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Santa Sede contro terrorismo: "Va combattuto sul piano culturale"

Mons. Bernardito Auza è intervenuto l’11 maggio ad un dibattito aperto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di New York

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Agire “sui cuori e sulle menti di uomini e donne, in particolare di coloro che sono più esposti al rischio della radicalizzazione e dell’arruolamento da parte di un gruppo terroristico”, perché il terrorismo va combattuto anzitutto sul piano culturale. È, in sintesi, il messaggio lanciato dall’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, durante un dibattito aperto al Consiglio di sicurezza dell’Onu lo scorso 11 maggio.
“Conosciamo bene i racconti e le ideologie degli attuali gruppi terroristici. Essi non cercano di nascondere le loro credenze, i loro principi e i loro valori presumibilmente d’ispirazione religiosa” ha spiegato Auza nel suo intervento riportato da L’Osservatore Romano. Questi gruppi, ha detto, “identificano molti ‘nemici’ così che coloro che rispondono alla loro propaganda possono ‘legittimamente’ attaccare questi ‘nemici’ dovunque essi possano essere, a Parigi, Bruxelles, Istanbul, Aleppo o altrove”.
La cosa peggiore – ha osservato Auza – è che costruendo le loro folli ideologie “che giustificano i loro orrendi atti di violenza sulla base di interpretazioni tendenziose e di un uso violento dei testi sacri”, questi gruppi terroristici “stanno lanciando un guanto di sfida soprattutto ai leader religiosi e agli autorevoli interpreti di questi stessi testi”. Per questo alle autorità religiose spetta “la particolare responsabilità di rifiutare le bugie e di condannare la blasfemia dei racconti e delle ideologie terroristici”.
I leader religiosi, ha affermato il delegato vaticano, “devono essere i primi a delegittimare la manipolazione della fede e la distorsione dei testi sacri come giustificazione della violenza. Qualsiasi persona che considera se stesso o se stessa un credente mentre pianifica o realizza azioni contro i diritti fondamentali e contro la dignità di ogni uomo e di ogni donna, deve essere condannato”.
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ZENIT Staff

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