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Gesù ascende, benedice e accompagna

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Lc 24,46-53

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Lettura
Nell’Ascensione, Gesù manifesta il suo stato di continua tensione verso il Padre, la sua condizione di abbandono in Colui dal quale dipende tutto il suo essere. Per questo Gesù delega ai discepoli la missione di riconciliazione senza confini, non per le loro capacità o i loro meriti, ma solo per la sua coscienza di Figlio, che contempla come nessuna realtà della storia, nessun avvenimento sfugga dalle mani del Padre. L’Ascensione è l’abdicazione di Gesù, nel senso di andare controcorrente rispetto a tutte le attese di una sua regalità di tipo umano. La pienezza dei suoi poteri è ora nella condivisione messianica inaugurata dalla benedizione, atto divino per eccellenza che rinnova tutta la Creazione.
Meditazione
Tutta l’umanità di Gesù è presa nella gloria di Dio, Egli ne è completamente degno; la sua opera, quindi, è stata portata a termine. Non c’è nulla da aggiungere a ciò che il Figlio di Dio ha operato nella carne, per gli uomini. Questo sta a significare che non si deve concepire la missione come un prolungamento dell’azione storico-salvifica di Gesù. La missione è una realtà ben più profonda e complessa, radicata nella totalità dell’Evangelo. Le membra del Corpo non sono un prolungamento del Capo, bensì formano con esso una cosa sola. Il tralcio non prolunga la vite, esso è l’espressione della pianta a condizione di non separarsi mai da lei. È la pianta che giustifica il tralcio e il grappolo, non viceversa. Non è il gregge a prendere strade proprie, come prescindendo dal pastore, piuttosto, ciascuna pecora, conosciuta e chiamata col proprio nome dal pastore, si muove, con sicurezza, in sintonia con lui. La pietra angolare sostiene la costruzione, che non potrebbe mai sorreggersi su se stessa se volesse fare a meno del fondamento. Lo stile della Chiesa nella sua missione, quindi, può essere solo la fedeltà a Colui che è fedele. Il Risorto e Asceso al Cielo, Gesù, quando si rivolge nell’Apocalisse alla Chiesa di Èfeso, non rimprovera certo la quantità e la forza delle azioni, intraprese anche contro gli eretici; ciò che manca a questa Chiesa impegnatissima è il primo amore (Ap 2), da cui si è completamente allontanata. Ma qualora fosse smarrito il primo amore, allora si è perso tutto! Anche Paolo ricorda che, senza la carità, il primato del primo amore, a nulla gioverebbero sapienza, profezia, opere (1Cor 13).
Preghiera
Maria, Sedes Sapientiae! Dalle sedi dei potenti esce il dominio, dal tuo Trono si irradia la sapienza divina; guardando te comprendiamo il vivere in Gesù, il credere in Lui. Concedi a noi di vedere nel suo Volto, Sapienza divina, il Padre.
Agire
Guarderò a Gesù come Maria, che “lo ha concepito per opera dello Spirito Santo”, e accoglierò di nuovo il servizio che Egli mi affida, per i fratelli, fino al sacrificio.
Meditazione del giorno a cura di don Marco Simbola, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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