Con un buon successo di pubblico, si è tenuta ieri sera al Teatro Italia di Roma, la prima di Don Bosco il musical, lo spettacolo sulla vita del fondatore dei Salesiani, di Piero Castellacci, diretto da Marcello Cirillo.
La performance ha colpito il pubblico per la sua vivacità e freschezza, nello spirito di un santo che ha dedicato l’intera vita per i giovani. Significativamente, il sipario si è aperto con l’immagine coreografica di un gruppo di ragazzi intenti nel comunicare con tablet e smartphone. Il regista ben coglie due aspetti non secondari della pastoralità di don Bosco: l’attenzione ai mezzi di comunicazione e il grande amore per la musica.
Metà cantato e ballato, metà recitato, il musical si snoda lungo gli episodi più significativi della vita di don Bosco (Marcello Cirillo): i suoi celebri sogni diventati poi realtà; la fondazione del primo oratorio, i contrasti con l’istituzione ecclesiale; la perenne mancanza di soldi; l’incontro con Santa Maria Mazzarello (Federica Graziani); le prime missioni in America Latina.
Scanzonato e frizzante nella sua prima parte, lo spettacolo diventa più profondo e riflessivo nella seconda, senza mai tradire comunque lo spirito delle opere rock.
Tra gli interpreti, spicca un’efficacissima Mamma Margherita (Daniela Danesi), sempre intenta ad incoraggiare la generosità del vulcanico figlio sacerdote e, al tempo stesso, a mantenerlo con i piedi per terra.
Tra le pieghe dell’opera, emerge l’eterno dilemma di una Chiesa lacerata tra il rispetto delle tradizioni e delle etichette, incarnate dal formalismo del cardinale (Enzo Storico), e lo slancio apostolico che, talora, richiede una rottura del protocollo e scelte audaci.
Come San Francesco o San Filippo Neri, Don Bosco è tra i santi che, al loro tempo, furono accusati di eccessiva ‘modernità’ e dovettero mettere in gioco tutto il loro coraggio per non tradire la grande opera che Dio aveva affidato loro.
Tale aspetto risalta in modo particolarmente forte nel musical di Castellacci, con un Don Bosco che, in conclusione chiede perdono al cardinale (che glielo concede a denti stretti) ma poi si lancia in un liberatorio Non porgo l’altra guancia, a testimoniare quanto, per ciò che sia fatto veramente per amore, in fondo, non ci si debba mai pentire.
Don Bosco il musical è un’opera senz’altro leggera e giovanile ma tutt’altro che superficiale o politicamente corretta. Il santo non è presentato in chiave buonista e il suo “metodo preventivo”, mediato dalla ragione, dalla religione e dell’amorevolezza, è il frutto di tentativi ed errori consumati su un campo difficile: quello dei giovani poveri e abbandonati, in cui la conquista della loro fiducia – e poi della loro amicizia – era l’obiettivo primario, rispetto alla loro ‘catechizzazione’.
Lo spettacolo non lesina temi al giorno d’oggi scomodi, nonché profondamente legati al carisma salesiano, a partire dal senso della vita e della morte, fino alla lotta tra il bene e il male, magistralmente incarnata nel dialogo tra Don Bosco e il diavolo (un irresistibile Roberto Bartoletti).
Da non trascurare un aspetto che ben si lega, al messaggio di una “Chiesa povera per i poveri”, tanto cara a papa Francesco: Don Bosco deve fare i conti con una “crisi economica” che lo segnerà tutta la vita ma i debiti non sembrano mai preoccuparlo, perché Dio ripaga sempre la generosità dell’uomo con il “centuplo quaggiù”.
Degno di nota, il corpo di ballo, composto da una dozzina di giovani talenti, cui si aggiunge un delizioso stuolo di bambini.
Don Bosco il musical sarà di nuovo in scena al Teatro Italia, stasera e domani, alle 21, mentre una nuova tournée è in fase di programmazione.
Un Don Bosco ‘rock’… politicamente scorretto
Nello spettacolo di Piero Castellacci, diretto da Marcello Cirillo, in scena questo weekend a Roma, c’è tutta l’allegria del santo salesiano, assieme ai suoi dilemmi e alla sua riflessione sul senso della vita