismi naturali e di dissesto idrologico, ma anche porte di appartamenti da aprire, gattini sui cornicioni in pericolo di vita o da rianimare dopo un incendio, incidenti stradali, suicidi da sventare, recupero cadaveri con i sommozzatori, assistenza antincendi ecc., con opere che viaggiano in parallelo, ci viene da pensare, alle Opere di Misericordia, quasi una loro concreta applicazione.
Tutti ricordiamo il tentativo di salvataggio del piccolo Alfredino caduto in un pozzo artesiano il 14 giugno del 1981. L’ottimo Tullio Bernabei, vigile volontario speleologo, nonostante il suo slancio eroico e generoso, non riuscì in quel salvataggio che i media seguirono minuto per minuto in diretta. Così i sistemi addestrativi cambiarono negli anni ’90 con l’introduzione di nuove tecniche di derivazione speleo-alpino-fluviale, e il cammino addestrativo, già ampio e ricco di attività ginnica e acrobatica, si arricchì di nuovi percorsi formativi.
Attività ginnica e acrobatica testimoniata dall’utilizzo di impianti riccamente attrezzati. Il Centro di addestramento sportivo esistente a Capannelle a Roma è splendido e consta di un campo sportivo per il calcio e l’atletica leggera, una piscina coperta, una palestra per la pallavolo, una palestra per la ginnastica artistica, la ex palestra di lotta oggi utilizzata prevalentemente per le attività addestrative, e una sala di muscolazione.
Esiste poi l’importante palmarès dei Vigili che data dal 1960, dai Giochi di Roma. Un nome per tutti: Nino Benvenuti, che ha svolto il suo servizio militare presso i Vigili del Fuoco a Capannelle a seguito degli accordi da poco stipulati tra Coni e Forze Armate per permettere agli atleti di rilievo di non interrompere gli allenamenti durante l’assolvimento dell’obbligo di leva allora vigente.
Per questioni logistiche ma anche attinenti all’addestramento professionale degli aderenti al Corpo, a Capannelle circolarono molti grandi atleti di alcune specialità che più avevano a che fare con l’acrobatica e la prestanza fisica in genere, ovvero ginnasti, lottatori, sollevatori di pesi, canoisti, canottieri e pallavolisti, questi ultimi per un motivo che poi spiegheremo.
Volendo mettere in risalto il connubio naturale che c’è sempre stato tra sport di alto livello e addestramento del Corpo dei Vigili del Fuoco, come non riconoscere nei saggi che ancora si svolgono a fine Corso o in ricorrenze significative per la storia del Corpo, che i salti dal castello di manovra (da 30 metri di altezza) nel telo a slitta, le salite con la scala italiana o la scala a ganci, le acrobazie sul campo non abbiano a che fare con le piroette di Yuri Chechi o l’agilità alle parallele di Giovanni Carminucci, o i volteggi di Arrigo Carnoli?
Non è un caso che questi grandi ginnasti della nostra storia dello sport siano tutti appartenuti al Corpo dei Vigili del Fuoco. E, tanto per confermare che non si è trattato di un caso, basta ricordare che nella squadra nazionale di ginnastica maschile, che conquistò il bronzo a Roma nel 1960, ben quattro dei titolari azzurri erano vigili del Fuoco: oltre a Giovanni Carminucci – argento individuale alle parallele – suo fratello Pasquale, Angelo Vicardi e Gianfranco Marzolla, titolari con Franco Menichelli e Orlando Polmonari, riserve Arrigo Carnoli e Riccardo Agabio, l’attuale presidente della Federazione Ginnastica Nazionale Italiana.
Lo stesso Bruno Grandi, presidente della Federazione Internazionale di ginnastica, è stato istruttore ginnico a Capannelle negli anni cruciali della “Grande Olimpiade”. Allo stesso modo non è casuale che siano stati ben tredici i Vigili del Fuoco che rappresentarono l’Italia ai Giochi di Città del Messico nel 1968, tra cui, oltre ai ginnasti, anche Giorgio Cagnotto per i tuffi.
Pertanto la nascita così recente delle Fiamme Rosse in realtà arriva dopo un lavoro intenso svolto dai singoli Gruppi Sportivi dei Vigili, incardinati nei rispettivi Comandi Provinciali.
Ne parliamo con il Direttore Tecnico delle Fiamme Rosse, il prof. Lamberto Cignitti, chiedendogli anche perché le Fiamme Rosse si chiamino così.
La scelta del nome è stata, in realtà, quasi una scelta obbligata, in quanto gli atleti dei Vigili del Fuoco nella mente di tutti sono sempre stati associati al rosso – il colore dei nostri mezzi di servizio – e delle fiamme, che purtroppo fanno spesso parte del nostro lavoro quotidiano.
La tradizione sportiva nei Vigili del Fuoco risale al tempo dei Corpi dei Civici Pompieri, quando negli anni ’20 e ’30 avevamo campioni del calibro di Carlo Galimberti e Romeo Neri: il primo – morto in servizio, a soli 45 anni, nel 1939 – fu uno degli atleti più importanti della pesistica italiana e fu anche il primo Vigile del Fuoco italiano a vincere una medaglia d’oro olimpica nel 1924 ai Giochi di Parigi; Romeo Neri, invece, è stato uno dei più grandi ginnasti italiani ed ai Giochi di Los Angeles del 1932 conquistò ben 3 ori, nel concorso generale individuale, in quello a squadre e alle parallele.
Oggi, noi dell’Ufficio per le Attività Sportive – diretto dal Vice Presidente delle Fiamme Rosse, Prof. Fabrizio Santangelo – cerchiamo di restare fedeli a questa storia, non solo quella remota, appena ricordata, ma anche quella più recente degli atleti dei Gruppi Sportivi Provinciali che parteciparono a Roma 1960 e Città del Messico 1968.
Le medaglie allora conquistate restano indelebili nella storia dello sport del nostro Paese e ne siamo particolarmente fieri. Nè possiamo dimenticare, in epoca ancora più recente, il grandissimo Maurilio De Zolt: il Capo Squadra in quiescenza del Comando Provinciale di Belluno, è lo sciatore di fondo che ha vinto più di venti titoli italiani sulle distanze dei 15, 30 e 50 km; nel 1985 conquistò due medaglie d’argento (staffetta e 50 km) un bronzo sui 15 Km ai campionati mondiali; nel 1987 fu medaglia d’oro sui 50 km ai mondiali e, l’anno seguente, si aggiudicò la medaglia d’argento ai Giochi di Calgary. Nel 1991 – a ben 41 anni – conquistò il bronzo sui 50 km nei mondiali di Val di Fiemme e l’anno dopo, ai Giochi di Albertville fece ancora meglio, conquistando l’argento. E infine a quelli di Lillehammer del 1994, si aggiudicò una splendida medaglia d’oro nella staffetta 4×10 km.
Ecco questa è la nostra storia, la nostra tradizione, alle quali guardiamo con rispetto e orgoglio e che saranno il nostro modello, la nostra stella polare nella costruzione delle Fiamme Rosse.
Potremmo allora dire che la tradizione, la storia aiuta a diffondere e salvaguardare tra i giovani l’attività sportiva? Noi storici della Società Italiana di Storia dello sport sosteniamo ormai da diversi anni che se lo sport non è in grado di tramandare la sua storia alle giovani generazioni, potrebbe morire, trasformandosi in altro. Senza storia il pericolo è che lo sport propriamente detto, quello dei valori decoubertiniani, sparisca. Lei è d’accordo?
Pienamente d’accordo. Oggi assistiamo a un progressivo svilimento e allontanamento dai valori intrinseci dello sport, a vantaggio degli aspetti più deteriori come gli enormi interessi economici, la vittoria a tutti costi, il doping, la violenza negli stadi. Lo sport deve essere confronto, divertimento, passione, rispetto, partecipazione, cultura: lo sport è una scuola di vita.
Far riscoprire ai giovani questi valori attraverso la storia dello sport, potrebbe rappresentare un potente antidoto a questa deriva, oltre che farli avvicinare allo sport propriamente detto. Mi viene in mente un film che ho visto recentemente, “Race – Il colore della Vittoria”: ecco, se i giovani studiassero a scuola anche la vita di alcuni grandi atleti – come fu, ad esempio, l’afroamericano Jesse Owens, che vinse quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, alla cui vita è ispirato il film – si avvicinerebbero più volentieri alla storia generale, che capirebbero dal suo interno, attraverso i suoi protagonisti, e renderemmo un ottimo servizio alle nuove generazioni.
Che percentuale degli appartenenti al Corpo dei Vigili del Fuoco pratica sport?
Accanto all’attività agonistica che continuano a svolgere i singoli Gruppi Sportivi Provinciali, ai Campionati Italiani dei Vigili del Fuoco – lo scorso anno se ne sono disputati ben 25, nelle varie discipline sportive – nel 2015 hanno partecipato complessivamente oltre 3000 Vigili del Fuoco. Si tratta di campionati amatoriali, la cui partecipazione è riservata al personale appartenente al Corpo che noi dell’Ufficio per le Attività Sportive organizziamo proprio per promuovere e diffondere la pratica sportiva tra il nostro personale, che è così stimolato – indirettamente, in funzione della competizione sportiva – a condurre un sano stile di vita.
Vedremo le Fiamme Rosse ai Giochi di Rio?
Non possiamo dirlo con certezza, ma è sicuramente un auspicio. Infatti, si sta completando in questi giorni l’iter procedurale che porterà all’assunzione dei primi dodici atleti nelle Fiamme Rosse. La speranza è che tra di essi ci possa essere un (o una) atleta che si sia qualificato per Rio de Janeiro. Sarebbe bello rivedere un Vigile del Fuoco alle Olimpiadi dopo dodici anni. Risale, infatti, al 2004 l’ultima nostra partecipazione ai Giochi Olimpici con il canottiere Alessandro Corona, già bronzo a Barcellona nel 1992.
Che progetti avete per il futuro?
Considerando che il Presidente delle Fiamme Rosse è l’Ing. Gioacchino Giomi, Capo del Corpo Nazionale, il Prof. Santangelo vicepresidente e io come direttore tecnico sappiamo di poter contare su un alleato ai massimi livelli per cercare di portare, nel più breve tempo possibile, i Vigili del Fuoco al posto che gli compete nel panorama sportivo nazionale ed internazionale. Più che in altri Corpi militari e civili, presso i Vigili del Fuoco la prestanza e l’addestramento fisici sono “carismatici”, concorrono cioè al conseguimento delle finalità istituzionali del Corpo stesso.
Volendo concludere questa intervista con qualcosa di significativo che racchiuda il concorso dello sport all’addestramento professionale dei Vigili, cosa potrebbe dirci?
Vorrei ricordare un pensiero di Enrico Massocco, il mitico direttore ginnico-sportivo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco tra il 1942 e il 1974, un classico esempio di continuità nella storia. Secondo Massocco il vigile del Fuoco doveva essere forte come un pesista, agile come un ginnasta, coraggioso come un lottatore e saper “giocare in squadra” come un pallavolista. Ecco svelato il motivo per cui il sollevamento pesi, la ginnastica artistica, la lotta e la pallavolo furono le discipline sportive che, a partire dalla fine degli ’50, ebbero un formidabile impulso nell’ambito del Corpo nazionale.
La pallavolo?
Si, perché all’epoca le squadre operative dei vigili del Fuoco erano composte da 6 unità (oggi sono in 5) e la pallavolo, quindi, si rivelò perfetta come gioco di squadra per i “pompieri”:
- non prevede il contatto fisico (riduzione del rischio d’infortunio);
- è un gioco sportivo ed in quanto tale, è divertente e praticato volentieri;
- si può giocare con poche attrezzature e anche all’aperto (attenzione ai costi);
- richiede collaborazione, spirito di squadra, affiatamento, solidarietà tra i compagni: esattamente quello che serviva e serve in una squadra operativa dei Vigili del Fuoco.
Non si stupisca, allora, se le dico che la squadra dei Vigili del Fuoco di Firenze, intitolata ad Otello Ruini (per la storia: fondatore del gruppo sportivo dei Vigili di Firenze, nel dicembre del 1958 morì per un’intossicazione da anidride carbonica contratta durante un intervento e si intitolò a suo nome il Gruppo Sportivo), conquistò lo scudetto nei campionati 1963/64, 1964/65, 1967/68, 1970/71 e 1972/73. L’agonismo puro e ad alti livelli si può dunque coniugare con la formazione e il divertimento, tutto al servizio della nostra Nazione, e questo è ancora il nostro Credo.